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Reati tributari

Omesso versamento IVA: prevede una condotta mista, con una componente commissiva ed una omissiva

Omesso versamento IVA

Cassazione penale sez. III, 16/06/2023, n.33430

Il delitto di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto prevede una condotta mista; vi è una componente commissiva, costituita dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA da parte del soggetto obbligato, con un saldo debitorio superiore ad Euro 250.000,00, e una componente omissiva costituita dal mancato versamento dell'IVA autoliquidata dal contribuente-imputato.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza pronunciata il 20 Giugno 2022, la Corte di Appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi, emessa in data 14.01.2020 e appellata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi, condannava l'imputato S.M. per il reato di omesso versamento IVA a lui contestato alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, riconosciuti i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione, disponendo il ripristino del sequestro della somma di denaro già sequestrata fino alla concorrenza di Euro 1.092.463,00 e la conseguente confisca, in relazione a fatti relativi all'anno di imposta 2014 e per importo superiore alla soglia di punibilità, commesso in data (Omissis) (termine ultimo per il versamento coincidente con il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo). 2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo due motivi, di seguito sommariamente indicati. 2.1. Deduce, con il primo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000, 45 c.p. e, in alternativa, all'art. 54 c.p. Richiamata la giurisprudenza di legittimità secondo cui l'imprenditore deve andare esente da responsabilità quando l'evento determinante la forza maggiore o lo stato di necessità non sia imputabile all'imprenditore, sia imprevedibile e, dunque, non altrimenti evitabile, si censura la sentenza perché l'illiquidità non avrebbe potuto essere ascritta all'imputato, non dipendendo da fatti a lui imputabili, i quali, per la loro imprevedibilità commerciale, non potevano essere altrimenti fronteggiati. Deduce il ricorrente che la scelta adottata è stata necessitata, in ragione della verificazione di eventi imprevedibili, quali la revoca di un finanziamento agevolato e il rientro immediato nei confronti dell'Erario per Euro 845.780,00, con la conseguente impossibilità di accedere a nuove linee di credito, nonché la perdita di crediti per centinaia di migliaia di Euro e il ritardo nell'adempimento da parte della P.A. Dunque, l'adempimento all'obbligo tributario alla scadenza avrebbe irrimediabilmente compromesso l'operatività dell'azienda. Analogo effetto avrebbe avuto il mancato pagamento del debito erariale da oltre 845.000,00, nonché il mancato rientro dal finanziamento agevolato. Di conseguenza, la scelta di assicurare l'operatività aziendale e di corrispondere gli stipendi ai dipendenti è stata una scelta obbligata, e perciò idonea a determinare quel vulnus alla suitas della condotta con conseguente inquadramento dei fatti nell'ipotesi di cui agli artt. 45 e 54 c.p. 2.2. Deduce, con il secondo motivo di ricorso, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000, 45 c.p. o 54 c.p. e correlato vizio di manifesta contraddittorietà della motivazione. Il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver svolto un ragionamento illogico allorché ha premesso quella giurisprudenza di legittimità che ammette la prova liberatoria nel caso in cui l'imputato dimostri che il mancato assolvimento dell'obbligo tributario non sia ad egli imputabile e, tuttavia, ritenuto che doveva ritenersi irrilevante la prova dello stato di illiquidità in cui versava all'epoca l'azienda dell'imputato. 3. in data 2.05.2023 l'Avv., nell'interesse del ricorrente, ha chiesto procedersi con la trattazione orale del ricorso, autorizzata con provvedimento del presidente titolare di questa Sezione del 9.05.2023. In data 22.05.2023, peraltro, il predetto difensore ha depositato telemati-camente istanza di sospensione del processo sino alla corretta definizione della procedura a norma dell'art. 23, D.L. n. 34/2023, allegando in particolare la cartella di pagamento e la ricevuta di presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, c.d. Rottamazione quater, relativamente alla predetta cartella. Con provvedimento del Presidente titolare di questa sezione è stata rimessa al presidente del collegio la decisione sull'accoglimento o meno dell'istanza. