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Corruzione: il reato si perfeziona con l'accettazione della promessa

Corruzione

Cassazione penale sez. VI, 15/09/2023, n.40715

Il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l'accettazione della promessa ovvero con la dazione-ricezione dell'utilità, e tuttavia, ove alla promessa faccia seguito la dazione-ricezione, è solo in tale ultimo momento che, approfondendosi l'offesa tipica, il reato viene a consumazione.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Nel corso del giudizio riguardante gli imputati elencati in epigrafe, nella fase dedicata ai sensi dell'art. 491 c.p.p. all'esame delle questioni preliminari, con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Torino rimetteva alla Corte di cassazione le questioni concernenti la competenza per territorio in relazione ai reati contestati nei capi d'imputazione 2), 3), 4), 5), 12) e 13). Rilevava il Tribunale come il rinvio pregiudiziale fosse necessario in quanto i difensori degli imputati E., A., M. e B., riformulando eccezioni già portate all'attenzione del Giudice dell'udienza preliminare e da questo disattese, avevano sollecitato la declaratoria della competenza per territorio del Tribunale di Roma in relazione ad alcuni di quei reati. Riteneva, altresì, il Tribunale che la rimessione delle questioni alla Cassazione andava estesa anche alla posizione dell'imputato D.L. in ragione della riconosciuta connessione tra i relativi reati. 2. Con memorie trasmesse via pec nelle more della fissazione dell'udienza, l'avv. Peagno per l'imputato E. e l'avv. Voltan per l'imputato A. hanno riproposto le argomentazioni poste a base delle eccezioni difensive formulate nel corso del giudizio di merito: memorie al cui contenuto i patrocinatori hanno fatto rinvio nel corso dell'odierna discussione orale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Ritiene la Corte che le questioni sulla competenza territoriale oggetto del rinvio pregiudiziale proposto ai sensi dell'art. 24-bis c.p.p. dal Tribunale di Torino vadano definite nei termini di seguito precisati. 2. L'art. 24-bis c.p.p., introdotto dall'art. 4, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, prevede che il giudice possa, con ordinanza, rimettere alla Corte di cassazione gli atti di un procedimento pendente chiedendo che venga definita una questione sulla competenza territoriale. Tale rinvio pregiudiziale può essere disposto, su eccezione di parte o anche d'ufficio, dal giudice dell'udienza preliminare prima che si concluda tale udienza, oppure dal giudice del dibattimento subito dopo la costituzione delle parti e prima che si concluda la fase dedicata alla trattazione delle questioni preliminari, di cui all'art. 491, comma 1, c.p.p., laddove l'udienza preliminare non vi sia stata o se la questione sulla competenza per territorio sia stata riproposta dalla parte interessata ai sensi dell'art. 21, comma 2, del codice di rito. La decisione della Cassazione, con cui vengono risolte la questione o le questioni poste in via incidentale, ha effetti vincolanti perché evita che la incompetenza per territorio possa essere dichiarata in momento successivo dal giudice di primo grado o dal giudice dell'impugnazione. L'istituto ha, perciò, la funzione di scongiurare i rischi derivanti da un ritardato riconoscimento di tale incompetenza, che nella pratica ha talora comportato la necessità che il relativo procedimento venisse di fatto "azzerato", dovendo iniziare di nuovo davanti all'autorità giudiziaria indicata come quella competente per territorio. La pronuncia della Cassazione ha, così, un effetto preclusivo collegato alla definizione di quella questione; effetto analogo a quello che si determina in relazione alla posizione della parte che, pur avendo eccepito tempestivamente la incompetenza per territorio dinanzi all'autorità procedente, abbia però omesso di chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Cassazione, essendo a quella parte negata la facoltà di riproporre l'eccezione nel prosieguo del processo, ad esempio con la presentazione di mezzi di impugnazione ordinari (v. art. 24-bis, comma 6, c.p.p.). Della ratio di tale innovativo istituto processuale vi è traccia negli atti dei lavori preparatori, lì dove era stata sottolineata l'esigenza di garantire l'efficienza dei "meccanismi" processuali, con una soluzione che potesse "mettere in sicurezza" lo svolgimento di un processo al fine di evitare inutili spenclite di energie, così anche