top of page

Omesso mantenimento dei figli: esclusa la tenuità del fatto per abitualità della condotta

Violazione obblighi assistenza familiare

Cassazione penale sez. VI, 17/04/2024, n.17855

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non si applica al reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori previsto dall'art. 570 cod. pen., essendo l'abitualità del comportamento ostativa al riconoscimento del beneficio e non rilevando la particolare tenuità di ogni singolo inadempimento, in presenza di un reato "a consumazione prolungata" in cui ciascuna omessa contribuzione aggrava l'offesa al bene giuridico tutelato.

Violazione degli obblighi familiari: stato detentivo non esclude il dolo se l’inadempimento è colposo

Omessa somministrazione di mezzi di sussistenza: pluralità di reati per più soggetti conviventi

Violazione degli obblighi verso figli minori: dolo generico e presunzione di stato di bisogno

Violazione degli obblighi familiari: impossibilità assoluta valutata secondo il principio di offensività

Violazione degli obblighi economici: l’affidamento condiviso non è requisito per il reato ex art. 570-bis c.p.

Violazione degli obblighi familiari: lo stato detentivo rileva solo con impossibilità incolpevole di reddito

Omesso mantenimento: il reato ex art. 570 c.p. assorbe la violazione meno grave ex art. 570-bis c.p.

Omessa somministrazione di mezzi di sussistenza: pluralità di reati per più soggetti conviventi

Violazione degli obblighi familiari: impossibilità assoluta esclude il dolo solo con dignitosa sopravvivenza

Attenuanti generiche negate per inadempimenti prolungati agli obblighi familiari senza giustificazioni valide

Violazione degli obblighi familiari: reato configurabile solo con inadempimenti gravi e protratti

Violazione degli obblighi familiari: reato solo se l’omissione priva i figli dei mezzi di sussistenza

