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Il reato di invasione di terreni o edifici richiede il dolo specifico di occupazione arbitraria o profitto

Invasione di terreni ed edifici

Cassazione penale sez. II, 22/06/2023, n.43274

L'integrazione del reato di invasione di terreni o edifici presuppone nell'agente il dolo specifico dell'occupazione della cosa altrui (o del fine ari trarne altrimenti profitto) e la dimostrazione dell'esistenza dell'elemento soggettivo così connotato non discende in modo automatico dalla contestazione della legittimità dell'occupazione da parte dell'avente diritto, occorrendo, invece, la dimostrazione di un qualche elemento idoneo a comprovare che l'intento dell'agente fosse proprio quello della predetta occupazione arbitraria.

Il reato di invasione di terreni o edifici richiede il dolo specifico di occupazione arbitraria o profitto

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 15/09/2022, la Corte d'appello di L'Aquila confermava la sentenza del 17/01/2019 del Tribunale di Pescara, emessa in esito a giudizio abbreviato, di condanna di S.M. alla pena di due mesi di reclusione per il reato di invasione di un appartamento di proprietà dell'A.T.E.R. di (Omissis), che la stessa S. aveva occupato. 2. Avverso l'indicata sentenza del 15/09/2022 della Corte d'appello di L'Aquila, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, S.M., affidato a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), l'erronea applicazione dell'art. 633 c.p., per avere la Corte d'appello di L'Aquila confermato l'affermazione della sua responsabilità nonostante ella avesse "fatto ingresso nell'abitazione con il consenso del figlio del legittimo locatario" e avesse "con esso convissuto nell'unità immobiliare". La ricorrente deduce la mancanza dell'elemento materiale del reato di invasione di edifici, per difetto del requisito dell'arbitrarietà dell'invasione, atteso che, come risulterebbe dagli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento e dalla stessa motivazione della sentenza impugnata, ella aveva fatto ingresso nell'appartamento con il consenso dell'avente diritto, segnatamente, del figlio ( S.I.) dell'assegnatario dell'unità immobiliare ( S.A.). La ricorrente rappresenta altresì che il fatto che ella, solo dopo che il menzionato assegnatario dell'appartamento si era trasferito in un altro comune, aveva presentato all'ente proprietario dell'immobile domanda di sanatoria, dimostrerebbe "la regolarità della condotta posta in essere, non già la consapevolezza dell'arbitrarietà dell'occupazione". 2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce, in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la violazione degli artt. 43 e 633 c.p., "per carenza dell'elemento psicologico del reato". La ricorrente lamenta che la Corte d'appello di L'Aquila non avrebbe "considerato la rilevanza del consenso dell'avente diritto che, al momento dell'ingresso nell'abitazione di S.M., erano S.I. ed anche il di lui padre A., con lui all'epoca convivente e titolare del contratto di locazione", e ribadisce che il fatto che, successivamente, S.A. fosse andato a vivere in un altro comune, lasciando, tuttavia, il figlio I. nell'appartamento, escluderebbe l'arbitrarietà del proprio ingresso nello stesso. 2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta, in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), l'illogicità della motivazione per avere la Corte d'appello di L'Aquila ritenuto che la presentazione, da parte sua, di una domanda di sanatoria all'ente proprietario dell'immobile costituirebbe un elemento dal quale dedurre la consapevolezza dell'arbitrarietà dell'invasione, senza rilevare e considerare "che la sanatoria interveniva in epoca successiva all'ingresso nell'abitazione, avvenuta con il consenso dell'avente diritto". La ricorrente deduce che la menzionata domanda di sanatoria, in quanto era intervenuta ad anni di distanza dal proprio ingresso nell'appartamento, dimostrerebbe "la liceità, fino a quel momento, dell'occupazione" e rappresenta ancora che, "(u)na volta trasferitosi il conduttore, la ricorrente avanzava sanatoria per ottenere il passaggio del contratto in proprio favore. La buona fede è stata dimostrata anche dai pagamenti effettuati, nel corso degli anni, da parte della prevenuta, la quale ha contribuito sia ai pagamenti delle utenze che del canone locatizio". La ricorrente conclude affermando che la vicenda potrebbe riguardare esclusivamente "procedure di rilievo amministrativo o civilistico". CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il secondo motivo, relativo alla sussistenza dell'elemento psicologico, è fondato. L'integrazione del reato di invasione di terreni o edifici presuppone nell'agente il dolo specifico dell'occupazione della cosa altrui (o del fine ari trarne altrimenti profitto) e la dimostrazione dell'esistenza dell'elemento soggettivo così connotato non discende in modo automatico dalla contestazione della legittimità dell'occupazione da parte dell'avente diritto, occorrendo, invece, la dimostrazione di un qualche elemento idoneo a comprovare che l'intento dell'agente fosse proprio quello della predetta occupazione arbitraria. Nel caso in esame, dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata risulta come la Corte d'appello di L'Aquila mostri di dare credito all'affermazione dell'imputata secondo cui ella aveva occupato l'appartamento di proprietà dell'A.T.E.R. di (Omissis) previa autorizzazione del legittimo assegnatario di tale immobile S.A. (il quale si era trasferito altrove) e del figlio di questi S.I.. Dalla stessa motivazione, risulta altresì che l'imputata aveva successivamente chiesto la sanatoria della propria posizione. Alla luce di tali elementi, come connotanti Fa peculiare fattispecie in esame, il Collegio reputa che appare insufficiente la prova della sussistenza del dolo del reato nel senso, sopra indicato, che è richiesto dall'art. 633 c.p.. 2. L'esame del primo e del terzo motivo restano assorbiti dall'accoglimento del secondo motivo. 3. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, il 22 giugno 2023. Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2023
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