RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 1 giugno 2021, e depositata in data 22 giugno 2021, il Tribunale di Napoli, pronunciando in sede di riesame, ha confermato l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli che aveva applicato a S.C. e a S.D. la misura cautelare, rispettivamente, della custodia in carcere e degli arresti domiciliari per i delitti di: -) associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di frode fiscale, riciclaggio e indebita compensazione, in qualità di capi e promotori (capo 1); -) emissione di fatture per operazioni inesistenti, aggravata dall'aver commesso il fatto nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale (capi 2, 5, 11, 12, 13, 16, 18, 19 e 20); -) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, aggravata dall'aver commesso il fatto nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale (capo 14); -) indebita compensazione, aggravata dall'aver commesso il fatto nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale (capo 15).
2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe S.C. e S.D., con due distinti atti, entrambi sottoscritti dagli avvocati Gaetano Balice e Fabio Benincasa.
3. Il ricorso di Carlo S. è articolato in sei motivi.
3.1. I primi cinque motivi, sviluppati congiuntamente, denunciano: -) violazione di legge, in riferimento agli artt. 273,285,292 e 309 c.p.p., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), avendo riguardo alla indeterminatezza delle contestazioni relative alle ipotesi di reato ed alle aggravanti, nonché alla violazione del divieto di bis in idem; -) violazione di legge, in riferimento agli artt. 192,273 e 292 c.p.p., artt. 110 e 416 c.p., nonché D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 8, 10-quater, 13-bis a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla ritenuta partecipazione del ricorrente alle condotte in contestazione ed alla individuazione del luogo di inizio della consumazione del reato associativo; -) violazione di legge, in riferimento agli artt. 8 e 9 c.p.p., e art. 416 c.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla determinazione della competenza per territorio; -) violazione di legge, in riferimento all'art. 378 c.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla esclusione della configurabilità del reato di favoreggiamento; -) violazione di legge, in riferimento all'art. 640-bis c.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla esclusione della configurabilità del reato di truffa.
Si deduce, innanzitutto, che le posizioni di C. e S.D. vengono accomunate in modo indifferenziato, come se i due fossero un'unica persona, e che ad entrambi è attribuito sia il ruolo di capo e promotore di un'associazione per delinquere, nonché di amministratore di fatto delle singole società attraverso le quali sarebbe stata commessa la frode, sia il ruolo di consulente fiscale, sebbene vi sia una evidente incompatibilità ontologica tra i due ruoli.
Si deduce, poi, che la posizione degli attuali ricorrenti - venuta in rilievo solo ad indagini compiute, allorché, dopo il sequestro di 30.000,00 Euro a Z.M., la moglie di quest'ultimo aveva contattato S.C. - è ritenuta qualificata da gravità indiziaria in modo manifestamente illogico, sulla base di frasi non solo autoreferenziali, e quindi suscettibili di molteplici interpretazioni, ma anche valutate retrospettivamente, ossia attribuendo ad esse un significato utile per ascrivere ai due la responsabilità per pregresse e risalenti attività delle società fittizie. Si evidenzia anche, in proposito, che le frasi ritenute indicative della volontà di "regolarizzare" ex post la documentazione delle imprese fittizie e, in particolare, quella relativa alla "(OMISSIS)", esprimevano la volontà di aiutare taluni clienti, come D.I.G., titolare della "(OMISSIS)", e, comunque, non sono state seguite da fatti concreti, perché contabilità e fatture sono rimaste inalterate fino al sequestro operato dalla Guardia di Finanza, a distanza di anni.
Si deduce, ancora, che le condotte attribuibili ai due ricorrenti avrebbero dovuto essere valutate come integranti, al più, la fattispecie di favoreggiamento, o di truffa ai danni dello Stato, essendo l'utilizzo delle società schermo un mero artificio cartolare per locupletare crediti IVA fittizi, e non essendo ai ricorrenti attribuita la qualità di contribuenti, presupposto necessario per la configurabilità delle fattispecie previste dal D.Lgs. n. 74 del 2000.
Si deduce, quindi, il difetto della competenza per territorio, perché, il capo 21, relativo ad un fatto di riciclaggio, costituisce la prima concreta manifestazione dell'operatività del sodalizio criminoso e si è verificato, secondo la contestazione, in Caserta. Si aggiunge che il riferimento allo studio professionale dei ricorrenti, effettuato dall'ordinanza impugnata, non è corretto, perché l'attività di questi è venuta in rilievo solo alla fine delle indagini, e, di conseguenza, la loro sede non può essere ritenuta il centro decisionale del gruppo criminale.
Si deduce, infine, che deve essere esclusa la configurabilità dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, per la mancanza della qualifica soggettiva di intermediario, necessaria per l'integrazione della fattispecie.
3.2. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 273,274,275,285 e 292 c.p.p., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), avendo riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Si deduce che le esigenze cautelari, ravvisate nel pericolo di reiterazione, non possono essere ritenute sussistenti, posto che le indagini si sono concluse nel 2018, mentre l'ordinanza è stata eseguita solo nel maggio 2021.
4. Il ricorso di S.D. è articolato in sei motivi.
4.1. I primi cinque motivi, sviluppati congiuntamente, denunciano: -) violazione di legge, in riferimento agli artt. 273,285,292 e 309 c.p.p., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), avendo riguardo alla indeterminatezza delle contestazioni relative alle ipotesi di reato ed alle aggravanti, nonché alla violazione del divieto di bis in idem; -) violazione di legge, in riferimento agli artt. 192,273 e 292 c.p.p., artt. 110 e 416 c.p., nonché D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 8, 10-quater, 13-bis, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla ritenuta partecipazione del ricorrente alle condotte in contestazione, all'autonomia del suo contributo rispetto a quello del padre C. ed alla individuazione del luogo di inizio della consumazione del reato associativo; -) violazione di legge, in riferimento agli artt. 8 e 9 c.p.p., e art. 416 c.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla determinazione della competenza per territorio; -) violazione di legge, in riferimento all'art. 378 c.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla esclusione della configurabilità del reato di favoreggiamento; -) violazione di legge, in riferimento all'art. 640-bis c.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo alla esclusione della configurabilità del reato di truffa.