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Deve, preliminarmente, essere rigettata l'istanza di sospensione del processo avanzata dalla difesa in base al disposto dell'art. 23, D.L. n. 34 del 2023. Detta disposizione, già oggetto di conversione in legge, operata dalla L. 26 maggio 2023, n. 56 (in G.U. 29/05/2023, n. 124), prevede infatti al comma 1 che i "reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1 (dunque, non nei casi di indebita compensazione per crediti inesistenti, n.d.r.), del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non sono punibili quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall'art. 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della L. 29 dicembre 2022, n. 197, purché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello". La presentazione dell'istanza davanti al giudice di legittimità, dunque, non è contemplata espressamente dalla norma in esame, con la conseguenza che il contribuente-imputato non potrà avvalersi della speciale causa di non punibilità introdotta dall'art. 23 citato, richiedendosi infatti la definizione delle "relative pro-cedure...prima della pronuncia della sentenza di appello". Che, del resto, la voluntas legis non fosse quella di estendere anche alla fase di legittimità l'applicazione di tale speciale causa di non punibilità emerge inequivocabilmente dal comma 3 della citata disposizione che limita la sospensione al "processo di merito". Peraltro, ad abundantiam, si osserva che l'istanza di sospensione non avrebbe potuto nemmeno essere accolta, ove tale possibilità fosse stata concessa anche davanti al giudice di legittimità, non avendo rispettato il contribuente-imputato il disposto del comma 2 dell'art. 23 citato, che, in particolare, richiede che il contribuente dia immediata comunicazione, all'Autorità giudiziaria che procede: a) o dell'avvenuto versamento delle somme dovute; b) o, in caso di pagamento rateale, del versamento della prima rata (contestualmente, informando l'Agenzia delle entrate dell'invio della predetta comunicazione, indicando i riferimenti del relativo procedimento penale). Nella specie, la difesa del contribuente-imputato ha semplicemente allegato, oltre a copia del decreto di citazione a giudizio davanti al tribunale di Vercelli ed alla copia della cartella esattoriale da cui risultano i carichi in essere, tra cui quelli relativo al debito IVA non assolto, la sola ricevuta di presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, da cui risulta aver egli opzio-nato il pagamento nel numero massimo di rate previsto dalla legge, senza tuttavia allegare, come pure la norma prevede, la prova del versamento della prima rata. 2. Tanto premesso, il ricorso, trattato oralmente a norma dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, è inammissibile. 3. I motivi di ricorso, intrinsecamente connessi, devono essere esaminati congiuntamente, è sono inammissibili per genericità nonché manifestamente infondati. 3.1. La sentenza impugnata applica correttamente l'art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000 con una motivazione immune da vizi logici. Il delitto di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto prevede una condotta mista; vi è una componente commissiva, costituita dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA da parte del soggetto obbligato, con un saldo debitorio superiore ad Euro 250.000,00, e una componente omissiva costituita dal mancato versamento dell'IVA autoliquidata dal contribuente-imputato. L'elemento soggettivo è rappresentato dal dolo generico, configurabile anche nella forma del dolo eventuale (Cass., Sez. 3, n. 34927 del 24 giugno 2013, Rv. 264882) non essendo richiesta la specifica finalità di evadere le imposte o di consentire l'evasione a terzi (Cass., Sez. Un., n. 37424 del 28 marzo 2013). Per la commissione del reato è sufficiente la volontà di non versare all'Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato. Il debito verso