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Circostanze del reato: il giudizio di comparazione sfugge al sindacato di legittimità

Circostanze

Cassazione penale sez. III, 22/02/2024, (ud. 22/02/2024, dep. 08/03/2024), n.10089

Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con l'impugnata sentenza, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Palermo appellata dall'imputato, la Corte di appello di Palermo ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Am.Sa. in ordine al delitto di cui agli artt. 624,625, n. 2 cod. pen. perché l'azione non può essere proseguita per difetto di querela, rideterminando in un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000 mila Euro di multa la pena inflitta per il residuo reato di cui all'art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990, nel resto confermando la decisione impugnata. 2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, per il ministero del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto, ad avviso del difensore, la Corte di merito non si sarebbe adeguatamente confrontata per i parametri previsti dalla legge che connotano il fatto di "lieve entità". 2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all'art. 99 cod. pen. Espone il difensore che la Corte di merito ha confermato i presupposti per la recidiva con una formula stereotipata, priva di un adeguato apparato argomentativo, finendo per ritenere applicabile l'aggravante in esame sulla scorta di un semplice automatismo sanzionatorio. 2.3. Con un terzo motivo si lamenta la violazione di legge in relazione alla mancata dichiarazione di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva. Diritto CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile perché i motivi sono privi di specificità, sia perché intrinsecamente indeterminati, sia perché difettano della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. 2. Il primo motivo è inammissibile. La Corte d'appello di Palermo ha motivato in modo logico e coerente come, nel caso di specie, all'esito di una valutazione globale degli elementi accertati nel caso di specie, non fosse configurabile la fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, sia per il quantitativo dello stupefacente, da cui erano complessivamente ricavabili 932 dosi medie giornaliere, sia per le modalità e circostanze della condotta, vale a dire le dimensioni della coltivazione delle piante, contenute in 159 vasi, e l'organizzazione dell'attività di coltivazione con riguardo al sistema di irrigazione e al confezionamento della droga, essendo state rinvenute 50 bustine di plastica e due bilance, in ciò facendo corretta applicazione del principio secondo cui, ai fine della configurabilità del reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, l'accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Muralo, Rv. 274076). Si tratta di una motivazione immune da errori di diritto e da vizi logici, con la quale il ricorrente omette di confrontarsi criticamente. 3. Il secondo motivo è inammissibile. Anche in tal caso, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, la Corte di merito ha desunto i presupposti per la dichiarazione della recidiva non in base a un mero automatismo, ma all'esito di una attenta disamina dei precedenti penali dell'Am.Sa., valorizzando, in particolare, la pregressa condanna definitiva per il delitto di furto, correttamente ritenuto della "stessa indole" rispetto alla coltivazione e alla detenzione illecita di sostanze stupefacenti, in ciò uniformandosi al principio secondo cui per "reati della stessa indole" ai sensi dell'art. 101 cod. pen. devono intendersi non soltanto quelli che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, presentano nei casi concreti - per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati - caratteri fondamentali comuni (Sez. 6, n. 53590 del 20/11/2014, Genchi, Rv. 261869, la quale ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva ravvisato la stessa indole nel reato di spaccio di stupefacenti ed in quello di furto in abitazione, assumendo rilevanza, in entrambi i casi, comportamenti dettati da omologhi motivi di indebito lucro). Orbene, la Corte di merito ha ritenuto, con logica argomentazione, che, in rapporto alla natura e all'epoca della precedente condanna per furto, il nuovo episodio delittuoso è indicativo di una più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità dell'imputato. A fronte di tale motivazione, il ricorrente confezione un motivo del tutto generico, che, quindi, non supera il vaglio di ammissibilità. 4. Inammissibile, infine, è anche il terzo motivo. Ricordato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931), nel caso di specie la Corte di merito ha ribadito il giudizio di equivalenza tra le circostanze, non essendo emersi elementi per una più favorevole rideterminazione della pena, e ostandovi le modalità della condotta, indicative di una certa professionalità, e la negativa personalità dell'imputato, come emerge dai precedenti penali. Al cospetto di tale apparato argomentativo, adeguato e non manifestamente illogico, il motivo si appalesa del tutto generico. 5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 22 febbraio 2024. Depositato in Cancelleria l'8 marzo 2024.
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