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Reati tributari

Omesso versamento IVA: il ravvedimento operoso non è condizione per il patteggiamento

Omesso versamento IVA

Cassazione penale sez. III, 23/11/2018, n.10800

L'estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell'apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità del patteggiamento ai sensi del richiamato art. 13 bis, in quanto l'art. 13, comma 1 configura tale comportamento come causa di non punibilità dei delitti ex artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di appello di Perugia ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 22 maggio 2018, con cui il G.U.P. presso il Tribunale di Spoleto ha applicato a B.F. la pena concordata di anni uno e mesi otto di reclusione, in ordine ai reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 5 e 10, commessi tra il 2011 e il 2013 nella veste di titolare della ditta individuale "B.F. Network di B.F.". Con l'unico motivo di censura, il Procuratore ricorrente lamenta l'inosservanza o l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13 bis, prescrivendo tale norma che l'applicazione della pena concordata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., può essere chiesta dalle parti solo dopo l'estinzione dei debiti tributari con il pagamento delle sanzioni amministrative e degli interessi, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento. Nel caso di specie, invece, questa condizione non si era verificata, per cui il Pubblico Ministero non avrebbe dovuto prestare il proprio consenso al patteggiamento, fermo restando che il G.U.P. avrebbe dovuto, d'ufficio, verificare la ritualità della richiesta del rito alternativo, tanto più che il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13 bis, è una norma di natura processuale che si applica anche nei procedimenti incardinati per i reati consumati prima della sua introduzione. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile. Occorre premettere che, ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13 bis, comma 2, introdotto dal D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 12, l'applicazione della pen ex art. 444 c.p.p., per i delitti tributari previsti dal medesimo D.Lgs. n. 74 del 2000, può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonchè il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all'art. 13, commi 1 e 2; a sua volta, l'art. 13 bis, comma 1, richiamato espressamente dal comma 2, prevede che, fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell'art. 12, se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie. Dunque, in forza del combinato disposto dell'art. 13 bis, commi 1 e 2, la condizione per accedere al patteggiamento, per i reati tributari previsti dal D.Lgs. n. n. 74 del 2000, è costituita dal preventivo e integrale pagamento del debito, delle sanzioni e degli interessi, nonchè dal ravvedimento operoso. Tale regola generale subisce tuttavia talune eccezioni. L'art. 13 bis, comma 2, fa infatti salvi i casi di cui all'art. 13, commi 1 e 2. In tal senso, occorre infatti evidenziare che, ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13, i reati ex artt. 10 bis e 10 ter, e art. 10 quater, comma 1, del predetto decreto non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonchè del ravvedimento operoso. L'art. 13, comma 2, dispone poi che i reati ex artt. 4 e 5, non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, semprechè il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. Dunque, come già affermato da questa Corte (Sez. 3, n. 38684 del 12/04/2018, Rv. 273607), in relazione al delitto di omesso versamento dell'iva (ma il discorso vale anche per i reati di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e di indebita compensazione), l'estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell'apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità del patteggiamento ai sensi del richiamato art. 13 bis, in quanto l'art. 13, comma 1 configura tale comportamento come causa di non punibilità dei delitti ex artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili. A conclusioni analoghe deve pervenirsi anche con riferimento ai delitti di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 4 e 5, per i quali parimenti è previsto che il ravvedimento operoso costituisce causa di non punibilità e dunque non può configurare una condizione per accedere al rito alternativo del patteggiamento. Nel caso di specie, essendovi tra i due reati contestati all'imputato anche quello D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 5, deve ritenersi che, rispetto a tale fattispecie, ben poteva avere luogo il rito del patteggiamento anche senza la preventiva verifica dell'esistenza da parte del giudice del ravvedimento operoso che, ove vi fosse stato, avrebbe determinato la non punibilità di B.. Ma anche con riferimento all'ulteriore reato contestato, ovvero quello avente ad oggetto il delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, non appare decisiva la mancata verifica della condizione richiesta dall'art. 13 bis, comma 2. Non risulta infatti che per l'occultamento o la distruzione delle scritture contabili oggetto di imputazione sia maturato un debito tributario a carico di B. o gli siano state inflitte delle sanzioni amministrative che egli avrebbe potuto estinguere prima di accedere al rito alternativo, non potendosi sottacere che il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, configura un delitto che, a differenza degli altri reati previsti dal medesimo decreto, non è ancorato all'esistenza di un profitto o di un danno erariale quantificabili, nè prevede un meccanismo automatico di irrogazione di una sanzione amministrativa, ad esempio ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, per cui rispetto a tale fattispecie il preventivo accertamento dell'estinzione integrale del debito o del ravvedimento operoso risulta inesigibile, a meno che non si verifichi che nei confronti dell'imputato, in relazione alla peculiare condotta illecita descritta dal predetto art. 10, sia eventualmente maturato uno specifico debito erariale che avrebbe potuto essere estinto dal contribuente con gli istituti all'uopo previsti dal sistema tributario. Nel caso di specie ciò non risulta, per cui, sia pure per ragioni diverse da quelle riferibili alla fattispecie di cui all'art. 5, deve concludersi che i due reati tributari contestati a B. non richiedevano la preliminare verifica giudiziale sull'esistenza del ravvedimento operoso o sull'estinzione dei debiti tributari. Ne consegue che la sentenza di applicazione di pena concordata deve ritenersi legittimamente emessa dal G.U.P. di Spoleto, per cui il ricorso del P.M., facendo riferimento alla mancata configurabilità di presupposti normativi in realtà non applicabili nel caso di specie, deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del P.M.. Così deciso in Roma, il 23 novembre 2018. Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2019
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