Le censure sono di contenuto sostanzialmente identico a quelle sviluppate nei primi cinque motivi del ricorso presentato da S.C.. Si aggiunge che: -) a S.D. vengono attribuiti, per "proprietà transitiva", gli indizi relativi al padre; -) le condotte attribuibili a S.D., eventualmente sussumibili nella fattispecie di favoreggiamento siccome dirette ad aiutare l'elusione delle investigazioni in ordine a reati già consumati, sarebbero comunque non punibili a norma dell'art. 384 c.p., in quanto accessorie a quelle del padre.
4.2. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 273,274,275,285 e 292 c.p.p., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), avendo riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Le censure sono di contenuto identico a quelle sviluppate nel sesto motivo del ricorso presentato da S.C..
5. Successivamente, nell'interesse dei due ricorrenti sono state presentate memorie dagli avvocati Gaetano Balice e Fabio Benincasa, in data 25 ottobre 2021.
Nella memoria presentata nell'interesse di S.C. si ribadiscono e si sviluppano gli argomenti svolti nel ricorso con riguardo alla ritenuta incompetenza per territorio, alla gravità indiziaria, all'applicabilità dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, e alle esigenze cautelari.
Nella memoria presentata nell'interesse di S.D. si ribadiscono e si sviluppano gli argomenti svolti nel ricorso con riguardo alla gravità indiziaria, all'applicabilità dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, e alle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono nel complesso infondati per le ragioni di seguito precisate.
Nell'esporre le ragioni della presente pronuncia, si procederà ad un esame congiunto delle censure dei due ricorrenti, perché pongono questioni o comuni o comunque molto simili, ferma restando l'effettuazione, nel contesto di una struttura motivazionale unitaria, della valutazione dei rilievi specificamente formulati da ciascuno dei due ricorrenti.
Per motivi di ordine logico, si esamineranno, nell'ordine: a) le questioni poste nel primo motivo dei due ricorsi, concernenti l'indeterminatezza delle contestazioni e la violazione del divieto di bis in idem; b) le questioni formulate in parte del secondo motivo e nell'intero terzo motivo dei due ricorsi, relativa alla competenza per territorio; c) le questioni dedotte nel secondo, nel quarto e nel quinto motivo dei due ricorsi, afferenti alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dei reati per i quali è stata applicata la misura; d) le questioni enunciate in parte del secondo motivo dei due ricorsi, riguardanti l'applicabilità dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis; e) le questioni esposte nel sesto motivo dei due ricorsi, relative alla sussistenza delle esigenze cautelari.
2. In parte prive di specificità e in parte manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo dei ricorsi di S.C. e di S.D., che contestano l'indeterminatezza delle contestazioni e la violazione del divieto di bis in idem, deducendo che le due posizioni sono valutate in modo indifferenziato, e con ascrizione delle accuse sulla base di titoli diversi ed incompatibili, quali quelli di capo e promotore di un'associazione per delinquere, di amministratore di fatto delle singole società e di consulente fiscale delle stesse.
2.1. Con riferimento alla critica di indeterminatezza delle contestazioni delle ipotesi di reato, va innanzitutto evidenziato che le imputazioni provvisorie, trascritte in modo puntuale nell'ordinanza impugnata, precisano con chiarezza quali sono le tipologie di condotte ritenute riferibili ai due ricorrenti, e che, inoltre, è ragionevole l'impiego di enunciazioni sintetiche, trattandosi di fatti protratti per molti anni e con riferimento a comportamenti seriali, come quello integrato dall'emissione di plurime fatture per operazioni inesistenti.
Ne' si può ritenere che le imputazioni provvisorie siano "indeterminate", a causa di una "confusione" indistinta delle posizioni dei due ricorrenti o di una "sovrapposizione" dei ruoli di capo e promotore di un'associazione per delinquere, di amministratore di fatto delle singole società e di consulente fiscale delle stesse.
Per quanto concerne la prospettazione della "indeterminatezza" per "confusione" tra le due posizioni, è sufficiente rilevare che gli addebiti mossi ai due ricorrenti attengono a condotte che gli stessi avrebbero realizzato in piena sinergia tra di loro, ed in posizione di sostanziale fungibilità, nell'arco di anni. La distinzione tra le due posizioni, pertanto, non deve necessariamente emergere dalla tipologia di condotte indicate nelle imputazioni, in quanto in tesi di accusa omogenee e ragionevolmente descritte, per la loro protrazione nel tempo, mediante l'impego di categorie sintetiche.
Piuttosto, ma è problema diverso, occorrerà che gli specifici comportamenti di ciascun ricorrente risultino chiaramente dalle fonti di prova.
Per quanto attiene alla prospettazione della "indeterminatezza" per "sovrapposizione" dei ruoli, poi, occorre prima di tutto distinguere tra le qualifiche attinenti alla posizione criminale dell'indagato nell'associazione, quali quelle di capo e promotore, e le qualifiche designanti l'attività in concreto svolta, quali quelle di amministratore di fatto e di consulente fiscale. I due gruppi di qualifiche, invero, si pongono su piani diversi: le qualifiche di capo e promotore indicano la rilevanza giuridica, sotto il profilo penalistico, delle condotte degli indagati già individuate nella loro materialità; le categorie di amministratore di fatto e di consulente fiscale, invece, concorrono a descrivere, e quindi a individuare, le condotte degli indagati nella loro materialità. Ciò posto, poi, non vi è alcuna incompatibilità logica o giuridica tra la qualifica di capo e quella di promotore, come tra la qualifica di amministratore di fatto di una società e quella di consulente fiscale. Da un lato, il capo di un'associazione criminale può benissimo essere anche colui che ha promosso la costituzione di tale associazione o l'espansione del programma o dell'attività di questa.
