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Reati tributari

Omesso versamento IVA: l'omessa azione di recupero crediti esclude l'esimente della forza maggiore

Omesso versamento IVA

Tribunale Terni, 10/05/2016, n.624

Il contribuente è chiamato ad accantonare nel corso dell'anno le somme dovute all'erario, nonché a riscuotere l'IVA dagli acquirenti dei beni o dei servizi, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria assunta.
Se sceglie di non agire in questo modo, omettendo volontariamente e scientemente di non intraprendere alcuna azione per il recupero di quanto alla stessa dovuto, e alla scadenza del termine per il versamento si trova nell'oggettiva impossibilità di adempiere al proprio obbligo tributario, il contribuente non solo non potrà invocare la crisi di liquidità per escludere la colpevolezza, ma neppure l'esimente della forza maggiore, di cui all'art. 45 cod. pen., sussistente in tutti i casi nei quali l'agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge e che per cause indipendenti dalla sua volontà non vi era la possibilità di impedire l'evento o la condotta antigiuridica, atteso che è stato più volte precisato che la situazione di difficoltà finanziaria dell'imprenditore, anche laddove provata, non costituisce causa di forza maggiore che esclude la responsabilità penale

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La sentenza integrale

Svolgimento dei processo e motivi della decisione Con decreto di citazione diretta a giudizio, emesso dal P.M in sede in data 16.10.14, veniva disposto il rinvio a giudizio di G.M., chiamata a rispondere dinanzi all'intestato Tribunale del reato p. e p. dall'art. 10 ter del D. Lvo n. 74/00, per non aver versato, nella sua qualità di legale rappresentante della Soc. Interpark Servizi per l'Ecologia Srl, l'imposta sul valore aggiunto per il periodo di imposta 2009 per un importo complessivo di euro 349.186,00. All'udienza del 10.03.2015, assente l'imputata, regolarmente citata e non comparsa senza addurre alcun legittimo impedimento per la propria assenza, dichiarato aperto il dibattimento, venivano ammessi i mezzi istruttori richiesti dalle parti, acquisita la documentazione prodotta e rinviato il processo per l'escussione dei testi ammessi. All'udienza del 13.10.15 veniva escusso il teste del P.M., M.O., Funzionario presso l'Agenzia delle Entrate di Terni, previa sostituzione del teste originariamente indicato dal P.M., la quale, con dovizia di particolari e con estrema precisione, riferiva che l'Ufficio di appartenenza aveva proceduto ad un controllo della dichiarazione dei redditi presentata dalla Soc. Interpark Servizi per l'Ecologia srl, relativamente all'anno di imposta 2009, all'esito del quale emergeva che la suddetta società non aveva versato l'I VA dovuta, ammontante ad euro 349.146,00. All'esito della compiuta istruttoria, all'odierna udienza, dichiarato chiuso il dibattimento ed invitate le parti a concludere, questo giudicante, avendo accertato l'avvenuta piena realizzazione della condotta omissiva posta in essere dall'imputata, così come contestato dal P.M., emetteva sentenza di condanna nei confronti dell'imputata, previa lettura del solo dispositivo e riservando nei termini di legge il deposito della motivazione. Orbene, dai documenti prodotti e dalle dichiarazioni testimoniali assunte è emerso che l'odierna imputata, legale rappresentante della Soc. Interpark Servizi per l'Ecologia Srl, corrente in Terni, ometteva di versare l'iva risultante dalla dichiarazione annuale per il periodo di imposta 2009. Questo giudicante, già aderente in altre fattispecie al percorso di apertura giurisprudenziale che, seguendo il tracciato già individuato dalla dottrina, ha individuato nella crisi di liquidità dell'azienda l'elemento decisivo affinché si configuri una sorta di "forza maggiore" in grado di interrompere il nesso psichico, ritiene che nel caso di specie l'assenza dell'elemento psicologico del dolo, cosi come prospettato dalla difesa, non puo' essere desunto semplicemente dal fatto che all'odierna imputata sia materialmente mancato il denaro necessario per coprire l'Iva dovuta in conseguenza del mancato pagamento di quanto, a sua volta, alla stessa dovuto da terzi debitori della Società. Ed invero, premesso che la situazione di grave difficoltà economica in cui versano molte imprese, spesso dovuta proprio all'insolvenza delle pubbliche amministrazioni, è stata recentemente elevata dai giudici di merito al rango di causa non imputabile all'agente, estranea