RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 07/06/2018 il Tribunale di Catanzaro, Sezione Riesame, ha confermato il decreto del GIP di Lamezia Terme che aveva disposto il sequestro preventivo, anche a fini di confisca, delle società " P. s.r.l." e "Siderurgica P. s.r.l.", con riferimento alle quote sociali ed all'intero compendio aziendale, ritenendo la sussistenza del fumus dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commessi da parte di P.G., del fratello P.F. (cl. 60), e dei figli, P.F. (cl. 86) e V. (cl. 83), quali soci ed amministratori delle società del gruppo familiare, con particolare riferimento alla cessione di beni strumentali della (OMISSIS) S.a.s., dichiarata fallita il 08/09/2015, alla Siderurgica P. S.r.l. ricevendone in contropartita un corrispettivo irrisorio.
Il provvedimento impugnato ha evidenziato che: la " P. s.r.l.", attualmente amministrata da P.F. e V. (figli di P.G.), risulta costituita a ridosso del fallimento, dichiarato dal Tribunale di Lamezia il 08/09/2015, della "PG P. s.a.s", il cui socio accomandatario illimitatamente responsabile era proprio P.G. fino al 30 aprile 2014, data in cui è subentrato in tale carica P.V., padre ultraottantenne di G., ritenuto prestanome del medesimo, essendo l'azienda in condizioni di dissesto già prima del 2014; l'attività distrattiva ebbe inizio nel 2012 quando il socio accomandatario della fallita sottraeva le rimanenze di magazzino per un totale di Euro 1.891.863, e proseguì negli anni successivi con una serie di atti di dismissione dei beni volti esclusivamente ad azzerare le garanzie dei creditori; nel 2013 venivano alienati senza corrispettivo tracciabile tutti i beni strumentali della società, del valore di Euro 109.818, alla "Siderurgica P. s.r.l." al prezzo di Euro 7.500, e nel 2014 venivano distratte le rimanenze, non rinvenute dal curatore, per un valore di Euro 405.000. Tali distrazioni, in via indiretta, avrebbero dunque garantito anche la continuità aziendale per mezzo delle altre due società citate, che, per tali ragioni, possono considerarsi legate con vincolo di pertinenzialità ai fatti-reato oggetto di contestazione; sicchè ricorrerebbe il periculum in mora, poichè la libera disponibilità in capo agli indagati di entrambe le società "Siderurgica P." e " P. s.r.l.", tutt'ora attive, potrebbe aggravare o protrarre le conseguenze dei reati o agevolare la commissione di ulteriori condotte delittuose, e la necessità del sequestro preventivo delle suddette aziende, da considerarsi "pertinenti al reato", trattandosi di enti per mezzo dei quali è stato commesso il reato e costituenti il profitto del reato.
Al riguardo, infatti, il Tribunale catanzarese ha evidenziato come l'ablazione delle quote sociali e dell'intero compendio aziendale della Siderurgica P. S.r.l. trovasse piena giustificazione nell'insieme degli elementi indiziari raccolti, tutti deponenti nel senso che P.G., nel tentativo di salvare l'attività familiare dal tracollo finanziario della società (la (OMISSIS) S.a.s.) per mezzo della quale sino a quel momento era stata svolta, aveva distolto tutti i beni strumentali della società decotta, come anche le rimanenze di magazzino, in favore di società formalmente amministrate dal fratello e dai figli, così da assicurare la continuità aziendale in frode ai creditori, avendo provveduto a non lasciare traccia delle avvenute cessioni di beni.
Sicchè ha concluso nel senso di ritenere irrilevante che fosse stata documentalmente accertata una sola operazione di cessione di beni in favore della Siderurgica P. s.r.l. per il valore di Euro 109.000,00, dovendosi ritenere sussistente il nesso di pertinenzialità tra il reato di cui alla L. Fall., art. 216 e la società Siderurgica P. nella sua interezza, atteso che le emergenze investigative erano lì a dimostrare che ben maggiori erano i beni transitati illecitamente da un compendio imprenditoriale ad un altro, posto che la Siderurgica P. S.r.l. ostentava un rapporto di continuità aziendale con la sua dante causa.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore di P.V., Avv. Massimiliano Carnovale, denunciando la violazione dell'art. 321 cod. proc. pen., e deducendo l'illegittimità del sequestro preventivo disposto in relazione all'intera società Siderurgica P. S.r.l., espletante un'attività imprenditoriale, atteso il carattere prettamente ablatorio e non già interdittivo della misura cautelare in esame, tale da imporne la riferibilità esclusivamente ad una res pertinente al reato, con la conseguente sequestrabilità di quei soli beni costituenti il profitto o il prodotto del reato ovvero utilizzati per commettere il reato.
Nondimeno, lamenta il ricorrente, il Tribunale calabrese avrebbe mostrato di non considerare l'addebito mosso agli indagati - nel quale la condotta distrattiva era limitata alla sola operazione di cessione di beni per un valore di Euro 109.000,00 - e di fare malgoverno del principio di diritto secondo cui la società "di comodo", in quanto costituisca lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non può in sè e per sè costituire oggetto di sequestro preventivo, atteso che nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente le ragioni dei creditori concorsuali; con la conseguenza che tra "società di comodo" e reato fallimentare non vi è un nesso strumentale essenziale, idoneo a giustificare il sequestro preventivo, che, eventualmente, potrà avere ad oggetto i singoli mezzi strumentali della stessa società, qualora se ne paventi, in relazione all'addebito di bancarotta fraudolenta pre- o post-fallimentare, l'avvenuto trapasso dal patrimonio del fallito.