Dall'altro, l'amministratore di fatto di una società può anche esserne il consulente fiscale: in disparte da ogni altra considerazione, l'attività di consulenza fiscale viene svolta in riferimento non all'amministratore, ma alla società; né si vede perché è ontologicamente incompatibile lo svolgimento, da parte della stessa persona, di due distinte attività o funzioni, tra loro diverse, in favore di un altro soggetto di diritti, quale appunto una società.
2.2. Con riferimento alla critica relativa alla violazione del divieto di bis in idem, è sufficiente osservare che i richiami alle diverse qualifiche non sono funzionali a contestare più volte lo stesso fatto, ma a darne una compiuta4 definizione e descrizione.
Si è già precisato nel precedente p. 2.1., perché il capo di un'associazione per delinquere possa esserne anche il promotore, e perché l'amministratore di fatto di una società possa esserne anche il consulente fiscale della stessa.
Si deve solo specificare che il ruolo di capo e quello di promotore di un'associazione per delinquere, così come il ruolo di amministratore di fatto di una società e quello di consulente fiscale della stessa sono compatibili, ma non debbono necessariamente concorrere. Di conseguenza, per qualificare in modo completo l'articolato comportamento di un indagato o imputato, può essere corretto, ed anzi doveroso, attribuire al medesimo sia il ruolo di capo, sia quello di promotore di un'associazione per delinquere. Per la stessa ragione, per descrivere in modo completo le plurime condotte realizzare dallo stesso indagato o imputato, può essere necessario indicare il medesimo sia come amministratore di fatto di una società, sia come consulente fiscale della stessa.
3. In parte prive di specificità e in parte manifestamente infondate sono anche le censure che contestano la competenza per territorio del G.i.p. del Tribunale di Napoli, deducendo che occorre prendere in considerazione il luogo di inizio della consumazione del reato associativo, che l'attività dei ricorrenti è venuta in rilievo solo alla fine delle indagini e che il primo episodio criminoso riferibile al gruppo, un fatto di riciclaggio contestato al capo 21, si è verificato in provincia di Caserta, censure formulate in parte del secondo motivo e nell'intero terzo motivo dei ricorsi di S.C. e di S.D..
3.1. Ai fini dell'esame delle censure appena sintetizzate, è utile richiamare, innanzitutto, i principi giuridici in materia di competenza per territorio con riguardo ai reati di partecipazione ad un'associazione per delinquere, come elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, e che il Collegio condivide.
Secondo l'indirizzo consolidato, in tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio (così, per tutte, Sez. 2, n. 41012 del 20/06/2018, C., Rv. 274083-01, e Sez. 6, n. 4118 del 10/01/2018, Piccolo, Rv. 272185-01).
Si è inoltre precisato che, in relazione alla medesima tipologia di reati, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, indipendentemente dalla coincidenza di tale luogo con quello di commissione dei reati-fine del sodalizio, che rileva solo se consente di individuare il luogo in cui si svolgono le attività di programmazione, ideazione e direzione del gruppo nonché, in subordine, quando è impossibile accertare l'ubicazione di quest'ultimo, a norma dell'art. 9 c.p.p., comma 1, come luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione (Sez. 3, n. 38009 del 11/05/2019, Assisi, Rv. 278166-01).
3.2. L'ordinanza impugnata ha ricostruito in modo analitico struttura e modalità operative dell'associazione per delinquere di cui sono ritenuti partecipi, e in posizione di vertice, i due ricorrenti, ed ha concluso per la competenza del Tribunale di Napoli, ossia del Giudice che ha emesso il provvedimento genetico.
A fondamento di questa conclusione, il Giudice del riesame ha osservato che occorre prescindere dal luogo di commissione dei reati fine, perché deve essere "considerata la centralità dello studio professionale utilizzato dai S. e ubicato in Napoli, quale sede di organizzazione e coordinamento delle attività illecite facenti capo al sodalizio e "regia centrale delle frodi"".
Va poi rilevato che il Tribunale ha individuato condotte di partecipazione dei due ricorrenti al gruppo criminale in epoca di molto anteriore a quella delle conversazioni intercettate, ed avendo riguardo all'utilizzo di una pluralità di società, puntualmente indicate anche nell'imputazione di cui al capo A), oltre che nell'ordinanza impugnata. Da un lato, infatti, si evidenzia che proprio nelle conversazioni sia S.C., sia S.D. ricordano loro condotte relative alla società "(OMISSIS)" almeno a partire dal 2015 (cfr., ad esempio, quanto riferito nelle conversazioni del 14 marzo 2018, del 23 marzo 2018, e del 26 marzo 2018, riportate nell'ordinanza impugnata, rispettivamente, alle pagine 12, 13 e 19). Dall'altro, si rappresenta che: -) le società utilizzate per le frodi sono tantissime, e tra queste, ad esempio, vi era la "Futura.com", della quale S.D. e la madre erano amministratori alla data del 10 luglio 2015; -) le decisioni relative alle strategie ed alle operazioni dell'illecito sodalizio, ivi comprese quelle concernenti la "(OMISSIS)" vengono prese nello studio di consulente aziendale "Karmar s.a.s.", ubicato in Napoli; -) lo studio appena indicato era un luogo operativo a fini associativi anche per gli altri partecipi R.F.A. e Z.M..
