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Reati tributari

Omesso versamento IVA: il nuovo ravvedimento operoso previsto dall'art. 23 d.l. n. 34 del 2023 non può trovare applicazione retroattiva

Omesso versamento IVA

Cassazione penale sez. III, 13/09/2023, n.43569

Il nuovo ravvedimento operoso previsto dall'art. 23 d.l. n. 34 del 2023 ha introdotto una causa di non punibilità speciale che si affianca ma non sostituisce né estende l'applicazione della causa di non punibilità ex art. 13 d.lg. n. 74 del 2000.
Pertanto, non può trovare applicazione retroattiva.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con l'impugnata sentenza, resa il 27 maggio 2022, la Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Rieti con la quale l'imputato era stato condannato, alla pena sospesa di mesi otto di reclusione, perché ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10- ter, perché quale legale rappresentante della SG Soluzioni Logistiche spa, non versava l'imposta sul valore aggiunto dovuta, in base alla dichiarazione Iva relativa all'anno di imposta 2013, nel termine previsto per il pagamento dell'acconto Iva, per l'ammontare di Euro 3.998.335,00. In (Omissis); 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione, l'imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l'annullamento deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. attu. c.p.p.. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-ter, nonché il vizio di motivazione in relazione alla manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale. La Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la violazione contestata non essendo "dovuta l'imposta". Argomenta il difensore che, sebbene la norma faccia riferimento all'imposta dovuta in base alla dichiarazione, non di meno, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata non dovrebbe aversi riguardo alla mera indicazione dell'imposta sulla base della dichiarazione, ma occorrerebbe la verifica della sostanziale debenza in ragione del rapporto sottostante il sorgere del debito tributario e che questo gravi sul soggetto che ha presentato la dichiarazione. Secondo la tesi difensiva la sussistenza del reato andrebbe esclusa per mancanza dell'elemento oggettivo del reato in presenza di un dubbio che il debito tributario gravi sulla società che ha presentato la dichiarazione di imposta. In altri termini, non potrebbe ritenersi sussistente il reato qualora il soggetto che ha presentato la, dichiarazione non risulti, sulla base del rapporto contrattuale sottostante, che fosse obbligato al pagamento. Nel caso di specie, la società del ricorrente, in forza del contratto stipulato con la H3G, non era l'effettivo debitore dell'imposta. La corte territoriale avrebbe confermato la sentenza impugnata secondo una lettura meramente formalistica del dato normativo. 2.2. Con il secondo motivo deduce la mancata assunzione di una prova decisiva rappresentata dalla decisione della Commissione Tributaria provinciale di (Omissis), Affiancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. La corte territoriale non avrebbe valutato la prova sopravvenuta alla sentenza di primo grado rappresentata dalla decisione della Commissione Tributaria provinciale di (Omissis), con la quale era stato accolto il ricorso di S.G. Soluzioni Logistiche srl avverso una cartella di pagamento in relazione alla dichiarazioni dell'anno 2015, decisione rilevante che conferma, sulla base dell'assetto contrattuale stipulato tra le parti, che il debito tributario a fini Iva avrebbe dovuto gravare su H3G e non sulla S.G. Soluzioni Logistiche sri, svolgendo quest'ultima società solo prestazioni di logistica per conto di H3G, non essendo qualificabile l'attività di logistica svolta per conto di H3G quale contratto di commissione per la vendita per conto terzi. 2.3. Con il terzo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'elemento soggettivo del reato. L'imputato, che aveva assunto la carica di amministratore nel 2013, si era trovato a fronteggiare una crisi economica che si era già manifestata e non era a lui imputabile. La difesa aveva altresì allegato che l'imputato era stato raggirato da H3G e la sentenza impugnata a fronte di motivi di appello non avrebbe reso una congrua risposta. Infine, la sentenza impugnata non avrebbe valutato che, a fronte di un omesso versamento dell'imposta del 2013, ha chiesto una rateizzazione del debito che è stato interamente pagato prima della pronuncia della sentenza del Tribunale di Rieti. Il difensore ha depositato motivi nuovi. Con il primo motivo chiede l'applicazione della speciale causa di non punibilità introdotta dal D.L. n. