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Reati tributari

Omesso versamento IVA: sulla configurabilità del reato

Omesso versamento IVA

Tribunale Spoleto, 17/01/2017, n.11

Il novellato delitto di cui all'art. 10 ter annovera, fra i suoi elementi costitutivi, indispensabili per potersi configurare la fattispecie astratta delineata dalla norma incriminatrice, una condotta omissiva (il mancato versamento dell'IVA dovuta) propria (da parte del contribuente soggetto all'obbligazione tributaria) e peculiare per modalità esplicativa (il quantum ex lege prefissato di danno prodotto).

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La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione a giudizio del 26 aprile 2016, R. veniva chiamato, davanti a questo Tribunale, per rispondere del reato di cui all'art. 10 ter del D.Lvo n. 74/2000. Alla prima udienza del 17.01.17, verificata la ritualità delle notifiche e così accertata la regolare costituzione delle parti, veniva dichiarato aperto il dibattimento e le parti costituite, invitate alla discussione, concludevano nei termini indicati in epigrafe. MOTIVI DELLA DECISIONE In fatto, all'imputato, quale legale rappresentante della ditta S. soc. coop. a r.l., è stato ascritto l'omesso versamento, entro il termine di legge, dell'iva dovuta, in base alla dichiarazione 2011, per l'anno di imposta 2010. L'ammontare del tributo evaso è risultato, come si legge dal capo di imputazione, pari ad Euro 121.481. Ebbene, stanti queste premesse fattuali, è evidente che l'imputato, se legittimamente è stato rinviato a giudizio sulla base della previgente formulazione della norma incriminatrice, non potrà essere qui (più) condannato, posto che, a seguito della riforma legislativa, sopravvenuta rispetto alla data di commissione del fatto ed ispirata dal chiaro fine di alleggerire il carico penale, la soglia di punibilità per il reato in esame è stata elevata ad Euro 250.000 per ogni periodo di imposta (cfr. l'art. 8 del D.L.vo n,158/2015 che in tal senso ha modificato - in. "continuità normativa" e a far data dal 22 ottobre 2015 - l'art. 10 ter del D.Lvo n. 74/2000). In buona sostanza, la novella, in un'ottica di selezione categoriale, ha previsto un nuovo limite minimo "quantitativo" (parametrato all'ammontare dell'IVA dovuta e non versata) per la rilevanza penale della condotta, così "spostata in avanti", lasciando all'area dell'illecito amministrativo (per non essere idonei a ledere il bene giuridico protetto dalla - nuova - norma incriminatrice) quei fatti di evasione ritenuti (a priori) di scarso rilievo economico e di modesta offensività per gli interessi dell'Erario. Nel caso di specie, per adattare gli assiomi alle circostanze concrete, il fatto storico (per la quota di imposta evasa) non può (più) essere sussunto alla (modificata) fattispecie astratta di reato e quindi l'imputato dovrà essere prosciolto dall'imputazione ascrittagli. Alla luce, infatti, dell'art. 2 comma 4 c.p., trattandosi di ipotesi di diversità previsionali (in punto di soglia di punibilità) fra legge del tempo dì commissione del reato e legge sopravvenuta, si applica quella contenente le disposizioni più favorevoli al reo (i.e., il D.L.vo n.158/2015). L'unico problema degno di essere approfondito è allora, semmai, legato all'individuazione della "formula" di proscioglimento più corretta per rappresentare l'impatto della novella sul processo in corso, astrattamente potendosi optare fra le diverse soluzioni del "fatto non è più previsto dalla legge come reato" o del "fatto non sussiste" (per tale ultima formula propende la unanime giurisprudenza formatasi in tema di reati tributari post riforma: cfr., Cass. n.48585/16, Stizioli: Cass. n.35611116, Monni; Cass. 6105116, Marchese; Cass., 3098116, Vanni). Come noto, la prima tipologia di proscioglimento presuppone che manchi (o venga a mancare per eventi sopravvenuti) una norma incriminatrice (ovvero, una fattispecie astratta) alla quale possa essere ricondotto il fatto concreto, per cui, onde poter applicare la relativa formula al caso di specie, bisognerebbe ipotizzare un'intervenuta "abrogazione della norma incriminatrice per i fatti di evasione che si pongono al di sotto della nuova soglia di punibilità". Se così è, non può allora che