3.3. In considerazione di principi giuridici applicabili e degli elementi di fatto evidenziati nell'ordinanza impugnata, la conclusione di quest'ultima circa la competenza per territorio del Tribunale di Napoli risulta corretta.
In particolare, la deduzione secondo cui il riferimento allo studio professionale dei ricorrenti non è significativo, perché l'attività di essi è venuta in rilievo solo alla fine delle indagini, è priva di specificità. Detta deduzione, infatti, non tiene conto di quanto emerge proprio dalle conversazioni intercettate, le quali, come si è rilevato al p. 3.2., consentono di retrodatare la partecipazione dei due ricorrenti al gruppo criminale almeno al 2015, e di rilevare come le strategie decisionali dell'organizzazione per delinquere sono deliberate continuativamente nello studio "Karmar s.a.s." ubicato in Napoli.
La deduzione secondo cui occorrerebbe attribuire rilievo al fatto di riciclaggio di cui al capo 21 come prima concreta manifestazione di operatività dell'associazione per delinquere, è manifestamente infondata. Invero, è sufficiente considerare che, secondo quanto evidenziato al p. 3.1., il luogo di commissione dei reati-fine del sodalizio rileva solo se consente di individuare il luogo in cui si svolgono le attività di programmazione, ideazione e direzione del gruppo nonché, in subordine, quando è impossibile accertare l'ubicazione di quest'ultimo. In ogni caso, poi, la censura è del tutto priva di specificità, perché non indica le ragioni per le quali ritenere che il reato di cui al capo 21 costituisca la prima concreta manifestazione di operatività dell'associazione per delinquere. Si può aggiungere, anzi, che dalla lettura dell'imputazione, non allegata dal ricorrente, ma risultante dal testo dell'ordinanza genetica, il fatto di cui al capo 21 è contestato come commesso "dal mese di settembre 2017 al mese di aprile 2018", e, quindi, si colloca in epoca di molto successiva rispetto al 2015, anno in cui era già iniziata l'operatività dell'associazione criminale ed erano già realizzate dai due ricorrenti condotte di partecipazione alla stessa.
4. Complessivamente infondate sono le censure che contestano l'affermazione di sussistenza dei reati per cui sono applicate le misure cautelari, enunciate nel secondo, nel quarto e nel quinto motivo di entrambi i ricorsi.
Dette censure propongono sia questioni di carattere generale, concernenti l'individuazione degli elementi costitutivi delle fattispecie in contestazione, sia questioni, sviluppate anche con argomenti individualizzanti, relative alla correttezza della valutazione di gravità indiziaria nei confronti di ciascuno dei due ricorrenti.
5. Le censure relative alla individuazione degli elementi costitutivi delle fattispecie delittuose ritenute sussistenti hanno ad oggetto: la configurabilità delle fattispecie delittuose di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 quando il soggetto agente è diverso da quello tenuto agli obblighi tributari; la distinzione tra condotta sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 416 c.p. e condotta di favoreggiamento; i rapporti tra reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 e reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p..
5.1. Per quanto riguarda la questione concernente la configurabilità di un reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 quando il soggetto agente è diverso da quello tenuto agli obblighi tributari, è utile premettere che, nella specie, costituiscono titolo applicativo della misura cautelare i reati di cui all'art. 2, di cui all'art. 8 e di cui all'art. 10-quater, e che, quindi, ad essi è sufficiente delimitare l'esame.
Ora, da un lato, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è reato "comune", perché autore di esso, a norma del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, può essere "chiunque", e la commissione dell'illecito non presuppone che il soggetto agente operi mentre sta provvedendo ad adempimenti fiscali o abbia una particolare qualifica soggettiva (cfr., per l'espressa precisazione che il reato di cui all'art. 8 D.Lgs. cit. è reato comune, Sez. 3, n. 25129 del 17/04/2008, Ferrara, Rv. 240545-01).
Dall'altro, e più in generale, non è in alcun modo dubbio che un terzo possa concorrere, secondo l'ordinaria disciplina di cui all'art. 110 c.p., ad esempio quale istigatore, sia nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, sia nel reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, sia nel reato di indebita compensazione, e che tra i terzi possibili concorrenti siano da annoverare tanto l'amministratore di fatto di una società, quanto il consulente fiscale di detto ente (cfr., ad esempio, per una fattispecie concorsuale a carico del consulente fiscale per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8, Sez. 3, n. 34021 del 29/10/2020, Rossinelli, Rv. 28037001, nonché per una fattispecie concorsuale a carico dell'amministratore di fatto per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-quater, Sez. 3, n. 1722 del 25/09/2019, dep. 2020, Passoni, Rv. 277507-01).
5.2. Per quanto attiene alla distinzione tra condotta di favoreggiamento e condotta di partecipazione ad un'associazione per delinquere, sembra utile richiamare un principio ripetutamente applicato in tema di associazioni di tipo mafioso e di associazioni finalizzate al narcotraffico.