l'Erario in relazione al versamento dell'IVA è collegato al compimento delle operazioni imponibili e, pertanto, ogni qualvolta il soggetto obbligato effettua tali operazioni riscuote l'IVA dovuta e deve, quindi, accantonarla, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligo tributario. La prova del dolo e', perciò, di norma insita nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge la conoscenza in capo al contribuente di quanto è dovuto a titolo di imposta. Affinché sia integrato l'elemento soggettivo deve, tuttavia, sussistere in capo all'imputato la piena consapevolezza della illiceità della condotta ed e', infatti, orientamento consolidato nella giurisprudenza quello secondo cui il dolo non viene integrato dall'omesso pagamento in sé, bensì dalla scelta consapevole di porre in essere la condotta illecita rappresentata dall'omesso pagamento (Cass., Sez. 3, n. 8352 del 24 giugno 2014). I motivi della scelta del soggetto di non versare l'imposta non rilevano in alcun modo nella valutazione della colpevolezza. 3.2. Per escludere la colpevolezza invocando la crisi di liquidità, è necessaria la prova che detta crisi di liquidità non sia dipesa dalla scelta consapevole di non adempiere l'obbligo tributario. Inoltre, è richiesta la prova che la crisi finanziaria sia stata imprevedibile e che l'imputato, nella qualità di amministratore, abbia adottato tutte le misure idonee per evitare l'omissione del pagamento (Cass., Sez. 3, n. 39503 del 12 aprile 2017), non avendo potuto tempestivamente porre rimedio alla crisi per cause indipendenti dalla sua volontà (Cass., Sez. 3, n. 8352 del 24 giugno 2014, Rv. 263128 - 01). 3.3. Nel caso de quo, la sentenza impugnata specifica la ragioni per le quali il Giudice di primo grado ha errato nell'escludere la sussistenza dell'elemento soggettivo. La Corte di appello, correttamente rivalutando l'istruttoria dibattimentale alla luce dei principi espressi da questa Corte, ha accertato la sussistenza del dolo generico in capo all'imputato. La sentenza sottolinea che le ragioni valorizzate dal Tribunale per ritenere l'esistenza di una oggettiva impossibilità di adempiere all'obbligo tributario non apparissero idonee ad escludere la ricorrenza del reato. Rileva la Corte territoriale che la società, a fronte di una crisi di liquidità che si protraeva da anni, avrebbe dovuto preventivamente considerare nelle scelte di politica imprenditoriale la necessità di adempiere all'obbligo tributario. In ogni caso, emerge dalla sentenza che gli eventi dedotti dalla difesa a sostegno della crisi di liquidità, in particolare la revoca del finanziamento agevolato e la richiesta integrale di pagamento di un'imposta di Euro 845.780,00 da parte di Equitalia, erano antecedenti di ben tre anni ai fatti per i quali si procede e, dunque, ponevano l'imputato nelle condizioni di adottare le azioni adeguate a fronteggiare la crisi finanziaria. 3.4. La difesa del ricorrente rileva che sono stati rispettati gli oneri di allegazione, i quali come è noto devono investire non solo l'aspetto della non imputabilità al contribuente della crisi economica, ma anche la circostanza che la crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite ricorso a misure idonee (Cass., Sez. 3, n. 15416 del 8 gennaio 2014). Tuttavia, dalle motivazioni delle sentenze di merito emerge come l'imputato non abbia fornito gli elementi per poter accertare che egli abbia svolto azioni atte a fronteggiare le difficoltà economiche con misure adeguate, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale. Le allegazioni del ricorrente sono del tutto generiche e riguardano fatti non imponderabili, imprevisti ed imprevedibili, ma fatti che l'imputato conosceva e perciò poteva fronteggiare. Non emerge neppure la prova del tempestivo esercizio dei crediti, né della inesistenza di altre legittime fonti di finanziamento o comunque di iniziative volte a reperire i fondi per fronteggiare la crisi finanziaria. Questa Corte ha affermato che "in tema di reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, l'emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all'obbligo di versare comunque la relativa imposta sicché egli non può dedurre il mancato pagamento della fattura né lo sconto bancario della fattura quale causa di