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Bancarotta preferenziale: non c'è reato se il pagamento è finalizzato a salvare l'attività sociale

Bancarotta preferenziale

Cassazione penale sez. V, 05/06/2018, n.54465

In tema di bancarotta preferenziale, l'elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, consistente nella volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione della eventualità di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalità non è ravvisabile allorchè il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi più che ragionevolmente perseguibile. (Fattispecie relativa ad erogazioni di denaro effettuate in favore di una società a cui erano stati affidati lavori edili in subappalto, in modo da ottenere dalla committente il pagamento dei lavori in corso d'opera e garantire così la sopravvivenza finanziaria della società amministrata dall'imputato).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO M.L. ricorre personalmente per la cassazione della pronuncia indicata in epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei suoi confronti, il 28/05/2015, dal Gup del Tribunale di Firenze. L'imputato risulta essere stato condannato a pena ritenuta di giustizia in ordine a un addebito qualificato ex art. 216 L. Fall., comma 3: secondo l'ipotesi accusatoria, egli avrebbe effettuato nel (OMISSIS) - nella veste di legale rappresentante della "(OMISSIS)" s.r.l., dichiarata fallita nel giugno 2012 pagamenti preferenziali in favore di un solo creditore, la "Il Torrino" s.r.l., società riconducibile alla figlia dello stesso M.. Si era trattato, in particolare, di erogazioni per circa 250.000,00 Euro a titolo di acconti su lavori edili inerenti ad un cantiere ceduto in subappalto (lavori che, stando alla curatela fallimentare, in parte non erano stati eseguiti): nelle decisioni di merito si evidenzia altresì che nello stesso (OMISSIS) la società fallita aveva disposto pagamenti in favore di fornitori per una somma complessiva pari a poco più di 40.000,00 Euro, a riprova della mancanza di giustificazioni per la fuoriuscita di somme di consistenza tanto superiore a beneficio di un solo creditore. La stessa "Il Torrino", peraltro, sarebbe stata costituita per finalità coerenti agli interessi del M., giacchè l'operazione gli consentì di ottenere commesse per lavori che altrimenti, non essendo la "(OMISSIS)" in regola con gli adempimenti contributivi, gli sarebbero stati preclusi. Con l'odierno atto di impugnazione, il ricorrente deduce la violazione dell'art. 521 c.p.p., visto che - come già precisato - le risultanze processuali chiariscono l'esistenza di pagamenti diretti anche verso altri creditori, non già a beneficio di uno solo, a differenza di quanto si legge nella contestazione di reato. Si lamentano poi violazione di legge e vizi della motivazione della sentenza oggetto di ricorso, segnatamente in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo specifico necessario per la ravvisabilità del delitto de quo: il M., infatti, agì al solo fine di dare ancora impulso all'attività imprenditoriale e procedere oltre nella gestione del cantiere (onde ricevere il corrispettivo degli stati di avanzamento nel frattempo maturati). La "Il Torrino" s.r.l., in un'ottica di fisiologica prosecuzione aziendale, assurgeva a creditore "strategico", tanto più che nel (OMISSIS) la "(OMISSIS)" era ancora in bonis e non aveva palesato alcun segnale di potenziale dissesto, causato in epoca posteriore dal sequestro del cantiere per irregolarità edilizie cui l'imputato non aveva certamente dato causa (si trattò di illeciti nel rilascio dei permessi di costruire, non già nell'esecuzione dei lavori). L'anno successivo, del resto, si registrò un'inversione di tendenza: da un lato, la fallita dispose pagamenti in favore della "Il Torrino" per circa 31.000,00 Euro, ricevendo dalla medesima restituzioni per 82.000,00 Euro o giù di lì, a seguito di storno di alcune fatture; dall'altro, i pagamenti verso fornitori e dipendenti furono di assai maggiore consistenza (134.000,00 Euro circa). Da ultimo, il M. censura le osservazioni del curatore fallimentare, fatte proprie dalla Corte territoriale, a proposito della mancata esecuzione di una parte dei lavori subappaltati: il fatto che la "Il Torrino" ricevette pagamenti per opere non ancora eseguite è affermato sulla base di mere supposizioni, che non tengono conto dei rilievi sviluppati in una relazione di consulenza tecnica di parte, versata in atti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato, nei termini appresso evidenziati. 