Precisamente, in giurisprudenza, si osserva che il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa si distingue da quello di favoreggiamento, in quanto nel primo il soggetto interagisce organicamente e sistematicamente con gli associati, quale elemento della struttura organizzativa del sodalizio criminoso, anche al fine di depistare le indagini di polizia volte a reprimere l'attività dell'associazione o a perseguirne i partecipi, mentre nel secondo egli aiuta in maniera episodica un associato, resosi autore di reati rientranti o meno nell'attività prevista dal vincolo associativo, ad eludere le investigazioni della polizia o a sottrarsi alle ricerche di questa (cfr., tra le tantissime, Sez. 1, n. 43249 del 13/04/2018, Russo, Rv. 274374-01, e Sez. 1, n. 33243 del 07/05/2013, Borrelli, Rv. 256987-01). Inoltre, in termini ancor più generali, si rileva che la configurabilità del favoreggiamento personale con riguardo ad un reato presupposto di carattere permanente, quale il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, non è radicalmente esclusa quando detta permanenza sia ancora in atto, ma è necessario che la condotta di ausilio non possa in alcun modo tradursi in un sostegno o incoraggiamento alla prosecuzione dell'attività delittuosa da parte del beneficiario, che darebbero luogo invece a responsabilità per il reato associativo (cfr., per tutte, Sez. 6, n. 27720 del 05/03/2013, Frattaruolo, Rv. 255622-01, nonché Sez. 1, n. 6905 del 11/11/2003, dep. 2004, Franchini, Rv. 229990-01).
Ad opinione del Collegio, questo orientamento giurisprudenziale deve essere applicato anche in relazione a condotte riferite ad un'associazione per delinquere semplice, stante l'omogeneità delle categorie giuridiche che vengono in rilievo. In particolare, pienamente assimilabile è il profilo delle caratteristiche necessarie perché la condotta possa essere qualificata come di partecipazione ad un gruppo criminale organizzato. Questo anche in considerazione di puntuali indicazioni normative, quali quelle desumibili dalla formulazione testuale dell'art. 416 c.p. e del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74: entrambe tali disposizioni, infatti, sanzionano le condotte di tre o più persone che "si associano allo scopo di commettere" un numero indeterminato di delitti, e si distinguono solo per la tipologia di fattispecie che deve essere oggetto del programma criminoso, nel primo caso qualunque figura delittuosa, e nel secondo unicamente i delitti in tema di stupefacenti. Di conseguenza, risulta corretto ritenere che, pure nel caso di associazione per delinquere semplice, quando il soggetto interagisce organicamente e sistematicamente con gli associati, quale elemento della struttura organizzativa del sodalizio criminoso, anche se ciò avviene al fine di depistare le indagini di polizia volte a reprimere l'attività dell'associazione o a perseguirne i partecipi, è configurabile il delitto di partecipazione ex art. 416 c.p. e non quello di favoreggiamento personale di cui all'art. 378 c.p..
5.3. Con riguardo, infine, alla ipotizzabilità del reato di cui all'art. 640-bis c.p., in luogo dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, è decisivo il riferimento al principio enunciato da Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano, Rv. 248865-01, mai successivamente contestato, e in relazione al quale non sono prospettate, né risultano, ragioni per dissentire.
Segnatamente, le Sezioni Unite hanno affermato che è configurabile un rapporto di specialità tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2 ed 8) ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640 c.p., comma 2, n. 1), in quanto qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all'interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni.
Successivamente, poi, proprio nel medesimo ordine di idee, si è anche puntualizzato che integra il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-quater, e non quello di truffa aggravata, il comportamento fraudolento di porre in compensazione, ex D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, partite debitorie in favore del Fisco con crediti inesistenti, sussistendo tra le fattispecie un rapporto di specialità unilaterale (così Sez. 2, n. 22191 del 04/04/2014, Libertone, Rv. 259578-01).
Ciò posto, deve solo precisarsi che il principio appena richiamato è applicabile anche quando si fa questione della configurabilità della fattispecie di cui all'art. 640-bis c.p. in relazione a condotte caratterizzate da artifici o raggiri e dirette a conseguire crediti tributari fittizi. Anche in questa ipotesi, infatti, le condotte in relazione alle quali si invoca l'applicazione della disposizione di cui all'art. 640-bis c.p. sono condotte fraudolente dirette alla evasione fiscale; di conseguenza, le stesse, se realizzate con le modalità previste dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2,8 e 10-quater, sono sanzionabili a norma delle disposizioni di legge speciale, e solo a tale titolo.
6. Ai fini della verifica della corretta applicazione dei principi appena indicati da parte del Tribunale e della non manifesta illogicità della motivazione esposta dal medesimo, occorre esaminare il discorso giustificativo espresso nell'ordinanza impugnata, tenendo conto anche della specificità delle concrete condotte attribuite ai due ricorrenti.
6.1. L'ordinanza impugnata ritiene, sulla base delle conversazioni intercettate, degli accertamenti presso l'Anagrafe Tributaria e la Camera di Commercio, della documentazione bancaria e dell'attività di polizia giudiziaria, che S.C. e S.D. siano promotori e capi di un'organizzazione criminale finalizzata alla commissione di reati fiscali, perché hanno entrambi impartito precise istruzioni ai sodali e si sono entrambi occupati di procurare il denaro agli imprenditori che si prestavano ad effettuare i bonifici in favore di società le quali rilasciavano fatture per operazioni inesistenti.
L'organizzazione criminale, secondo il Tribunale, si è avvalsa di diverse società c.d. "cartiere", tra cui la "(OMISSIS)", la "Ink Store", la "3 EMC", la "Avidox Italia", la "Rapa", la "Lime Group", e la "Emitech", le quali emettevano fatture per operazioni oggettivamente, o quanto meno soggettivamente inesistenti. Alcune fatture erano emesse verso società effettivamente operative, come la "Bullion Gamma s.r.l.", la "Net Gamma s.r.l.", e la "Gruppo Tera s.r.l.", le quali, in corrispondenza delle fatture fittizie, provvedevano ad effettuare bonifici, i cui importi erano coperti da denaro in contante procurato dai due ricorrenti, C. e S.D., anche in cambio del vantaggio per gli amministratori di tali ultime società di trattenere un compenso fissato in percentuale. In generale, poi, attraverso il rilascio delle fatture fittizie di cui si è detto, le società c.d. "cartiere" hanno maturato falsi crediti IVA, che la "(OMISSIS)" ha anche utilizzato per effettuare compensazioni, associandosi a terzi, o ceduto a terzi perché li utilizzassero per compensazioni.