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, in subordinata chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, in relazione all'art. 3, Cost., ove esso non dovesse ritenersi applicabile a procedure diverse - e meno favorevoli per il contribuente - di quelle previste dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197. Premesso che il ricorrente aveva estinto il debito tributario, mediante pagamento del debito, prima della sentenza di primo grado, nonostante il processo si trovi ormai in fase di legittimità, argomenta il difensore, che non sembra potersi ragionevolmente dubitare del fatto che la suddetta previsione normativa debba trovare applicazione anche nel presente caso, potendo trovare applicazione i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in una ipotesi del tutto analoga di successione di leggi penali, in relazione alla modifica del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13, operata attraverso il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 11 che ammettono l'applicazione della causa di non punibilità ai processi che si trovano nella fase del giudizio di legittimità. Secondo il difensore, appare evidente che principi analoghi a quelli teste' esaminati debbano trovare spazio anche nel caso di specie in cui, la causa di non punibilità, pur già presente nel testo del D.Lg. 74 del 2000, art. 13, per effetto delle modifiche introdotte dal D.Lg. 158 del 2015, art. 11, è stata tuttavia estesa nella sua applicabilità anche ai casi di pagamento integrale del debito intervenuti "prima della pronuncia della sentenza di appello e l'applicazione retroattiva della norma più favorevole nel frattempo intervenuta dovrebbe essere preclusa dalla circostanza che l'art. 23, D.L. 30 marzo 2023, fa riferimento alla definizione delle violazioni tributarie e al versamento delle somme dovute "secondo le modalità e nei termini previsti dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197art. 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252". Chiede l'annullamento con rinvio al fine di verificare che si sia prodotto l'effetto estintivo. In subordine chiede la declaratoria di prescrizione del reato maturata, tenuto conto dei periodi di sospensione del corso della prescrizione al (Omissis). CONSIDERATO IN DIRITTO 4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Deve premettersi che la materiale omissione del versamento dell'imposta dovuta da parte dell'imputato nella qualità di legale rappresentante della società non è oggetto di contestazione essendo le censure incentrate sulla interpretazione del dato normativo che individua la condotta del reato nell'omesso versamento delle imposte in base all'ultima dichiarazione, entro il termine per il versamento dell'acconto dell'anno successivo ((Omissis)), da parte dell'imputato. Secondo la prospettazione difensiva non sarebbe sufficiente l'accertamento dell'omissione del versamento dell'imposta che è riportata nella dichiarazione annuale, bensì sarebbe necessario l'accertamento dell'effettiva debenza in forza del rapporto contrattuale che origina il pagamento dell'iva e il suo successivo versamento (previa indicazione del debito nella dichiarazione annuale). Si tratta di una interpretazione del dato normativo suggestiva, ma manifestamente infondata. Muovendo dal dato testuale, la giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato che il reato di omesso versamento Iva è un reato omissivo proprio che si consuma al momento della scadenza prevista dalla legge (termine per il versamento dell'acconto per l'anno successivo) sulla base della dichiarazione Iva, e risponde dell'omissione il soggetto che al momento della scadenza del termine per compiere il versamento è il legale rappresentante della società che, di norma, è anche il soggetto che ha predisposto e sottoscritto la dichiarazione annuale a fini Iva che riassume tutte le operazioni impositive dell'imposta e ne calcola il debito/credito. Ai fini della integrazione del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, è necessario e sufficiente che l'imposta sul valore aggiunto non versata sia quella "dovuta in base alla dichiarazione annuale" essendo irrilevante, ai fini penali, le vicende sottostanti che hanno generato il debito. Questa Corte di