alla inaiagestia della vita aziendale, per cui sufficiente a generare la possibilità che l'omissione contributiva non si sia prodotta per volontà dell'imputato, sul piano probatorio, tale circostanza non puo' che essere catalogata alla stregua di una "prova contraria", per cui è rimessa all'onere della difesa. Ed invero, con la sentenza n. 5467 del 5/2/2014 la Cassazione ha ribadito che, nei casi di mancato versamento, non si puo' escludere in astratto l'assenza di dolo o l'assoluta impossibilità di assolvere all'obbligazione tributaria per la crisi di liquidità, occorrendo anche provare la non imputabilità al contribuente della crisi e che detta crisi non puo' essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure, sempre da valutarsi in concreto. Non solo, con la sentenza n. 23532 del 14/5/2014, la Cassazione ha ribadito la tesi già sostenuta anche dalle Sezioni Unite, sentenza n. 37424 del 28.3.2013, secondo cui, poiché molte delle condotte penalmente sanzionate dal D.Lgs. 74/2000 richiedono che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte, mentre questa specifica direzione della volontà illecita non emerge in alcun modo dal testo degli articoli 10 bis e 10 ter D.Lgs. 74/2000, i reati in questione devono ritenersi punibili a titolo di dolo generico. Pertanto, per la commissione di tali reati deve ritenersi sufficiente la coscienza e volontà di non versare all'Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato, con la precisazione che tale coscienza e volontà deve investire anche la soglia punitiva prevista per legge, che è un elemento costitutivo del fatto, contribuendo a definirne il disvalore. Nel caso di specie, le circostanze prodotte dalla difesa non hanno provato il carattere terzo delle cause della crisi finanziaria della società rispetto alla volontà di omettere il versamento; ed invero non solo la difesa non ha documentato l'importo del credito effettivamente vantato dalla Società gestita dalla G. nei confronti di terzi o della pubblica amministrazione ma neppure ha provato di aver invano tentato di recuperare tali somme. L'unico dato certo emergente dall'istruttoria è Tingente importo non versato dalla G., nella sua qualità, a titolo di Iva così come risultante dalla dichiarazione annuale. Nessuna prova circa l'impossibilità di accantonare tale somme nel corso dell'anno, né tantomeno di non aver mai incassato le somme dichiarate nel Modello Unico relativamente all'anno 2009. Del resto neppure l'intervenuto fallimento della Società di cui in rubrica puo' considerarsi sufficiente, nella generalità dei casi, a scriminare il mancato versamento dell'imposta. Per costante giurisprudenza, ormai, è pacifico che il contribuente è chiamato ad accantonare nel corso dell'anno le somme dovute all'erario, nonché a riscuotere l'IVA dagli acquirenti dei beni o dei servizi, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria assunta. Se sceglie di non agire in questo modo, omettendo volontariamente e scientemente di non intraprendere alcuna azione per il recupero di quanto alla stessa dovuto, e alla scadenza del termine per il versamento si trova nell'oggettiva impossibilità di adempiere al proprio obbligo tributario, il contribuente non solo non potrà invocare la crisi di liquidità per escludere la colpevolezza, ma neppure l'esimente della forza maggiore, di cui all'art. 45 cod. pen., sussistente in tutti i casi nei quali l'agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge e che per cause indipendenti dalla sua volontà non vi era la possibilità di impedire l'evento o la condotta antigiuridica, atteso che è stato più volte precisato che la situazione di difficoltà finanziaria dell'imprenditore, anche laddove provata, non costituisce causa di forza maggiore che esclude la responsabilità penale, (v. Cass. Sez. 3, n. 37528 del 12.6.2013). L'imputata, infine, non ha dato alcuna prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, né di aver posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà. Alla luce di tali risultanze, l'imputata deve essere dichiarata colpevole del reato alla stessa ascritto in rubrica. P.Q.M. Visti gli art. 533 e 535 cpp, Dichiara G.M. colpevole del reato alla stessa ascritto in rubrica e, riconosciute le attenuanti generiche, la condanna alla pena di mesi 4 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa. Indica in giorni 15 il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Terni il 10.05.2016. Il Giudice Dr.ssa Elisa Fornaro
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