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Omissione di atti d'ufficio: ordinanza sindacale contingibile e urgente - Art. 328 c.p.

Omissione di atti d'ufficio

Cassazione penale sez. VI, 10/03/2022, n.25547

Ai fini dell'integrazione del reato di omissione di atti d'ufficio, in relazione alla mancata adozione di un'ordinanza sindacale contingibile ed urgente, è necessario che, da un lato, sia accertata una situazione di emergenza in materia di igiene e sanità, non fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento, e, dall'altro, che sia effettivamente ravvisabile un indebito e colpevole rifiuto da parte del sindaco nel compimento di un atto dovuto del proprio ufficio, non differibile e non implicante apprezzamenti discrezionali. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la condanna inflitta al ricorrente per la mancata adozione di un'ordinanza urgente per contenere uno sforamento dei limiti delle polveri sottili PM10 che si protraeva da anni, non essendosi esclusa la possibilità di fronteggiare l'emergenza con misure ordinarie e non essendosi valutati, sotto il profilo soggettivo, gli interventi di limitazione domenicale della circolazione comunque posti in essere dallo stesso sindaco).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui F.P. è stato condannato per il reato di omissione di atti d'ufficio. F., in qualità di Sindaco di Avellino, avrebbe indebitamente rifiutato atti del proprio ufficio che, per ragioni di sanità e igiene, dovevano essere compiuti senza ritardo in quanto, a fronte di plurimi e continuati superamenti dei livelli consentiti di inquinamenti dell'aria costituiti da polveri PM10, che avevano indotto la stessa Giunta comunale di Avellino ad adottare il 4.2.2014 la Delibera n. 21 relativa ad un'azione di contenimento dell'inquinamento atmosferico con cui si evidenziava, da una parte, come fosse certa la correlazione tra l'aumento delle malattie respiratorie e cardiocircolatorie e l'elevata concentrazione di inquinanti nell'aria, in particolare PM10, e, dall'altra, la necessità di adottare adeguati provvedimenti per la tutela della salute dei cittadini, la cui competenza spettava al Sindaco, questi, nonostante dirigenti e funzionari avessero evidenziato con una serie di note il costante superamenti dei limiti di inquinamento consentiti e la situazione di pericolo per la salute pubblica derivante, ometteva di intraprendere azioni volte a ridurre l'inquinamento dell'aria (fatto commesso dal (OMISSIS)). 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo si deduce vizio di motivazione; il tema attiene all'affermazione della Corte che avrebbe recepito le considerazioni del Tribunale in relazione, da una parte, al ritardo con cui l'imputato avrebbe dato attuazione alla delibera istitutiva delle c.d. domeniche ecologiche, e, dall'altra, alla impossibilità di scomputare, al fine di giustificare il ritardo, dal calcolo relativo al superamento delle soglie di inquinamento, che avrebbe base annuale, il periodo precedente all'insediamento del sindaco, avvenuto nel luglio del 2013.ale. Secondo invece il ricorrente ad agosto del 2013, cioè al momento di insediamento dell'imputato, gli sforamenti rilevati erano stati in realtà solo sei da una determinata centralina e dodici da un'altra, al di sotto del limite di tollerabilità annuo di trentacinque, e dunque nessun ritardo avrebbe potuto essere attribuito all'imputato che, comunque, nell'ottobre di quello stesso anno aveva "adottato" con delibera le domeniche ecologiche e ulteriori rimedi. Si aggiunge che la delibera in questione, diversamente dagli assunti accusatori, aveva tutti i requisiti formali. 2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità e omessa valutazione di una prova decisiva. La Corte non avrebbe valutato correttamente le risultanze della consulenza tecnica del Dott. G.M. che aveva evidenziato come una determinata centralina funzionale ai rilevamenti del livello di inquinamento non fosse stata collocata correttamente (a 25 metri da un incrocio, distanza indicata dal D.M. n. 155 del 2010) e che per tale ragione, si era addirittura deciso di procedere alla rimozione della centralina in questione ed al suo spostamento in un altro luogo: si tratterebbe di una circostanza confermata anche dal dirigente dell'Arpac O.G.; si aggiunge che anche l'altra centralina, ubicata all'ingresso di una scuola, si trovava nella stessa situazione. Dunque la rilevazioni delle particelle di PM 10 non sarebbero state attendibili. Su tali punti le motivazioni dei Giudici di merito sarebbero viziate, essendosi il Tribunale limitato ad affermare che non ci sarebbero dubbi sulle rilevazioni compiute e che comunque il Sindaco sarebbe stato tenuto ad agire anche nel caso in cui i dati fossero stati successivamente smentiti, e sua volta, la Corte a richiamare la sentenza di primo grado senza confrontarsi con le specifiche questioni a lei devolute con i motivi di appello. 