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Fine convivenza: maltrattamenti in famiglia o atti persecutori? Ecco quando si configurano

Stalking, Maltrattamenti

Cassazione penale sez. VI, 02/07/2024, n.35370

Nei casi di cessazione della convivenza more uxorio, è configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia, e non invece quello di atti persecutori, quando tra i soggetti permanga un vincolo assimilabile a quello familiare, per il mantenersi di consuetudine di vita comune o per l'esercizio condiviso della responsabilità genitoriale ex art. 337-ter cod. civ.
Invece, si configura il reato di atti persecutori, nella forma aggravata prevista dall'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., quando non residua neppure una aspettativa di solidarietà nei rapporti tra l'imputato e la persona offesa, perché non risultano insorti vincoli affettivi e di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 4 dicembre 2023, la Corte d'Appello di Firenze ha confermato la condanna inflitta dal Giudice dell'udienza preliminare di Pistoia a Ci.Iu. ex art. 572 cod. pen. per i maltrattamenti nei confronti di Ca.As., in precedenza compagna e convivente, con la quale aveva concepito un figlio, descritti nella imputazione. 2. Nel ricorso presentato dal difensore di Ci.Iu. si chiede l'annullamento della sentenza, deducendo erronea applicazione dell'art. 572 cod. pen. perché le condotte furono attuate dopo la cessazione della coabitazione e in occasione di scontri fra i genitori per la visita al figlio. Si osserva che nella fattispecie ricorre una condotta persecutoria, involgente sia la vita privata che la sfera lavorativa della persona offesa, ma non abituale CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso in esame non contesta la sussistenza delle condotte di Ci.Iu. nei confronti della Ca.As. ma la loro qualificazione giuridica, assumendo che non potrebbero integrare il reato di maltrattamenti perché realizzate dopo la cessazione della convivenza fra i due. La Corte di appello ha ritenuto configurabile il reato di maltrattamenti, anche dopo la cessazione della convivenza, quando i protagonisti della vicenda "abbiano un figlio e quindi rimanga un legame familiare e le condotte siano iniziate quando la convivenza era ancora in essere, entrambi requisiti che si riscontrano nel caso in esame" (p. 6). 2. Nella fattispecie le condotte contestate nella imputazione riguardano il periodo dal luglio 2020 al settembre 2021: la relazione (durata 6 anni) iniziò nel marzo del 2014, con una convivenza dalla quale nacque un figlio e che si concluse nel 2020. Dalla sentenza risulta (p. 4) che ancora in corso di convivenza vi fu (il 2/06/2020) un intervento dei carabinieri nella casa familiare (ma non è chiarito per quale motivo). Al momento dei fatti per i quali si procede, i genitori esercitavano in maniera condivisa la responsabilità genitoriali e le condotte dell'imputato furono causate o occasionate dai contatti mantenuti per gestire il bambino. 3. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, nei casi di cessazione della convivenza more uxorio, è configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia, e non invece quello di atti persecutori, quando tra i soggetti permanga un vincolo assimilabile a quello familiare, per il mantenersi di consuetudine di vita comune o per l'esercizio condiviso della responsabilità genitoriale ex art. 337-ter cod. civ. (Sez. 6, n. 7259 del 26/11/2021, dep. 2022, L. Rv. 283047; Sez. 2, n. 43846 del 29/09/2023, T., Rv. 285330). Invece, si configura il reato di atti persecutori, nella forma aggravata prevista dall'art. 612-bis, comma secondo, cod. pen., quando non residua neppure una aspettativa di solidarietà nei rapporti tra l'imputato e la persona offesa, perché non risultano insorti vincoli affettivi e di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale (Sez. 6, n. 37077 del 03/11/2020, M. Rv. 280431). 4. Tuttavia, né la sentenza della Corte di appello, né quella del Tribunale analizzano in termini specifici e concreti i rapporti fra l'imputato e la persona offesa dopo la cessazione della convivenza avvenuta nel 2011. Invece, una specifica analisi del contesto delle relazioni in cui si inseriscono tali rapporti e del loro concreto atteggiarsi è necessaria per una corretta qualificazione delle condotte, sulla base del principio prima richiamati. Pertanto, la sentenza impugnata va annullata per un nuovo giudizio sul punto, come in dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per novo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze. Così deciso il 2 luglio 2024. Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2024.
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