RITENUTO IN FATTO
1. Il giudice monocratico del Tribunale di Gela, con l'ordinanza indicata in epigrafe, rilevata la nullità dell'avviso di cui all'art. 415 bis cod. proc. pen. in quanto gli imputati Na.Gi. e Fi.Sa. avevano dichiarato domicilio presso la loro abitazione ma l'avviso era stato notificato erroneamente ai difensori domiciliatari ai sensi dell'art. 161, comma 1, cod. proc. pen., ha dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero per omessa notifica agli imputati del predetto avviso.
2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gela propone ricorso per cassazione censurando l'ordinanza impugnata in quanto si tratta di un provvedimento che, seppure non determini una stasi del procedimento, impone al pubblico ministero di disapplicare le modifiche introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che prevede in base al combinato disposto degli artt. 157, comma 1, e 161, comma 1, cod. proc. pen., per la prima notifica, e 157 bis cod. proc. pen., per le successive, che l'avviso di conclusione delle indagini preliminari sia notificato ai difensori di fiducia quali domiciliatari ex lege in quanto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari previsto dall'art. 415 bis cod. proc. pen. non rientra tra gli atti tassativamente indicati dalla legge che devono essere notificati presso il domicilio dichiarato dall'indagato. Gli unici atti per i quali è imposta dal legislatore la notificazione a mani dell'indagato presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero nei luoghi indicati dall'art. 157 cod. proc. pen. (nel caso in cui non abbia già ricevuto gli avvisi di cui all'art. 161, comma 1, cod. proc. pen.), sono quelli di vocatio in iudicium tassativamente elencati: l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, la citazione a giudizio ai sensi degli artt. 450, comma 2, 456,552 e 601 cod. proc. pen. e il decreto penale di condanna. Conseguentemente, pur essendo l'ordinanza adottata nell'esercizio del potere spettante al giudice che la pronunciata, dunque non essendo strutturalmente abnorme, tuttavia, secondo il Procuratore ricorrente, il provvedimento rientra nel concetto di abnormità funzionale in quanto impone al pubblico ministero di disapplicare una norma di legge.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento dell'ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Nel caso in esame gli indagati avevano eletto domicilio presso le loro abitazioni, da ciò desumendosi che avessero ricevuto l'avvertimento di cui all'art. 161, comma 1, cod. proc. pen., secondo il quale "le successive notificazioni, diverse da quelle riguardanti l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, la citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601 e il decreto penale di condanna, saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d'ufficio".
3. L'elenco degli atti che devono essere notificati presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 157 ter cod. proc. pen. introdotto dall'art. 10, comma 1, lett. I) D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 deve ritenersi tassativo, onde il giudice del dibattimento ha illegittimamente dichiarato la nullità dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis cod. proc. pen. in quanto notificato ai difensori domiciliatari, trattandosi di atto che può essere notificato al difensore secondo l'ordinario statuto delle notificazioni previsto dal citato art. 161, comma 1, cod. proc. pen.
4. Occorre, quindi, chiedersi se la correlata regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari configuri un atto abnorme, impugnabile con il ricorso per cassazione.
4.1. L'abnormità costituisce una forma di patologia dell'atto giudiziario priva di riconoscimento testuale in un'esplicita disposizione normativa, ma frutto di elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza, tramite cui si è inteso porre rimedio, attraverso l'intervento del giudice di legittimità, agli effetti pregiudizievoli derivanti da provvedimenti non espressamente previsti come impugnabili, ma affetti da tali anomalie genetiche o funzionali, che li rendono difformi ed eccentrici rispetto al sistema processuale e con esso radicalmente incompatibili.
4.2. Con specifico riguardo al tema della regressione del procedimento dalla fase del dibattimento a quella delle indagini preliminari, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ristretto la nozione di atto abnorme, precisando che, "se l'atto del giudice è espressione di un potere riconosciutogli dall'ordinamento, si è in presenza di un regresso "consentito", anche se i presupposti che ne legittimano l'emanazione siano stati ritenuti sussistenti in modo errato. Non importa che il potere sia stato male esercitato, giacché in tal caso esso sfocia in atto illegittimo, ma non in un atto abnorme" (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590).
4.3. Il provvedimento abnorme è, infatti, quel provvedimento non inquadrabile nel sistema, nel senso che non costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento (Sez.5, n.15051 del 22/12/2012, De Cicco, Rv. 25247501; Sez.5, n.31975 del 10/07/2008, Ragazzoni, Rv.24116201) o comunque ne viola radicalmente le norme (Sez. U. n.21423 del 25/03/2010, Zedda, Rv.24691001; Sez.3, n.24163 del 3/05/2011, Wang, Rv.25060301), incidendo con una pregiudizievole alterazione sulla ordinaria sequenza procedimentale (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009 Toni, Rv. 24359001; Sez. 6, n. 29855 del 30/05/2012, A., Rv. 25317701).
4.4. Le Sezioni Unite hanno, anche, ammonito a delimitare con rigore l'area dell'abnormità, ricorribile per cassazione, nella sua duplice accezione (strutturale e funzionale), non potendosi considerare abnorme un atto quando "non sia totalmente avulso dal sistema processuale e non determini una stasi irrimediabile del procedimento. Resta dunque escluso che, come precisato anche dalla dottrina, possa invocarsi la categoria dell'abnormità per giustificare la ricorribilità immediata per cassazione di atti illegittimi, affetti soltanto da nullità o comunque sgraditi e non condivisi (Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, Boniotti), perché tanto si tradurrebbe nella non consentita elusione del regime di tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, stabilito dall'art. 568, comma 1, cod. proc. pen." (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715).
5. Sulla base dei criteri interpretativi sopra enunciati, il ricorso in esame deve ritenersi inammissibile in quanto, essendo il provvedimento impugnato espressione di legittimo potere del giudice del dibattimento, esso impone al pubblico ministero una forma di notificazione non prevista dall'ordinamento ma inidonea a determinare la stasi del procedimento in quanto la notificazione dell'avviso ai sensi dell'art. 415 bis cod. proc. pen. presso il domicilio dichiarato o eletto non è imposta ma neppure vietata a pena di nullità dell'atto.
5.1. Occorre, qui ribadire che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento - rilevata l'invalidità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415 bis cod. proc. pen., in realtà ritualmente eseguita - dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero, trattandosi di provvedimento che, lungi dall'essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento (ex plurimis, Sez. 2, n. 10640 del 30/01/2020, Portincasa, Rv. 278530 - 01; Sez. 2, n. 37601 del 06/06/2019, Battaglia, Rv, 277085 - 01).
5.2. Nel caso concreto, inoltre, la regressione illegittima si presta a essere sanata attraverso la rinnovazione della notificazione, che non deve necessariamente essere ripetuta a pena di nullità attraverso le stesse modalità dichiarate erroneamente illegittime, ovvero presso il difensore domiciliatario.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2024.