2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto al giudizio di responsabilità; si fa riferimento all'affermazione dei Giudici di merito secondo cui il blocco veicolare sarebbe stato un atto doveroso, la cui ritardata adozione sarebbe penalmente rilevante. Il Tribunale, argomenta il ricorrente, avrebbe erroneamente richiamato e valorizzato alcune disposizioni per far discendere la doverosità dell'atto ritardato o omesso laddove da dette norme emergerebbe solo la facoltà per il Sindaco di adottare ordinanze urgenti e contingibili. Dunque un obbligo inesistente e un ritardo non rilevante. 2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla prova del dolo e dell'elemento oggettivo del reato contestato. L'assunto è che al Sindaco sarebbe stato comunicato il raggiungimento della soglia di 42 sforamenti all'anno solo con le note del (OMISSIS), mentre sino a quel momento, il limite era al di sotto dei 35 sforamenti tollerati dalla normativa. Dunque al Sindaco la condotta omissiva sarebbe al più imputabile dal 24 al 31.12.2013 atteso il limite di rilevazione annuo. L'imputato in realtà si sarebbe attivato sia prima, atteso che la delibera istitutiva delle delibere ecologiche fu adottata il 17.20.2013, sia successivamente attraverso la redazione del programma energie efficienti; il blocco della circolazione fu disposto nel marzo del 2014 con un delibera del consiglio da cui emerge come la Giunta sin dal febbraio di quell'anno avesse adottato il provvedimento in questione in un momento in cui, a dire della stessa Corte di appello, non vi erano dati rappresentativi di uno sforamento rilevante. Si tratta di dati il cui esame sarebbe stato omesso in ragione del convincimento che il Sindaco dovesse operare dal momento della sua elezione (13.6.2013), nonostante non vi fossero inviti formali ad operare. Dunque non vi sarebbe stato un consapevole rifiuto a fronte di una situazione di urgenza, tenuto conto che l'imputato il 17.10.2013 aveva chiesto agli organi preposti di attivarsi; sul punto i Giudici di merito avrebbero ritenuto irrilevante il provvedimento in questione sulla base dell'assenza di firma. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. 2. La ricostruzione accusatoria è basata sull'assunto secondo cui l'imputato, sindaco di Avellino insediatosi il 13.6.2013, a fronte di una situazione che si protraeva da anni e relativa a plurimi e diffusi superamenti dei livelli di inquinamento atmosferico, soprattutto in una data parte del territorio cittadino, avrebbe omesso o comunque ritardato di adottare l'necessari provvedimenti sino al 27.3.2014. Tale assunto, quanto al periodo in cui l'imputato avrebbe potuto intervenire, è fondato su: - numerosi atti in cui dal 2009 sarebbe stata rappresentata da più soggetti ai Sindaci e alle Autorità la situazione creatasi e il connesso rischio ambientale; - due note del (OMISSIS) con cui in concreto l'imputato fu informato delle accertate quarantadue volte, quindi di un numero superiore al limite massimo di 35 previsto dalla normativa di settore, i cui erano stati registrati i superamenti dei limiti quanto alle postazioni del V circolo e del Moscati (così la sentenza di primo grado a pag. 5). In tale contesto, hanno argomentato i Giudici di merito, la tesi dell'imputato, secondo cui vi sarebbero stati difetti di rilevazione dei livelli di inquinamento, supportata da una consulenza di parte e da una nota di un funzionario dell'Arpac, non assumerebbe rilievo in quanto le misurazioni del consulente sarebbero generiche e perché durante le indagini e nel corso del dibattimento l'Arpac non aveva mai rappresentato difetti di funzionamento o di rilevazione da parte delle centraline collocate nei punti su indicati. 3. Si tratta di un ragionamento che non può essere condiviso. 