ritenersi preferibile la contrapposta formula del "fatto non sussiste" perché, diversamente opinandosi, si dovrebbe come vistosi -- discettare di una abolitio criminis giocoforza "implicita e parziale" e, quindi, facilmente attaccabile sotto il profilo dogmatico. Peraltro, non è soltanto una questione di improprio adattamento della dizione "il fatto non è più previsto dalla legge come reato" ad un caso in cui la condotta (di omesso versamento dell'imposta dovuta) viceversa continua ad essere prevista dalla normativa di settore come fattispecie delittuosa (seppure a variate condizioni), né dì maggiore forza liberatoria (per escludere solo la insussistenza del fatto ogni forma di responsabilità dell'imputato) e/o dì minore pregiudizialità in altri ambiti (per essere la medesima insussistenza del fatto produttiva di effetti giuridici extrapenali più favorevoli per l'imputato) della formula "il fatto non sussiste". É piuttosto l'analisi della struttura del reato a dimostrare come meglio si adatti alla vicenda processuale in esame tale ultima formula di assoluzione. Ed invero, l'integrazione (o il superamento) della nuova soglia minima di punibilità rappresenta un requisito necessario per il perfezionamento giuridico della fattispecie "tipica", ovvero, un elemento essenziale (di natura oggettiva) del fatto reato, contribuendo a definirne il complessivo disvalore penale. In altri termini, il novellato delitto di cui all'art. 10 ter annovera, fra i suoi elementi costitutivi, indispensabili per potersi configurare la fattispecie astratta delineata dalla norma incriminatrice, una condotta omissiva (il mancato versamento dell'IVA dovuta) propria (da parte del contribuente soggetto all'obbligazione tributaria) e peculiare per modalità esplicativa (il quantum ex lege prefissato di danno prodotto). Non a caso, la (nuova) soglia di punibilità deve anche formare oggetto del dolo (generico), individuabile in capo al soggetto agente come volontà cosciente di non versare l'imposta nella consapevolezza che il tributo evaso integra o supera per ammontare simile soglia. Per altro verso, la circostanza per cui senza il soddisfacimento del requisito di soglia il reato non può dirsi perfezionato impedisce dì qualificare -contrariamente a quanto da taluno sostenutosi -- il requisito medesimo in forma di "condizione obiettiva di punibilità" del fatto. Si vuole dire che se il valore minimo di tributo evaso non viene raggiunto, più che di non punibilità per arresto della progressione criminosa dell'offesa, è preferibile parlarsi di una vera e propria mancata realizzazione del contenuto offensivo tipico della fattispecie. Per concludere la disamina posta a sostegno della motivazione della scelta, in questa sede espressa, per la formula della "insussistenza del fatto", giova in aggiunta sottolineare come non si devono temere possibili implicazioni negative - di una sentenza penale di assoluzione, pronunciata con tale formula in seguito a dibattimento e divenuta irrevocabile - nel giudizio amministrativo di danno. Il disposto dell'art. 652 c.p.p., correttamente interpretato nel caso di specie, infatti, lascia solo trasparire che una simile sentenza ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento che il fatto (di omesso versamento dei tributo oltre soglia) non sussiste, e, per converso, di certo non consente di attribuire alla medesima pronuncia il valore di un accertamento, tanto meno definitivo, sulla insussistenza del fatto (di evasione) sotto la soglia di punibilità prevista dalla nuova normativa di legge. In concreto, ciò comporta che la sentenza dì proscioglimento, per come in questa sede formulata, non pregiudica le prerogative riconosciute all'amministrazione finanziaria nel suo ambito di competenza, ben potendo essa comunque procedere in via amministrativa, accertare l'illecito ed applicare sanzioni non penali, ove, per l'appunto, si verta in ipotesi di omesso versamento di RA per importi inferiori alla ridisegnata soglia di punibilità. P.Q.M. II Tribunale, visto l'art. 129 c.p.p, dichiara di non doversi procedere nei confronti di R. in ordine al reato ascrittogli perché il fatto non sussiste. Spoleto, 17 gennaio 2017. Depositata in cancelleria il 17/01/2017.
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