6.2. Secondo quanto si apprende dall'ordinanza impugnata, le condotte di S.C., come quelle del figlio D., sono venute in risalto nelle indagini a seguito del sequestro, effettuato in data 17 luglio 2017, nei confronti di Z.M. di una somma di denaro che sarebbe dovuta servire ad effettuare bonifici a fronte di fatture per operazioni inesistenti. In quella occasione, S.C. e la moglie di Z. discutono di organizzare un incontro con C.L., altro gestore di fatto della "(OMISSIS)", per "neutralizzare" le prevedibili indagini che sarebbero seguite al sequestro; l'incontro, poi, viene effettivamente realizzato, come documentato dalla polizia giudiziaria anche mediante rilievi fotografici, tra i due S., C., Z. e la moglie di questo.
Dalle conversazioni e comunicazioni successivamente intercettate, sempre alla luce di quanto riportato dal Tribunale, emerge che: -) C. e S.D., in data 14 marzo 2018, parlano tra loro di come ricostruire a posteriori le operazioni della "(OMISSIS)", in modo da eliminare ogni traccia documentale che riconduca a loro questa ditta, e fanno riferimento alla gestione di fatto anche di ulteriori società, come la "Emitech"; -) C. e S.D., in data 23 marzo 2018, parlando ciascuno di essi al plurale, riconoscono la fittizietà della cessione delle quote della società "(OMISSIS)", nella proprietà della moglie e della cognata di S.C. fino al 2015, a C.N. e a M.G., ricordando anche gli appuntamenti davanti al notaio nel giugno/luglio 2015, e discutono dell'esigenza di evitare dichiarazioni divergenti di loro sodali, e segnatamente di Co.An., alla polizia giudiziaria, nonché della necessità di indicare "nomi fantomatici" di falsi intermediari della cessione, anche avvalorando tale asserzione con "bigliettini da visita fittizi"; -) C. e S.D., nei giorni successivi, concordano sia di eliminare dalla documentazione informativa, a iniziare dalle e-mail, ogni possibile collegamento tra loro, da un lato, e C., la "(OMISSIS)." e la "(OMISSIS)", dall'altro, sia di contattare C.N. per conoscere quali attività la Guardia di Finanza abbia intrapreso nei confronti della "(OMISSIS)", sia di parlare con C.A. per avvicinare i clienti di "(OMISSIS)" al fine di evitare qualunque riferimento di costoro a lui e a C., perché se "il cliente fa il nome suo e l'altro cliente fa il nome suo, uno, due... è associazione a delinquere, deve evitare il terzo nome" ed emerge inoltre con chiarezza il ruolo di "cartiera" della "(OMISSIS)"; -) C. e S.D. e il socio e sodale R.A.F., in data 26 marzo 2018, parlano di essere stati informati di richieste documentali della Guardia di Finanza alla commercialista di "(OMISSIS)", e della riferibilità delle stesse, in particolare, ai rapporti con "(OMISSIS)", di cui era legale rappresentante D.I.G., il figlio dice al padre: "Ci sta una fattura (OMISSIS) che abbiamo fatto noi a (OMISSIS), come (OMISSIS), prima della cessione", effettuata dalle loro strette congiunte ai prestanome nel 2015, e il padre chiede al figlio di "chiudere le fatture" e di rifarle da capo, con urgenza; -) S.C., in data 27 marzo 2018, parla con il già indicato R.A.F. di dover "cambiare" le fatture relative alla "(OMISSIS)", e di aver i documenti rilevanti "sul computer di D. di casa"; -) C. e S.D., in data 29 marzo 2018, discutono preoccupati, il figlio affermando al plurale "noi siamo l'anello di congiunzione di tutti quanti", il padre affrontando il problema di dimostrare come la "(OMISSIS)" non sia una "cartiera" e di far risultare l'effettività della ricezione della merce da parte della "(OMISSIS)", e poi concordano di eliminare ogni traccia documentale esistente presso di loro cambiando l'hard disk, nonché di contattare gli altri sodali per far occultare i documenti "compromettenti" da questi detenuti, altrimenti "più facilmente l'associazione a delinquere" verrebbe ipotizzata; -) S.C. invia una e-mail in cui si qualifica come commercialista della "(OMISSIS)" e della "Clever Group" in data 4 settembre 2017, nonché una e-mail contenente indicazioni per ampliare l'oggetto sociale della "3 EMC s.r.l." in data 5 settembre 2017, e riceve fatture afferenti all'utilizzo di una PEC per la "(OMISSIS)" in data 11 settembre 2017.
6.3. Articolate sono anche le risultanze degli accertamenti documentali di cui dà conto l'ordinanza impugnata.
In particolare, il Giudice del riesame rappresenta che "(OMISSIS)": -) ha presentato dichiarazioni ai fini IVA per gli anni 2014, 2015 e 2016, ed ha conseguito un credito IVA pari a 713.754,00 Euro, utilizzato per 336.730,26 Euro a titolo di compensazione per il pagamento di contributi previdenziali relativi a dipendenti assunti mediante l'artificiosa costituzione di un'associazione temporanea di impresa con altra società, la " D.F. Impianti s.r.l.", operante nel settore degli oleodotti, e per la restante parte ceduto ad altre tre società, mediante atti di accollo del debito tributario di queste (capi 14 e 15); -) ha emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti della "(OMISSIS) s.r.l." e della "Net Gamma s.r.l." nel 2015, per un totale complessivo pari a 914.108,30 Euro (capo 2); -) ha emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti della "Ink Store s.r.l.", della "Avidox Italia s.r.l.", della "Imago Data Center s.r.l.", della "Emitech s.r.l.", della "(OMISSIS) s.r.l." e della "Net Gamma s.r.l." nel 2016, per un totale complessivo pari a 3.4994.632,19 Euro (capo 5); -) ha emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti "Avidox Italia s.r.l.", della "Imago Data Center s.r.l.", della "Emitech s.r.l.", della "(OMISSIS) s.r.l." e della "Net Gamma s.r.l." nel 2017, per un totale complessivo pari a 2.922.037,88 Euro (capo 16).