garantendo il precetto costituzionale della ragionevole durata del processo previsto dall'art. 111, comma 2, Cost. La lettera della disposizione dettata dall'art. 24-bis c.p.p. (interpretata in collegamento con il testo degli artt. 22, comma 3, e 23, comma 1, c.p.p.) consente di ritenere che il giudice chiamato a decidere, d'ufficio o su eccezione di parte, una questione concernente la incompetenza per territorio e reputi che sia opportuno rimettere la decisione definitiva sulla questione alla Cassazione, dispone il rinvio pregiudiziale. Il "meccanismo" risulta, in tal modo, complementare e anticipatorio rispetto anche ad un eventuale conflitto negativo di competenza, perché, in presenza di una questione "seria", la soluzione della immediata declaratoria da parte del giudice procedente della propria incompetenza per territorio, lascerebbe, comunque, la possibilità che analoghe questioni vengano riproposte dinanzi al giudice indicato come competente. E' fondato, altresì, sostenere che il potere officioso riconosciuto dall'art. 24-bis c.p.p. autorizzi il giudice a rimettere alla Cassazione una questione o più questioni concernenti la propria competenza per territorio, indipendentemente dalle delimitazioni contenutistiche delle eccezioni delle parti. 3. A parte il generico riferimento all'obbligo di motivazione fissato dall'art. 125, comma 3, c.p.p., va rilevato come l'art. 24-bis c.p.p. non indichi in maniera specifica quale debba essere il contenuto della ordinanza che il giudice deve adottare qualora, ai fini innanzi tratteggiati" reputi necessario l'intervento chiarificatore della Cassazione. La circostanza che nell'art. 24-bis, comma 2, c.p.p., sia stabilito che il giudice che adotta l'ordinanza di rimessione della questione alla Cassazione debba disporre la trasmissione degli "atti necessari ai fini della decisione", così impegnando quella autorità rimettente a compiere una ragionata selezione del materiale conoscitivo occorrente per consentire una corretta definizione di quella questione; nonché il tenore dei lavori preparatori, nei quali era stata evidenziata l'opportunità che le scelte dei giudici di merito, lungi dal tradursi in pericolose forme di automatica delega decisionale in favore della Cassazione, dovessero essere ispirate al "senso di responsabilità", con l'applicazione dell'art. 24-bis c.p.p. solamente nei casi "seri", sono elementi che fanno fondatamente ritenere che l'ordinanza di rimessione ex art. 24-bis c.p.p. debba essere adeguatamente motivata con una congrua esposizione delle ragioni in fatto e in diritto che giustificano la questione o le questioni sulla competenza per territorio e la loro rilevanza nel caso di specie. Ciò al pari di quanto accade nel caso di conflitto di competenza, dato che gli artt. 28 e segg. c.p.p. sono stati interpretati nel senso che il giudice che intende sollecitare la risoluzione di un conflitto, ha il compito di motivare l'esistenza della corrispondenza tra la situazione "denunciata" e la previsione normativa (in questo senso, tra le molte, Sez. 1, n. 31660 del 01/07/2021, Trib. Vibo Valentia, Rv. 281760). Escluso, dunque, che possa esaurirsi nella indeterminata prospettazione di una esigenza "esplorativa", l'ordinanza di rimessione ex art. 24-bis c.p.p. deve contenere una argomentata esposizione delle possibili soluzioni esegetiche alternative, nonché una completa descrizione di tutti i dati fattuali che possa permettere alla Cassazione di formulare un giudizio con piena cognitio, evitando il rischio di compiere verifiche "al buio" che potrebbe condizionare la correttezza delle determinazioni finali. L'adempimento di tale onere motivazionale è condizione di ammissibilità della richiesta di decisione in via pregiudiziale, ed esso appare tanto più pregnante nei processi - come è quello in cui sono state poste le questioni portate all'odierna attenzione di questa Corte - c.d. "cumulativi" sotto il profilo oggettivo e/o soggettivo, nei quali, cioè, l'azione penale sia stata esercitata in relazione ad una molteplicità di imputazioni e/o ad una pluralità di imputati. In siffatte situazioni la Cassazione, lungi dall'essere vincolata nell'esercizio del suo potere cognitivo da un criterio riconducibile al "principio della domanda", in presenza di una corretta "investitura" diventa il giudice chiamato a definire la competenza per territorio in relazione all'intero processo, con riferimento, cioè, a tutte le imputazioni oggetto della regiudicanda e a tutti gli imputati. Da tanto consegue che è indispensabile che il materiale conoscitivo messo a disposizione dal giudice rimettente e l'illustrazione delle questioni in diritto siano quanto più possibile completi: tanto è necessario per consentire al giudice di legittimità di riconoscere - al di là del "perimetro" tracciato dalle eccezioni difensive delle parti o dal provvedimento di rimessione del giudice di merito eventuali ulteriori ipotesi di incompetenza per territorio determinate dalla connessione, in relazione ad altre imputazioni ovvero ad altri imputati, diversi da quelli indicati nell'ordinanza. 