legittimità ha chiarito che, ai fini della integrazione del reato di omesso versamento dell'IVA di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 art. 10- ter, D.Lgs. n. 74 del 2000, l'imposta dovuta è quella risultante dalla dichiarazione annuale del contribuente, e non quella effettiva desumibile dalle annotazioni contabili (Sez. 3, n. 31367 del 21/04/2021, Agic, Rv. 282211 - 01) e, ancora più chiaramente, che l'entità della somma da versare, costituente il debito IVA, è quella risultante dalla dichiarazione del contribuente e non quella effettiva, desumibile dalle annotazioni contabili (Sez. 3, n. 14595 del 17/11/2017, Strada, Rv. 272552 - 01). Il dato testuale è chiaro: il debito erariale è quello risultante dalla dichiarazione annuale sottoscritta dal contribuente, sia esso persona fisica che giuridica, e, come chiarito dalla pronuncia Strada, non deve risultare dai registri delle fatture emesse o dalla contabilità di impresa o, ancora, dal bilancio. La presentazione della dichiarazione, infatti, costituisce un presupposto necessario ai fini della consumazione del reato come espressamente indicato nella pronuncia Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013, Romano, in motivazione, tant'e' che l'autore del reato deve necessariamente rappresentarsi che l'oggetto della condotta omissiva è esattamente ed esclusivamente il debito dichiarato, non quello risultante aliunde (Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013, Romano, secondo cui la prova del dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia, entro il termine previsto). Il tema della non corrispondenza del debito dichiarato (superiore alla cd. "soglia") con quello che risulta dalla contabilità dell'impresa (in ipotesi ad essa inferiore) e/o dalla effettiva debenza derivante dal rapporto sottostante le singole operazioni commerciali che generano l'obbligo di versamento dell'imposta, non ha perciò alcuna rilevanza posto che, come già detto, la fattispecie, per chiara scelta legislativa, non è strutturata intorno al debito effettivo, ma solo a quello dichiarato. Le discrasie tra il debito erariale dichiarato e quello effettivo hanno il proprio terreno elettivo nei reati in materia di dichiarazione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2,3 e 4, i quali ben possono concorrere con quello di cui all'art. 10-ter (Sez. 3, n. 14595 del 17/11/2017, Strada, Rv. 272552 - 01). Ne consegue che è irrilevante, ai fini dell'integrazione della fattispecie di reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10- ter, la cliscrasia tra quanto dichiarato e quanto, eventualmente, risultante aliunde, essendo irrilevante, ai fini che qui rilevano, ogni accertamento sulla vicenda contrattuale sottostante da cui scaturisce l'obbligazione contrattuale. 5. Nel caso di specie risulta, dal testo della motivazione della sentenza impugnata, che i giudici del merito hanno fatto corretta applicazione del principio sopra richiamato e con motivazione ineccepibile sul piano del diritto, rilevato che il debito erariale risultante in base alle dichiarazione annuale del 2013, non era stato versato entro il termine per il versamento dell'acconto dell'imposta per l'anno successivo dal ricorrente, legale rappresentante della società al momento della scadenza del termine per il versamento, hanno escluso ogni rilievo sulla obbligazione di versamento dell'imposta della vicenda contrattuale sottostante (contratto di commissione per la vendita/contratto di somministrazione tra la S.G. srl e la H3G). Contrariamente all'assunto difensivo, non si tratta di una interpretazione formalistica della norma incriminatrice, bensìlkl'interpretazione letterale a presidio del principio di legalità. Consegue la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso. Essendo irrilevante sul debito erariale l'indagine sulla vicenda contrattuale sottostante, manifestamente infondata è la censura di mancata assunzione della prova decisiva costituita dalla decisione della commissione Tributaria. 6. Il secondo motivo di ricorso con cui si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva e', in conseguenza della manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso, anch'esso manifestamente infondato. Se non rileva, ai fini dell'integrazione della fattispecie penale di omesso versamento Iva, l'indagine sulla effettiva debenza in conseguenza del rapporto sottostante che ha generato il sorgere dell'obbligazione tributaria, consegue che la mancata acquisizione della pronuncia della Commissione Tributaria provinciale di Roma, in data (Omissis) non rilevava e dunque non sussiste il denunciato vizio denunciato. 