3.1. La fonte normativa a cui i Giudici di merito hanno fatto riferimento è costituita sostanzialmente dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50, comma 5, in tema di ordinanze contingibili e urgenti; secondo il Tribunale, il Sindaco aveva il dovere di intervenire per ragione di sanità o di igiene "al presentarsi di problematicità dell'ambiente, nel caso di specie addirittura lesive del superiore bene della salute" (così a pag. 12 della sentenza). Tale doverosità sarebbe in qualche modo confermata dal D.M. n. 2 aprile 2022, n. 60, art. 39, secondo cui i Sindaci dei comuni in cui sussiste il superamento o il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie allarme previste dalla normativa vigente, adottano.... le misure di limitazione della circolazione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 7. L'art. 50, comma 5, indicato prevede: " in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali". Si tratta di una norma che deve essere posta in connessione con il D.Lgs. cit., art. 54, comma 6, che prevede che il Sindaco, quale ufficiale del Governo: "in casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4". Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, il reato di omissione di atti d'ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di tutela (Sez. 6, n. 13519 del 29/01/2009, Gardali, Rv. 243684). Ai fini della integrazione del reato per cui si procede in relazione alla mancata adozione di un'ordinanza sindacale, è necessario, da un lato, che sia accertata una situazione di emergenza di igiene e sanità, cioè dello specifico presupposto oggettivo suscettibile di far scattare l'obbligo di attivazione del pubblico funzionario istituzionalmente preposto alla funzione di controllo delle fonti di pericolo che possono incombere sulla sicurezza pubblica, identificato appunto nel sindaco, e, dall'altro lato, che sia effettivamente ravvisabile da parte del pubblico ufficiale un indebito e colpevole rifiuto di adottare l'atto del proprio ufficio che deve essere compiuto senza ritardo. Sulla base del quadro normativo indicato, si è correttamente osservato come il sindaco sia tenuto ad emettere un provvedimento siffatto allorché sussista la necessità di neutralizzare una eccezionale, imminente ed improcrastinabile situazione di pericolo per un pubblico interesse, non fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento giuridico (Sez. 6, n. 33857 del 07/05/2014, Bruno, Rv. 262076). Non diversamente si è chiarito che ai fini della configurabilità del reato in esame il rifiuto deve essere "indebito". Il rifiuto penalmente significativo non può riguardare un atto discrezionale, ma deve riferirsi ad un atto dovuto, imposto al pubblico funzionario da una norma imperativa immediatamente precettiva, di rango primario o addirittura di rango costituzionale, che imponga di provvedere per la tutela di specifici beni ritenuti meritevoli di tutela. La "doverosità" dell'atto da compiere esclude dall'ambito di applicazione della norma gli atti rientranti nell'ambito della discrezionalità amministrativa. 3.2. La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Non è affatto chiaro perché, a fonte di una situazione che si protraeva da anni: a) vi fossero i presupposti per l'adozione dell'ordinanza contingibile ed urgente, cioè vi fosse una situazione di eccezionale pericolo tale da imporre l'intervento di carattere emergenziale, extra ordinem, del sindaco; b) la situazione venutasi a creare non avrebbe potuto essere fronteggiata dall'amministrazione comunale con gli ordinari mezzi in dotazione dai dirigenti dei vari settori a cui spetta l'adozione dei diversi atti amministrativi; c) l'imputato dovesse rispondere anche per quanto era accaduto prima del suo insediamento e prima che lo stesso non avesse concreta percezione della situazione, nel suo concreto grado di diffusività; d) le questioni relative all'effettivo corretto funzionamento delle centraline di rilevamento dei livelli di inquinamento sarebbero sostanzialmente irrilevanti a fronte di un atto del 4.3.2014 dell'Arpac che segnalava espressamente problematiche riguardanti l'attendibilità delle rilevazioni; e) sarebbe configurabile, anche solo sotto il profilo soggettivo, il reato contestato, tenuto conto che la Giunta comunale, dispose il 17.10.2013- dopo pochi mesi dall'insediamento del sindaco - le c.d. domeniche ecologiche (sul punto è in atti una delibera sottoscritta e inviata alla ripartizione ambiente per la esecuzione). 4. Si tratta di profili molteplici e decisivi che minano anche in senso prospettivo la stabilità della sentenza impugnata che deve essere dunque annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, il 10 marzo 2022. Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2022
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