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Reati tributari

Omesso versamento IVA: sull'onere di allegazione in caso di crisi di liquidità

Omesso versamento IVA

Cassazione penale sez. III, 06/06/2019, n.41602

L'imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito erariale, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l'azienda, sia l'aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto, occorrendo cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 9 luglio 2018, la Corte di appello di Campobasso confermava la sentenza del 24 marzo 2016, con cui il Tribunale di Isernia, all'esito di rito abbreviato, aveva condannato P.M.G. alla pena di mesi 8 e giorni 20 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter (capo B) e art. 10 quater (capo C) a lui contestati perchè, quale legale rappresentante della Professional service s.r.l., con sede in (OMISSIS), esercente l'attività di consulenza nel settore delle tecnologie informatiche, ometteva di versare l'Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale 2012 con riguardo all'anno d'imposta 2011, per un importo pari a Euro 480.639 (capo B), e per non avere versato altresì, con riguardo all'anno d'imposta 2012, le somme dovute all'Erario, compensando con modelli F24 ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali non dovute, in quanto afferenti a un credito Ires 2011 per l'ammontare di Euro 323.946,44, credito che, alla luce delle perdite fiscali dichiarate per gli anni 2010 e 2011, doveva considerarsi inesistente (capo C). 2. Avverso la sentenza della Corte di appello molisana, P., tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo, la difesa deduce il difetto di motivazione della sentenza e il travisamento del fatto, evidenziando che la Corte territoriale non si era confrontata adeguatamente con le deduzioni difensive, con cui era stato dimostrato che la società amministrata da P. si era improvvisamente trovata di fronte all'oggettiva impossibilità di utilizzare i crediti che la stessa vantava nei confronti dei propri clienti e terzi soggetti, rimasti bloccati e inutilizzabili, per un importo complessivo di Euro 1.124.619,83, essendo stato in particolare comprovato, in base alla semplice lettura del registro delle fatture della società, che il 90% dell'attività svolta dalla Professional service s.r.l., avveniva in favore della Retis s.p.a., di fatto sua unica cliente, tanto che il destino finanziario di quest'ultima aveva inevitabilmente inciso su quello della società amministrata dal ricorrente. Con il secondo motivo, infine, viene censurato, sotto il profilo del difetto di motivazione, il giudizio di colpevolezza dell'imputato rispetto al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater evidenziandosi al riguardo che la Corte di appello non aveva dato risposta all'obiezione difensiva secondo cui la sentenza del Tribunale si era basata su un allegato, il n. 12, che non risultava presente nel fascicolo del P.M., il che imponeva l'assoluzione dell'imputato per la carenza della prova documentale; inoltre, i giudici di secondo grado non avrebbero affrontato l'ulteriore doglianza, secondo cui la condanna dell'imputato era stata fondata sulla mera deduzione del luogotenente T., secondo cui ogniqualvolta vi è una perdita non vengono versate imposte, non essendo stato accertato se la perdita abbia inciso sulla base imponibile per un valore inferiore all'ammontare dell'Ires. In particolare, non sarebbe stato considerato dalla Corte territoriale che il contribuente può versare acconti Ires modulati sulla dichiarazione dell'anno precedente, salvo conguaglio a chiusura dell'anno fiscale: laddove si fosse riscontrata una simile circostanza, ben si sarebbe potuto accertare l'effettivo versamento di acconti superiori a quanto effettivamente dovuto, potendosi generare un credito d'imposta, pur in presenza di una perdita dichiarata a bilancio. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è infondato. 1. Iniziando dal primo motivo, deve rilevarsi che, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, la Corte di appello non ha mancato di confrontarsi con le deduzioni difensive, evidenziando, in ordine alla doglianza relativa alla carenza dell'elemento soggettivo del reato, che non era stato dimostrato in che misura la situazione economica del principale committente (la Retis s.p.a.) della società Professional service s.r.l. abbia inciso sulla vita economica di quest'ultima, e in che modo l'imputato si fosse attivato per affrontare le denunciate difficoltà finanziarie. Tale impostazione risulta coerente con la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 20266 dell'8/4/2014, Rv. 259190, Sez. 3, n. 8352 del 24/6/2014, Rv. 263128, Sez. 3, n. 5467 del 5/12/2013, Rv. 258055 e Sez. 3, n. 20725 del 27/3/2018, non mass.), secondo cui l'imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito erariale, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l'azienda, sia l'aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto, occorrendo cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili. Nè può ritenersi pertinente il richiamo difensivo al registro delle fatture, non solo perchè sul punto il ricorso sconta palesi limiti di autosufficienza, ma anche e soprattutto perchè la prova documentale di cui la difesa lamenta la mancata considerazione non è affatto in grado di dimostrare i presupposti della inesigibilità del versamento dell'iva, ovvero la non ascrivibilità all'imputato del dissesto economico e l'impossibilità di adempiere l'obbligazione tributaria anche ricorrendo ad altre misure idonee, profili questi rimasti estranei alla prospettazione difensiva. Di qui l'infondatezza della doglianza. 2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi rispetto al secondo motivo. Ed invero, in ordine alla sussistenza del delitto di indebita compensazione di cui al capo C), le due conformi sentenze di merito, le cui motivazioni sono destinate a integrarsi per formare un corpus argomentativo unitario, hanno evidenziato come dal processo verbale di constatazione e dagli accertamenti svolti dai finanzieri T., F. e Fa. sia emerso che, a fronte della conclamata violazione degli obblighi di versamento delle imposte relative all'anno 2010, la società gestita da P. dichiarava una perdita fiscale pari a Euro 837.874, che compensava con 25 modelli F24 per Euro 634.578, utilizzando un credito Ires rivelatosi inesistente, tanto più che lo stesso è stato rivendicato in un contesto economico societario contraddistinto da gravissime perdite e da mancati versamenti di imposte erariali. Orbene, il giudizio di colpevolezza operato dai giudici di merito, in quanto sorretto da argomentazioni non irrazionali, ancorate a una disamina coerente del materiale istruttorio, non presta il fianco alle censure difensive, che invero risultano sollevate in termini assertivi e non adeguatamente specifici, non essendo stato addotto alcun elemento concreto idoneo a smentire il dato dell'inesistenza del credito Ires, fondato invero su una correlazione logica delle fonti dimostrative disponibili. Allo stesso modo, quanto all'obiezione relativa al mancato rinvenimento della prova documentale di cui all'allegato 12, deve rimarcarsi che nè il Tribunale nè la Corte di appello hanno fatto riferimento, nelle rispettive sentenze, a questo documento, il cui contenuto invero non è stato indicato neanche dalla difesa, il che vale a rendere la relativa doglianza generica e comunque priva di fondamento. 3. In conclusione, non essendo ravvisabile alcun vizio di legittimità nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, il ricorso proposto nell'interesse di P. deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Motivazione semplificata. Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019. Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2019
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