4. Ciò premesso, va detto che, nel caso di specie, l'ordinanza del Tribunale di Torino emessa ai sensi dell'art. 24-bis c.p.p., contiene una articolata, analitica e densa disamina delle questioni in fatto e in diritto concernenti l'incompetenza per territorio, così come in parte prospettate dalla difensa di alcuni imputati o rilevate d'ufficio dallo stesso Tribunale. 4.1. Nel merito. Agli imputati E.S. e M.G. sono stati contestati i reati di corruzione continuata per atti contrari ai doveri di ufficio e di traffico di influenze illecite, di cui rispettivamente ai capi d'imputazione 2) e 3).ò I due delitti risultano strettamente connessi tra loro, in quanto, in entrambi gli addebiti, le condotte sono state ascritte come poste in essere dal pubblico ufficiale E., senatore della Repubblica, in cambio delle utilità fornitegli dal privato M., ed indicate come finalizzate ad ottenere informazioni e favori per le imprese del M., già destinatarie dell'applicazione di misure interdittive antimafia di natura prefettizia. Tra i due indicati delitti il più grave è quello di corruzione ex art. 319 c.p. di cui al capo 2), contestato nella forma continuata: sicché, al sensi degli artt. 8, comma 1, e 16, comma 1, c.p.p., va dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Roma, luogo del primo di quegli episodi di corruzione, consumato con gli accrediti, eseguiti il 20 maggio 2010, su un conto corrente aperto presso una banca romana ed intestato all' E., delle somme di 150.000 e di 14.000 Euro. Tale soluzione è coerente con i criteri fissati dai consolidati orientamenti interpretativi della giurisprudenza di legittimità, in base ai civali si è affermato che: a) il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l'accettazione della promessa ovvero con la dazione-ricezione dell'utilità, e tuttavia, ove alla promessa faccia seguito la dazione-ricezione, è solo in tale ultimo momento che, approfondendosi l'offesa tipica, il reato viene a consumazione (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246583); b) nel caso di dazione-ricezione di una somma di denaro mediante accredito con bonifico su un conto corrente bancario, ai fini della competenza per territorio occorre tenere conto, di regola, del luogo in cui è stata percepita quella somma (in questo senso, con riferimento alla analoga ipotesi di truffa, Sez. 6, n. 12625 del 19/02/2013, Degennaro, Rv. 254490; Sez. 6, n. 38661 del 30/01/2005, Fietta, non mass.; ciò a differenza di altri reati nei quali l'attenzione è focalizzata sul momento dispersivo del denaro pubblico: v. Sez. 6, n. 9060 del 30/11/2022, dep. 2023, GSE spa, Rv. 284336); c) è irrilevante che il trattamento sanzionatorio previsto per i reati in esame sia mutato nel tempo, in quanto, ai fini della determinazione della competenza per territorio, l'individuazione del reato più grave, ai sensi dell'art. 16, comma 1 e 3, c.p.p., va effettuata con riferimento alla misura della pena vigente per il suddetto reato al momento dell'esercizio dell'azione penale (così, tra le tante, Sez. 1, n. 348 del 21/04/2017, dep. 2018, Muto, Rv. 271995). 4.2. Analoghe considerazioni valgono per i reati di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio e di rivelazione di segreti di ufficio, rispettivamente contestati con i capi di imputazione 4) e 5) al M., quale corruttore, ed a A.M., pubblico ufficiale in quanto militare appartenente alla guardia di finanza, quale corrotto e autore della connessa rivelazione del segreto di ufficio; nonché per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, rispettivamente addebitati con i capi d'imputazione 12) e 13) al M., quale corruttore, e a B.D., sovrintendente della polizia di Stato, quale corrotto. Gli elementi di conoscenza a disposizione consentono di affermare che, essendo stati tali reati contestati come commessi dal M. sempre con la medesima finalità, quella di ottenere informazioni e/o aiuti finalizzati ad una revoca