7. Anche il terzo motivo di ricorso appare manifestamente infondato/inammissibile perché non si confronta con la sentenza impugnata che, quanto al profilo dell'elemento soggettivo, ha escluso che l'imputato fosse stato vittima di un raggiro da parte dell'altro contraente, ritenendo rtik, al contrario, che la conclusione del contratto e il suo rinnovo erano frutto di scelte imprenditoriali sbagliate e che l'impossibilità di far fronte al debito tributario era conseguenza di ciò e che la crisi di liquidità andava individuata nel tardivo e incompleto adempimento delle obbligazioni da parte di H3G, periodo nel quale la S.G. del ricorrente non aveva, peraltro, intrapreso iniziative a tutela della sua situazione economica e alla riscossione del credito. A fronte di una chiara motivazione il ricorrente non si confronta compiutamente risultando così il motivo affetto da genericità estrinseca (Cfr. pag. 7). 8. La difesa ha depositato motivi nuovi e segnatamente ha chiesto l'applicazione della causa di non punibilità introdotta del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, conv. con la L. 26 maggio 2023, n. 56. Il D.L. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, conv. con la L. 26 maggio 2023, n. 56, ha introdotto una nuova causa di non punibilità che espressamente qualifica come "speciale". Essa si affianca a quella prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 13, introdotta con la L. n. 158 del 2015 che non è ora interessata dalla nuova normativa. Anche per la causa di non punibilità di nuovo conio, essa consegue al pagamento del debito tributario, come già quella prevista dall'art. 13 rispetto alla quale la nuova disposizione presenta alcuni elementi comuni ed alcuni elementi diversi. Tra gli elementi comuni vi sono gli stessi reati per i quali opera, tra cui il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10- ter. Entrambe le disposizioni, inoltre, operano in presenza del medesimo presupposto dell'integrale versamento degli importi dovuti dal contribuente, che deve intervenire entro un certo termine individuato in rapporto al procedimento penale. Divergono le due previsioni quanto al termine entro cui deve intervenire il pagamento, rispetto al quale quello introdotto dall'art. 23 è più ampio, dovendo il pagamento intervenire prima della pronuncia della sentenza in grado di appello, e in relazione alle particolari modalità e termini per il pagamento del debito tributario che la L. n. 56 del 2023, art. 23, collega alla definizione delle violazioni e al versamento dei contributi "secondo le modalità e nei termini previsti dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, cioè secondo l'articolata disciplina introdotta dalla legge di bilancio. Sotto quest'ultimo profilo, l'art. 23 si applica in presenza di versamento del debito "secondo le modalità e nei termini previsti dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252. In ragione di queste differenze la causa di non punibilità di nuovo conio si affianca a quella già prevista dal D.Lg. n. 74 2000, art. 13, non essendo qualificabile, come sostiene la difesa, quale estensione della causa di non punibilità, già prevista dall'art. 13 cit., anche ai casi di pagamento integrale del debito intervenuti "prima della pronuncia della sentenza di appello" dovendo trovare applicazione retroattiva in quanto norma più favorevole nel frattempo intervenuta. E' proprio il riferimento alle "modalità" e ai "termini" indicati nei citati commi che delinea una nuova causa di non punibilità, avente presupposti specificatamente indicati1che viene ad affiancare quella generale prevista dall'art. 13 cit. e che non viene in rilievo in questa sede non potendo trovare applicazione per assenza dei presupposti. E' sufficiente leggere il tenore della L. 29 dicembre 2002, n. 197, art. 1 comma 153 per cogliere la diversità delle due previsioni e della non applicabilità della causa di non punibilità introdotta del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, conv. con la L. 26 maggio 2023, n. 56, ai fatti per cui è processo che riguardano, si rammenta, l'omesso versamento iva per l'anno 2013, dovuto sulla base della dichiarazione. La legge di bilancio 2023 (L. n. 197 del 2022) ha introdotto uno strumentario di norme che permette ai contribuenti di definire con modalità agevolate, e dunque in deroga alle regole ordinarie, la pretesa tributaria ovvero il relativo contenzioso. Ciò premesso, per quanto qui di interesse, il comma 153 fa espresso riferimento, quanto ai presupposti di applicazione, alle "dichiarazioni relative ai periodi d'imposta in corso al (Omissis), richieste con le comunicazioni previste del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis e art. 54-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali il termine di pagamento di cui al D.L. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2, comma 2, non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore della presente legge"... Il comma 154 disciplina le modalità di pagamento. Segue il comma 155 che fa riferimento al pagamento rateale ancora in corso di esecuzione e i commi successivi, fino al comma 158, si riferiscono temporalmente alle dichiarazioni relative ai periodi d'imposta in corso al (Omissis). Ne può trovare applicazione il comma 166 che riguarda solo le irregolarità formali che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta sul valore aggiunto. Seguono poi disposizioni che prevedono delle esclusioni dalla procedura di definizione agevolata e altre disposizioni sulle modalità di pagamento. Si tratta in ultima analisi di una disposizione nuova che introduce una causa di non punibilità "speciale", che viene ad affiancarsi, ma non sostituisce né estende l'applicazione della causa di non punibilità ex art. 13 cit.,sicché non può trovare applicazione nel procedimento penale in oggetto perché non sussistono i presupposti di applicazione. Non di meno, il ricorrente, che ha corrisposto l'intero debito tributario prima della sentenza di primo grado (ma non prima dell'apertura del dibattimento situazione che avrebbe comportato l'applicazione della causa di non punibilità del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 13), ha posto la questione di diritto dell'applicazione della ius supervenies del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, conv. con la L. 26 maggio 2023, n. 56, ai fatti di omesso versamento iva relativi all'anno di imposta 2013, questione di diritto che, seppur infondata per le ragioni sopra esposte, non può ritenersi manifestamente infondata, situazione che comporta il rilievo della causa estintiva della prescrizione del reato maturata nelle more del giudizio di legittimità. Resta da scrutinare la questione di legittimità costituzionale del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, conv. con la L. 26 maggio 2023, n. 56, per contrasto con l'art. 3 Cost. che, in ipotesi di fondatezza della questione, sarebbe rilevante perché più favorevole per l'imputato l'applicazione della causa di non punibilità in luogo della pronuncia di estinzione del reato. Ritiene il Collegio che la questione di legittimità costituzionale del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, art. 23, conv. con la L. 26 maggio 2023, n. 56, per contrasto con il principio di eguaglianza nel riconoscere la causa di non punibilità al contribuente che ha estinto il debito tributario prima della conclusione del processo di appello, alle più favorevoli condizioni introdotte dopo la pandemia e negarla al contribuente che ha raggiunto lo stesso risultato, nei termini previsti dalla causa di non punibilità, senza potersi giovare delle agevolazioni introdotte con le richiamate disposizioni della L. 29 dicembre 2022, n. 197, è manifestamente infondata atteso che appartiene alla discrezionalità del legislatore stabilire per quali periodi fiscali e a quali condizioni possa riconoscersi rilievo, a fini di esclusione della punibilità, del pagamento del debito tributario secondo scelte di politica legislativa che non appaiono manifestamente irragionevoli. La differenza di trattamento che la difesa ritiene in violazione del principio di eguaglianza trova la sua giustificazione dalla dichiarata intenzione del legislatore di adottare "Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fisc:ali", situazione che determina la non irragionevolezza del trattamento di favore nei confronti di coloro che possono aderire alla definizioni del contenzioso tributario con le modalità e tempi ivi previsti nel periodo post pandemico rispetto a quelli precedenti. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Così deciso in Roma, il 13 settembre 2023. Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2023
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