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Reati tributari

Omesso versamento IVA: sul sgravio e l'annullamento della cartella

Omesso versamento IVA

Cassazione penale sez. III, 13/06/2019, n.36309

Lo sgravio è qualcosa di completamente diverso dall'annullamento della cartella da parte di un giudice o dello stesso agente della riscossione, dal momento che esso proviene dall'ente impositore il quale, in tal modo, formalizza la cancellazione della propria pretesa.
Il provvedimento di sgravio fiscale emesso dall'Agenzia delle Entrate ha invero natura di atto pubblico fidefacente, ed è costitutivo dell'effetto di estinzione del debito erariale

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 5 novembre 2018 il Tribunale di Messina, quale Giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha rigettato l'appello proposto per conto di R.F., indagato per il reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-ter in qualità di legale rappresentante della s.r.l. Sicilservice Cnd, nei confronti dell'ordinanza del 5 marzo 2018 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha rigettato la richiesta di revoca, totale o parziale, del sequestro preventivo per equivalente a suo tempo disposto fino a concorrenza di Euro 383.246,00. 2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione con un motivo di impugnazione. 2.1. In particolare, il ricorrente ha eccepito vizio di motivazione e violazione di legge, dal momento che andava censurata l'affermazione contenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui non era venuta meno la pretesa fiscale ancorchè fosse stata annullata, per vizio formale, la cartella di pagamento in esito a giudizio tributario. Al contrario, erano invece venuti meno il profitto ed il prezzo del reato, e quindi il presupposto della misura cautelare. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 4. Il ricorso è inammissibile. 4.1. In relazione al motivo d'impugnazione proposto, è stato correttamente rilevato ad es. che il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all'ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della Commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di "sgravio" da parte dell'Amministrazione finanziaria (Sez. 3, n. 39187 del 02/07/2015, Lombardi Stronati, Rv. 264789). Siffatto sgravio, infatti, renderebbe privo di qualsiasi giustificazione "allo stato" (secondo la peculiare natura del giudizio cautelare, necessariamente rebus sic stantibus) il mantenimento del sequestro in assenza di qualsivoglia "attuale" pretesa erariale, sembrando non esservi infatti nell'attualità nulla da salvaguardare a seguito non solo dell'annullamento degli avvisi di accertamento ma anche del conseguente provvedimento di "sgravio" del debito tributario, ciò che manifesterebbe l'assenza, appunto, attuale, di pretese erariali, rendendo quindi illegittimo il sequestro funzionale alla confisca per equivalente di un profitto, in atto, inesistente (così, in motivazione, Sez. 3 n. 39187 cit.). E' noto, al riguardo, che lo sgravio è qualcosa di completamente diverso dall'annullamento della cartella da parte di un giudice o dello stesso agente della riscossione, dal momento che esso proviene dall'ente impositore il quale, in tal modo, formalizza la cancellazione della propria pretesa. Il provvedimento di sgravio fiscale emesso dall'Agenzia delle Entrate ha invero natura di atto pubblico fidefacente, ed è costitutivo dell'effetto di estinzione del debito erariale (Sez. 5, n. 34912 del 07/03/2016, Machì, Rv. 267832). In specie, esso non risulta essere intervenuto. 4.1.1. Ciò posto, il ricorso, che invece deduce il venire meno della pretesa tributaria traendo spunto dalla decisione della Commissione tributaria di Messina, la quale aveva annullato la cartella di pagamento anche relativamente all'imposta sul valore aggiunto non versata per l'anno 2013, non si confronta col contenuto del provvedimento impugnato. In proposito infatti era stato dato atto che l'annullamento era intervenuto per un vizio formale del procedimento, e che ciò non esplicava appunto influenza sulla pretesa creditoria dell'Amministrazione finanziaria. 4.1.2. La considerazione si presenta del tutto assorbente, e rende manifestamente infondata l'impugnazione. 5. Ne consegue l'inammissibilità del ricorso. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2019. Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2019
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