2. La prima doglianza, in vero, si palesa inconsistente: sostenere che "essendo il capo di imputazione (...) relativo al pagamento in favore del solo creditore "Il Torrino" s.r.l. superato dal fatto che il legale rappresentante pagò anche altri fornitori, seppur in maniera minore, l'istruttoria espletata determina automaticamente il venir meno del fatto contestato" è ictu oculi errato. In primis, si tratta di un rilievo che non pone comunque questioni di correlazione tra l'ipotesi criminosa addebitata e quella ritenuta all'atto della decisione (discutendosi pur sempre di un presunto pagamento operato in violazione della par condicio creditorum); in secondo luogo, già sul piano letterale, la contestazione non riguarda avere effettuato pagamenti ad un solo soggetto, bensì di averne disposti nella misura specificamente indicata, a prescindere dalla circostanza - afferente questioni di prova, sia sull'an che sul quantum, onde farne emergere la sproporzione - che nel medesimo torno di tempo ve ne siano stati in favore di altri. Sul piano dell'elemento materiale, non sembra parimenti discutibile che la società facente capo alla figlia del M. (o, più verosilmente, allo stesso imputato, che si avvalse di una testa di legno onde poter gestire sotto altra veste formale le medesime attività) beneficiò di prestazioni largamente superiori a quelle riservate agli altri creditori, se è vero che nel (OMISSIS) i pagamenti verso i fornitori furono pari a 40.737,00 Euro ma i debiti verso tali soggetti erano superiori a 335.000,00 Euro. Deve tuttavia tenersi conto che, in ragione del documentato subappalto, di cui non si rappresenta la sicura illegittimità, la "Il Torrino" era ragionevolmente un creditore assai importante, da soddisfare senza ritardo per poter ottenere dalla parte committente i pagamenti dei lavori in corso d'opera, così da poter garantire la stessa sopravvivenza della società amministrata dall'imputato. In altre parole, non appare sufficientemente esplorato dai giudici di merito il tema della collocazione nel tempo del maturarsi dello stato di dissesto in cui (giocoforza, dato il successivo fallimento) venne a trovarsi la "(OMISSIS)" s.r.l. e della percezione che ne ebbe l'imputato, anche in ordine ai segnali che la crisi economico-finanziaria non potè che manifestare. Un conto è che, nel momento di disporre quegli atti di erogazione in favore della società intestata alla figlia, il M. potesse seriamente confidare nella prospettiva di garantire analogo trattamento agli altri creditori, quand'anche nell'arco di un tempo ragionevole; ben altro è se la decozione si fosse già in qualche modo palesata. Il tema, laddove l'episodio venisse ricostruito come distrattivo, stante l'oggettiva diminuzione patrimoniale che comunque ne sarebbe derivata per la società fallita in caso di pagamenti per lavori neppure eseguiti, non assumerebbe rilievo: in quel caso, infatti, basterebbe la presa d'atto "che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività", giacchè "i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza" (Cass., Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv 266804). Ma non altrettanto è a dirsi per reati ex art. 216 L. Fall., comma 3, alla luce della peculiare forma di dolo che deve comunque animare le condotte così qualificate, dovendosi ricordare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "in tema di bancarotta preferenziale, l'elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, consistente nella volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l'accettazione della eventualità di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalità non è ravvisabile allorchè il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi più che ragionevolmente perseguibile" (Cass., Sez. 5^, n. 16983 del 05/03/2014, Liori, Rv 262904). 3. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Firenze. Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018. Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018
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