Mancando completamente l'individuazione dei beni che sarebbero confluiti nelle due nuove società oggetto di sequestro, se non quella di Euro 109.000 contenuta nel capo d'imputazione, il Tribunale avrebbe dunque confermato il sequestro preventivo basandosi esclusivamente su presunzioni, senza accertare effettivamente se le rimanenze distratte fossero confluite nelle suddette società, e privando così il ricorrente del diritto di continuare a svolgere la propria attività imprenditoriale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Giova premettere che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che "è legittimo il sequestro preventivo delle quote di una società, pur se appartenenti a persona estranea al reato, qualora detta misura sia destinata ad impedire la protrazione dell'ipotizzata attività criminosa, poichè ciò che rileva in questi casi non è la titolarità del patrimonio sociale ma la sua gestione supposta illecita, e si può, d'altra parte riguardare il sequestro preventivo come idoneo ad impedire la commissione di ulteriori reati, pur se in maniera mediata ed indiretta, dal momento che esso priva i soci dei diritti relativi alle quote sequestrate" (Sez. 5, n. 16583 del 22/01/2010, Carlone, Rv. 246864) e che "è legittimo il sequestro di un'intera azienda allorchè vi siano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali sia, proprio per la sua collocazione strumentale, in qualche modo utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando che l'azienda in questione svolga anche normali attività imprenditoriali" (Sez. 6, n. 27340 del 16/04/2008, Cascino, Rv. 240574; Sez. 6, n. 29797 del 20/06/2001, Leonasi, Rv. 219855).
I principi di diritto affermati, tuttavia, meritano di essere delimitati dalla precisazione che "è legittimo il sequestro preventivo delle quote di una società appartenenti a persona estranea al reato, qualora sussista un nesso di strumentalità tra detti beni ed il reato contestato" (Sez. 2, n. 31914 del 09/07/2015, Cosentino, Rv. 264473), e che "la società "di comodo" e la titolarità delle sue quote in quanto costituiscano lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non possono in sè e per sè costituire oggetto di sequestro preventivo atteso chè nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente, le ragioni dei creditori concorsuali"; con la conseguenza che "ai fini della adozione del sequestro preventivo occorre, infatti, un collegamento strumentale tra reato fallimentare e cosa sequestrata e non tra il reato e la persona" (Sez. 5, n. 3563 del 26/06/2015, Garzia, Rv. 266047).
3. Così delineata la cornice ermeneutica entro la quale deve essere esercitato il presente scrutinio, va evidenziato che la questione che viene in rilievo attiene esclusivamente alla sussistenza del nesso strumentale tra tutte le quote della Siderurgica P. s.r.l. - indicata come società di comodo, nella quale P.G. aveva fatto confluire beni drenati dalla fallita (OMISSIS) S.a.s. - ed il reato di bancarotta fraudolenta contestato.
Nesso che non è dato ricavare da quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, che sul punto rende una motivazione apparente, perchè del tutto apodittica e congetturale: tale è infatti l'argomentazione spesa dal giudice censurato, nella parte in cui, a dispetto della stessa contestazione che aveva limitato l'operazione distrattiva intercorsa tra le due società alla sola cessione di beni del valore di Euro 109.000,00 a fronte di un corrispettivo irrisorio, ha ritenuto che tutti i beni aziendali della Siderurgica P. S.r.l. fossero provento delle distrazioni operate in danno della (OMISSIS) S.a.s. sol perchè l'amministratore di fatto della fallita si era disfatto, senza lasciare traccia documentale, di imponenti rimanenze di magazzino, secondo quanto riferito dal curatore fallimentare.
E' evidente l'incedere meramente assertivo del discorso giustificativo del provvedimento impugnato, che avrebbe avuto una sua logica soltanto se avesse dato atto che si era avuto riscontro che i beni in precedenza utilizzati dalla (OMISSIS) erano utilizzati dalla Siderurgica e dalla P. s.r.l. per continuare l'attività imprenditoriale di famiglia; in altri termini, la sussistenza del requisito di pertinenzialità sarebbe stata affermata sulla base della presunzione - sfornita di corredo probatorio nel tessuto argomentativo del provvedimento impugnato - che la P. s.r.l. e la Siderurgica P. s.r.l. siano state destinatarie non soltanto della distrazione dei beni strumentali per un valore di Euro 109.000,00, ma altresì della distrazione delle rimanenze per un valore di Euro 1.891.863,50 e di Euro 405.000,00.
Sicchè ricorre un vizio della motivazione così radicale da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice, e suscettibile, come tale, in ossequio al dictum delle Sezioni Unite n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692, di essere ricompreso tra gli "errores in iudicando" o "in procedendo", che soli consentono il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio (Conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio, non massimata sul punto).
4. Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro, Sezione per il riesame, per nuovo esame sul punto.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2019