delle misure interdittive antimafia applicate alle sue aziende, tali delitti siano stati posti in essere dal prevenuto in esecuzione di un medesimo disegno criminoso con quelli dei capi 2) e 3): finalità e identità del disegno criminoso che sono contestate come riferibile a tutti i compartecipi degli ulteriori reati in esame (in questo senso, tra le molte, Sez. 2, n. 57927 del 20/11/2018, Bianco, Rv. 275519). E', dunque, configurabile una ipotesi di connessione ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p., sicché per la determinazione della competenza per territorio deve farsi riferimento al reato più grave commesso per primo, giusta il dettato del già richiamato art. 16, comma 1,, del codice di rito, cioè quello (già richiamato) del capo d'imputazione 2), commesso in Roma. Alla stregua delle considerazioni esposte nel punto che precede, va escluso che sia di ostacolo alla pronuncia nei termini appena indicati la circostanza che i difensori di taluni imputati avevano chiesto che per tali ulteriori reati fosse "confermata" la competenza del Tribunale di Torino. Dunque, anche per i delitti di cui ai capi d'imputazione 4), 5) 12) e 13), va dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Roma. 4.3. Alla luce delle valutazioni innanzi tratteggiate, la declaratoria di competenza del Tribunale di Roma va estesa anche alla posizione dell'imputato D.L.R., in relazione ai reati dei capi d'imputazione 2) e 3). La relativa questione è stata proposta d'ufficio dal Tribunale di Torino ai sensi dell'art. 24-bis c.p.p., talché è irrilevante che, nel corso dell'udienza preliminare, il difensore del D.L. non avesse eccepito la incompetenza per territorio né domandato la rimessione della decisione a questa Corte di cassazione: eccezioni che, invece, quel patrocinatore ha formulato per la prima volta solo nel corso del giudizio dibattimentale, perciò formalmente in maniera non tempestiva. D'altro canto, la Cassazione, investita della questione rispetto ad alcune imputazioni e taluni imputati, diventa - per quanto sopra esposto giudice della verifica della competenza rispetto all'intero procedimento, ben potendo rilevare anche la incompetenza per territorio determinata dalla connessione in relazione alla posizione di altro imputato, diverso da quello o da quelli che l'eccezione di incompetenza avevano avanzato tempestivamente. Il D.L. risponde formalmente a titolo di concorso con il M. e l' E. della commissione di tutti i reati di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio e rivelazione di segreti d'ufficio di cui ai predetti capi, tra loro connessi dal fatto di essere stati consumati in attuazione di un unitario disegno criminoso attributo anche al D.L.: benché la condotta di quest'ultimo sia riferita alla dazione di una specifica utilità posta in essere in favore del pubblico ufficiale nel gennaio del 2018, i reati allo stesso ascritti devono considerarsi connessi a quelli dei compartecipi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. a) e b), c.p.p.. 5. Nonostante l'ordinanza di rimessione del Tribunale di Torino non contenga alcun esplicito riferimento alla posizione dei restanti ventidue imputati e alle imputazioni oggetto degli altri ottanta capi d'imputazione per i quali è stato disposto il giudizio, gli elementi di conoscenza a disposizione permettono di escludere la ricorrenza di una causa di connessione tra i reati per i quali sono state segnalate le questioni in via pregiudiziale e gli ulteriori ottanta reati, per i quali resta ferma la competenza del Tribunale di Torino. Spetterà, dunque, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino effettuare i necessari "stralci" e predisporre la copia degli atti del procedimento da trasmettere al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, in relazione ai reati e agli imputati per i quali è stata in questa sede riconosciuta la competenza per territorio di tale ultimo ufficio giudicante. Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di legge. P.Q.M. Visto l'articolo 24 bis c.p.p. dichiara la competenza territoriale del tribunale di Roma in relazione ai reati di cui ai capi di imputazione 2), 3), 4), 5), 12), e 13), ordinando la trasmissione dei relativi atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma manda la cancelleria gli adempimenti di cui all'articolo 24 bis comma 4 c.p.p. Così deciso in Roma, il 15 settembre 2023. Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2023
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