Il medesimo Giudice, inoltre, rileva che debbono ritenersi sussistenti gravi indizi di colpevolezza nei confronti di C. e Danilo S., quali consulenti fiscali ed amministratori di fatto, anche in relazione ai reati di: -) emissione di fatture per operazioni inesistenti rilasciate nel 2016 dalla "Enneci Trade s.r.l.", della quale altro amministratore di fatto era C.A., cugino di S.C., per un importo complessivo di 995.396,00 Euro in favore della "(OMISSIS)" (capo 11); -) emissione di fatture per operazioni inesistenti rilasciate nel 2016 dalla "Avidox Italia s.r.l.", della quale altro amministratore di fatto era il predetto C.A., per un importo complessivo di 5.737.546,32 Euro in favore della "(OMISSIS)" (capo 12); -) emissione di fatture per operazioni inesistenti rilasciate nel 2016 dalla "Imago Data Center s.r.l.", della quale altro amministratore di fatto era il medesimo C.A., per un importo complessivo di 6.854.047,97 Euro in favore della "(OMISSIS)" (capo 13); -) emissione di fatture per operazioni inesistenti rilasciate nel 2017 dalla "Avidox Italia s.r.l.", della quale altro amministratore di fatto era il predetto C.A., per un importo complessivo di 9.037.079,59 Euro in favore della "(OMISSIS)" (capo 18); -) emissione di fatture per operazioni inesistenti rilasciate nel 2017 dalla "Imago Data Center s.r.l.", della quale altro amministratore di fatto era il predetto C.A., per un importo complessivo di 1.072.963,77 Euro in favore della "(OMISSIS)" (capo 19); -) emissione di fatture per operazioni inesistenti rilasciate nel 2017 dalla "RAPA Communication s.r.l.", della quale altro amministratore di fatto era sempre C.A., per un importo complessivo di 254.650,46 Euro in favore della "(OMISSIS)" (capo 20).
Ancora, dalle perquisizioni effettuate al momento dell'esecuzione delle ordinanze cautelari, secondo quanto esposto nell'ordinanza impugnata, risulta che: -) il precisato C.A., in data 11 maggio 2021, deteneva le schede contabili intestate a varie società cd. "cartiere", come la "3 EMC", la "Emitech", la "Lime Group", la "(OMISSIS)", la "Net Gamma" (queste ultime dal 2017 al 2021); -) a casa di C. e S.D. sono stati ritrovati documenti di trasporto della "Logistica Interlink Service", relativi al mese di gennaio 2021, aventi come mittente e destinatario la "(OMISSIS) s.r.l.", nonché fatture datate 2021 ed appunti relativi ad operazioni commerciali intracomunitarie con annotazioni concernenti anche il compenso spettante a S.D..
7. Le conclusioni dell'ordinanza impugnata in ordine alla sussistenza dei fatti di reato per i quali è in corso di applicazione la misura cautelare a carico di S.C. e S.D. risultano immuni da vizi.
Si è precedentemente indicato: -) al p. 4.1.1., che nessun problema di carattere generale si pone alla configurabilità dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2,8 e 10-quater a carico di un amministratore di fatto o di un consulente fiscale, attesa l'applicabilità della generale disciplina di cui all'art. 110 c.p.; -) al p. 4.1.3., che, quando ricorrono gli estremi delle condotte di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2,8 e 10-quater, queste disposizioni sono speciali rispetto a quella di cui all'art. 640-bis c.p..
Deve poi rilevarsi che le condotte di S.C. e S.D., per come ricostruite nell'ordinanza impugnata, sono state correttamente qualificate come quelle di consulenti fiscali ed amministratori di fatto delle società mediante le quali sono stati commessi i reati fine, e correttamente sussunte nel paradigma previsto dall'art. 416 c.p., e non in quello di cui all'art. 378 c.p. Nello specifico, infatti, entrambi i ricorrenti sono individuati, sulla base delle conversazioni intercettate di cui si è riferito al p. 6.2. e delle esplicite parole pronunciate da ciascuno dei due, come gli effettivi gestori, sin dal 2015 e fino al 2018, della "(OMISSIS)" - ossia della società sulla quale si è imperniato il sistema articolato sulla base di molteplici società "cartiere" e diretto alla emissione di fatture per operazioni inesistenti ed alla creazione dei falsi crediti IVA da utilizzare in compensazione -, nonché come "l'anello di congiunzione" di tutte le diverse persone fisiche coinvolte nell'operatività del precisato sistema illecito, con il potere di rivolgersi a queste e di dare alle stesse le direttive da seguire per depistare le indagini. Di conseguenza, le condotte di entrambi i ricorrenti sono legittimamente ritenute espressive sia del ruolo di effettiva gestione della "(OMISSIS)" e delle altre società "cartiere", anche ai fini della commissione dei reati tributari, sia di una organica e sistematica interazione con gli altri associati, con funzione di direzione rispetto a questi; in questo contesto, l'attività da essi prospettata e realizzata per eludere le indagini si presenta come finalizzata innanzitutto a salvaguardare la propria posizione, per di più quale semplice segmento di un molto più ampio comportamento illecito.