forza maggiore o di mancanza dell'elemento soggettivo" (Cass., Sez. 3, n. 38594 del 23.01.2018, Rv. 273958 - 01), e che "la colpevolezza del contribuente non è esclusa dalla crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo e, nel caso in cui l'omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell'IVA per altrui inadempimento, non siano provati i motivi che hanno determinato l'emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo" (Cass., Sez. 3, n. 23796 del 21 marzo 2019, Rv. 275967 - 01; Sez. 3, 29 ottobre 2015, n. 43599). L'omesso versamento dell'IVA dipeso dal mancato incasso per inadempimento dei propri clienti non esclude la sussistenza del dolo generico richiesto dall'art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000, atteso che l'obbligo del versamento prescinde dall'effettiva riscossione delle relative somme e che il mancato adempimento del debitore è riconducibile all'ordinario rischio di impresa, evitabile anche con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi (Cass. Sez. 3, n. 6506 del 24 settembre 2019, Rv. 278909 - 01; Cass., n. 27202 del 19 maggio 2022, Rv. 283347 - 01). 3.5. Il collegio ritiene di dover dare continuità a questo indirizzo giurisprudenziale, atteso che anche la giurisprudenza tributaria non collega la sussistenza del presupposto dell'obbligazione di pagamento dell'IVA da parte del soggetto obbligato all'avvenuta rimessa della relativa provvista da parte del soggetto finanziariamente tenuto a tenere indenne il suo dante causa dagli effetti dell'imposta. La struttura del reato non richiede, infatti, l'effettiva riscossione da parte del contribuente-imputato delle somme che egli sarà tenuto a versare a titolo di IVA. L'oggettiva impossibilità di adempiere assume rilevanza solo se è dovuta a causa di forza maggiore. La forza maggiore sussiste solo in quei casi in cui la realizzazione dell'evento stesso o la consumazione della condotta antigiuridica è dovuta all'assoluta ed incolpevole impossibilità dell'agente di uniformarsi al comando (Cass., Sez. 3, n. 8352 del 24 giugno 2014). E' l'assoluta impossibilità, e non la semplice difficoltà, di porre in essere il comportamento richiesto dalla norma ad integrare la causa di forza maggiore (Cass., Sez. 6, n. 10116 del 23 marzo 1990, Rv. 184856). "Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all'adempimento dell'obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l'inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento alla singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l'inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all'imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico". (Cass., Sez. 3, n. 8352 del 24 giugno 2014). 3.6. Nel caso in esame, non risulta che il ricorrente abbia provato di avere compiuto tutto quanto era in suo potere onde evitare di incorrere nella omissione tributaria. Per l'imprenditore il rischio della insolvenza da parte del debitore è un fattore ordinariamente riconducibile al rischio di impresa, tale, pertanto, da non integrare di regola un fattore idoneo ad escludere il dolo del reato. L'imprenditore deve approntare gli appropriati e prudenziali strumenti preventivi per far fronte, anche in relazione alle obbligazioni tributarie, agli eventuali inadempimenti contrattuali dei propri clienti. L'imputato si era, inoltre, rappresentato la mancanza delle risorse necessarie per assolvere l'obbligazione tributaria alla scadenza e, pertanto, non avendo egli svolto alcun atto idoneo a fronteggiare la crisi di liquidità, la sua condotta integra la fattispecie prevista dall'art. 10 ter D Igs. n. 74/2000. Per quanto detto, le doglianze mosse alla sentenza con l'atto di impugnazione risultano generiche, non confrontandosi con la motivazione della sentenza, e manifestamente infondate. Peraltro, il ricorso non aggiunge alcun elemento di novità idoneo a suscitare una diversa interpretazione in diritto dei fatti. I Giudici di appello ritengono pertanto correttamente che sia irrilevante la prova dello stato di illiquidità in cui versava all'epoca la società dell'imputato. 4. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 16 giugno 2023. Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2023
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