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino confermava la pronuncia dì primo grado del 22 ottobre 2021 con la quale il Tribunale di Ivrea aveva condannato Co.Ge. in relazione al reato di cui agi. artt. 81 e 570-bis cod. pen., per avere, dal giugno 2019 con condotta perdurante, adempiuto solo parzialmente all'obbligo di versare alla ex moglie Ci.Gi. la somma di 1.250 euro mensili, oltre al 50% delle spese mediche, scolastiche e sportive, in relazione al mantenimento del figlio minorenne Ri., divenuto maggiorenne il (Omissis) ma economicamente non indipendente, così violando le statuizioni di natura economica contenute nella sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio emessa dal Tribunale civile di Ivrea il 15 maggio 2019. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso Co.Ge., con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 2 cod. civ. e 77 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per manifesta illogicità, contraddittorietà e travisamento della prova, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la Ci.Gi. fosse legittimata a costituirsi parte civile, laddove ella aveva fatto valere in giudizio un diritto spettante al di lui figlio che, al momento della costituzione di parte civile, aveva già raggiunto la maggiore età ed aveva, perciò, acquisito la piena capacità di agire; nonché per avere omesso di considerare, sulla base della documentazione prodotta dalla difesa, che il figlio della coppia aveva acquisito una posizione economicamente indipendente e, dal maggio 2021, aveva trasferito la propria residenza presso l'abitazione del padre. 2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 131-bis cod. pen., per avere la Corte distrettuale disattesa la richiesta difensiva di applicazione della causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto, benché fosse stato dimostrato che le condotte dell'imputato non potevano essere considerate espressione di "serialità" e che il figlio della coppia aveva beneficiato di ripetute e significative rimesse di denaro da parte del padre. 2.3. Violazione di legge, in relazione all'art. 546 cod. proc. pen., per avere la Corte di appello, con il dispositivo della sentenza, statuito la conferma della pronuncia di primo grado, nonostante nella motivazione si fosse argomentata la ragione per la quale dovesse essere ridotta l'entità della provvisionale riconosciuta dal Tribunale di Ivrea in favore della parte civile. 3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive modifiche legislative. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse di Co.Ge. vada accolto, sia pur nei limiti e con gli effetti di seguito precisati. 2. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato. Nella decisione della Corte di appello di Torino, che ha confermato la decisione del giudice di primo grado di ammettere la costituzione di parte civile di Giovanna Ci.Gi., moglie divorziata dell'odierno ricorrente, non è ravvisabile alcuna violazione di norme di diritto processuale: in quanto i giudici di secondo grado hanno chiarito che la prevenuta si era costituita parte civile per fare valere un diritto di credito proprio, maturato con riferimento al periodo nel quale il Cosentino aveva omesso di versarle, in quanto esercente la potestà genitoriale sul figlio minore che con lei conviveva, l'importo di mantenimento dovuto al ragazzo secondo quanto stabilito dal giudice civile. La Ci.Gi., dunque, era pienamente legittimata a fare valere in giudizio un diritto di credito di cui ella era autonomamente titolare in quanto genitrice affidataria e convivente con il figlio minorenne, in ragione dell'obbligo di mantenimento della prole gravante sul coniuge divorziato; legittimazione che doveva considerarsi sussistente anche con riferimento all'epoca successiva al raggiungimento della maggiore età del figlio, nel periodo in cui lo stesso aveva continuato a convivere e coabitare con la madre, rimanendo dipendente dai genitori, perché la Ci.Gi. era ancora titolare del diritto ad ottenere dall'altro coniuge un contributo per il mantenimento del figlio. Tale decisione si pone in linea con il consolidato orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità civile, per la quale il coniuge separato o divorziato, affidatario del figlio, è legittimato iure proprio ad ottenere l'adempimento dell'obbligo gravante sull'altro coniuge di versamento di un assegno in favore del figlio minore, del cui mantenimento il primo, in quanto genitore coabitante, si occupa materialmente: legittimazione propria che il coniuge affidatario conserva, in via autonoma e concorrente con la diversa legittimazione del figlio, quando quest'ultimo, titolare del diritto al mantenimento, raggiunge la maggiore età e acquista il libero esercizio dei diritti, e non abbia chiesto e ottenuto la corresponsione diretta dell'assegno (in questo senso, tra le tante, Sez. 1 civ., n. 29977 del 31/12/2020, Rv. 660113; Sez. 1 civ., n. 25300 del 11/11/2013, Rv. 628819; Sez. 1 civ., n. 18075 del 25/07/2013, Rv. 627382). Non è, dunque, affatto pertinente il riferimento, contenuto nel ricorso, all'art. 77 cod. proc. pen. - di cui è stata lamentata l'inosservanza - che riguarda il caso, del tutto diverso da quello in esame, nel quale la parte civile non è legittimata perché fa valere un diritto proprio ma in quanto mero rappresentante legale del soggetto titolare di quel diritto, che è però privo della capacità d'agire. Nel riconoscimento della manifesta infondatezza della doglianza prospettata in termini di violazione di legge resta assorbito l'esame delle connesse censure proposte, in via logicamente consequenziale, in termini di vizi di motivazione. 3. Anche il secondo motivo del ricorso è privo di pregio. Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non si applica al reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori previsto dall'art. 570 cod. pen., essendo l'abitualità del comportamento ostativa al riconoscimento del beneficio e non rilevando la particolare tenuità di ogni singolo inadempimento, in presenza di un reato "a consumazione prolungata" in cui ciascuna omessa contribuzione aggrava l'offesa al bene giuridico tutelato (Sez. 6, n. 20941 del 20/04/2022, M., Rv. 283304; Sez. 6, n. 11780 del 21/01/2020, P., Rv. 278722; Sez. 2, n. 23020 del 10/05/2016, P., Rv. 267040). Di tale regula iuris - applicabile anche nel caso di violazione dell'art. 570-bis cod. pen., che si pone in continuità normativa con la norma dell'art. 570 cod. pen. - la Corte territoriale ha fatto buon governo, osservando come l'odierno ricorrente avesse omesso di versare, neppure per un mese, quanto previsto a suo carico dal giudice civile, rifiutandosi di pagare alla ex moglie, con la quale viveva il comune figlio minore, l'assegno di mantenimento per il lungo periodo da marzo 2020 a maggio 2021: circostanza, questa, la cui valenza la difesa ha provato a sminuire con il riferimento a elementi inconferenti. 4. Il terzo motivo del ricorso è fondato. La Corte torinese, dopo avere in motivazione illustrato le ragioni per le quali l'entità della somma dovuta a titolo di provvisionale dall'imputato dovesse essere ridotta da 2.000 a 1.500 euro, ha omesso di riformare la sentenza di primo grado che era stata, invece, confermata in toto. Tanto impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla entità della provvisionale, che, ai sensi dell'art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., può essere ridotta nella misura già indicata dai giudici di merito, essendo superfluo un giudizio di rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla entità della provvisionale, che ridetermina nella misura di euro millecinquecento. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Così deciso il 17 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2024.
bottom of page