8. Infondate sono anche le censure che contestano l'applicazione dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, comma 3, ai reati fine, deducendo che manca la qualifica soggettiva necessaria, in particolare perché i due ricorrenti non sono iscritti nell'albo dei dottori commercialisti, e che sono esposte nel secondo motivo di entrambi i ricorsi.
8.1. La disposizione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, comma 3, prevede: "Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale".
Ad avviso del Collegio, il dato normativo, per la configurabilità dell'aggravante, non si limita a richiedere che il fatto di reato sia commesso "nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale", ma esige anche che questa sia "svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario". Invero, una diversa conclusione priverebbe di qualunque significato o rilevanza il sintagma "svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario", in contrasto con il principio generale di interpretazione secondo cui le locuzioni impiegate dal legislatore debbono essere intese come espressive di un significato utile piuttosto che come inutili ridondanze.
Ciò posto, tuttavia, la nozione di "professionista" è impiegata in termini generali senza evocare una particolare professione, e quindi può essere riferita a qualunque attività professionale che legittimamente si occupi di consulenza fiscale.
In questo senso, in effetti, si è espressa la giurisprudenza penale di legittimità, allorché, pronunciandosi in tema di applicazione dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, comma 3, ha affermato che è doveroso "attribuire alla nozione più generale di professionista, in assenza di richiami specifici, un significato sostanziale, ricomprendendovi cioè chiunque svolga attività di consulenza fiscale nell'esercizio della sua professione (dunque commercialisti, avvocati, consulenti e così via)" (così Sez. 3, n. 36212 del 03/04/2019, Martini, massimata per altro, in motivazione).
Occorre segnalare, poi, che, secondo l'orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza civile di legittimità, le attività di tenuta delle scritture contabili dell'impresa, di redazione dei modelli IVA o per la dichiarazione dei redditi, di effettuazione di conteggi ai fini dell'IRAP, dell'ICI o di altre imposte, di richiesta di certificati o di presentazione di domande presso la Camera di Commercio, di assistenza e consulenza aziendale nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, non rientrano nell'ambito di quelle riservate ai dottori commercialisti ed ai ragionieri e, quindi, il loro esercizio non è condizionato all'iscrizione nei relativi albi professionali o ad abilitazione (cfr. Sez. 2 civ., n. 8683 del 28/03/2019, Rv. 653299-01, e Sez. 2 civ., n. 14085 del 11/06/2010, Rv. 613443-01). Anzi, come è stato chiarito con riferimenti anche alla giurisprudenza costituzionale, e in particolare a Corte Cost., sent. n. 418 del 1996, le attività professionali svolte con riguardo alla tenuta delle scritture contabili dell'impresa, alla redazione dei modelli IVA o per la dichiarazione dei redditi, alla effettuazione di conteggi ai fini dell'IRAP o ai fini dell'ICI, e alla richiesta di certificati o presentazione di domande presso la Camera di Commercio non rientrano in quelle riservate solo a soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (per questa puntualizzazione Sez. 2 civ., n. 14085 del 2010, cit.).
Di conseguenza, "professionista" che svolge attività di consulenza fiscale, e che rileva ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, comma 3, può essere anche colui che non è iscritto in un albo e non è provvisto di specifica abilitazione. E del resto, che vi siano professioni intellettuali per l'esercizio delle quali non è necessaria l'iscrizione in un albo risulta espressamente dagli artt. 2229 e 2231 c.c..
Ne discende che anche il consulente aziendale, pur se non iscritto in uno specifico albo, qualora svolga professionalmente la sua attività, è qualificabile come "professionista" a norma della disposizione appena citata.
Ciò posto nella specie, l'ordinanza impugnata dà atto che S.C. svolgeva la propria attività professionale come consulente aziendale all'intero di uno studio.
8.2. Il dato appena rilevato è sufficiente per la configurabilità dell'aggravante anche nei confronti di S.D., in disparte dall'attribuibilità al medesimo della qualifica di "professionista", o di "intermediario finanziario o bancario".
Invero, come già precisato dalla giurisprudenza, in tema di reati tributari, l'aggravante prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 art. 13-bis, comma 3, in presenza del necessario coefficiente di colpevolezza, si estende ai concorrenti diversi dal professionista o dall'intermediario finanziario o bancario, trattandosi di circostanza a matrice mista, oggettiva e soggettiva, che riguarda una condotta commessa "attraverso" l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale, causalmente ricollegate al fatto tipico, e che, comunque, agevola la commissione del reato (così Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, Alecci, Rv. 281589-08).
9. Manifestamente infondate, infine, sono le censure formulate nel sesto motivo di entrambi i ricorsi, e che contestano la sussistenza delle esigenze cautelari, deducendo l'assenza di attualità delle stesse, in quanto i fatti più recenti in contestazione risalgono al 2018.
Invero, come correttamente evidenziato dall'ordinanza impugnata, occorre considerare che le condotte delittuose di entrambi i ricorrenti si sono protratte per diversi anni, che i medesimi hanno continuato a svolgere le loro attività delinquenziali senza alcuna remora nonostante le indagini della polizia giudiziaria e che tracce relative alla prosecuzione dei traffici illeciti nel corso del 2021, da parte di S.C. e di S.D., sono state rinvenute all'esito della perquisizione effettuata l'11 maggio 2021, al momento dell'esecuzione de provvedimenti cautelari (cfr., per maggiori dettagli, quanto esposto al p. 6.3.).
E' quindi immune da censure la valutazione del Tribunale circa la concretezza e l'attualità delle esigenze cautelari nei confronti di S.C. e S.D..
10. In conclusione, alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Copia della presente ordinanza deve essere trasmessa, a cura della cancelleria, a S.C., in quanto sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere nel presente procedimento, atteso quanto prevede l'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter, relativamente alla posizione di S.C..
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2021