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Operazioni infragruppo: la presenza di vantaggi compensativi esclude il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale

Infragruppo

Cassazione penale sez. V, 02/03/2017, n.16206

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un'operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali. (Fattispecie in cui la S.C. ha censurato la sentenza impugnata che aveva affermato la natura distrattiva del trasferimento di risorse dalla società fallita ad altre società del gruppo, senza considerare la prospettazione da parte dell'imputato di un evidente vantaggio compensativo per i creditori della fallita conseguente a tale operazione, trattandosi di società debitrice solidale con le società del gruppo sostenute verso i medesimi creditori ed in particolare verso il sistema bancario con cui si erano raggiunti accordi di consolidamento del debito di gruppo con la sospensione temporanea e condizionata del decorso degli interessi, cosicché il fallimento di una di esse avrebbe comportato l'attivazione della responsabilità solidale della società fallita con l'aggravio di pesantissimi interessi di cui avrebbero subito gli effetti negativi gli stessi creditori individuali della società).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 2/2/2016 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del 19/1/2015 del Tribunale di Palermo, appellata dall'imputato, che aveva ritenuto M.C. colpevole del reato ascritto L. Fall., ex art. 216 e, concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti all'aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, lo aveva condannato alla pena di anni 3 di reclusione e lo aveva dichiarato interdetto dai pubblici uffici per anni 5 e inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale e incapace di assumere uffici direttivi per anni 10. Al M. era stato contestato: a) di aver eliminato dal patrimonio della società (OMISSIS) s.a.s., dichiarata fallita il 22/11/2007 un credito di circa 42.000 Euro, vantato dalla società nei suoi confronti, prima svalutandolo nel bilancio (OMISSIS) per Euro 16.000, con la causale "utilizzo fondo rischi", e poi eliminandolo dal bilancio (OMISSIS) per la residua somma di Euro 25.456 portandola in compensazione con corrispondente debito prescritto; b) di aver effettuato finanziamenti ad altre società del Gruppo C. senza adeguata contropartita e valide garanzie (488.000 Euro nel (OMISSIS) a Fininp s.p.a.; 224.000 Euro nel 2005, 126.000 Euro nel (OMISSIS) e 4.500 Euro nel (OMISSIS) a Farsura Costr. S.p.a.; 1.500 Euro nel (OMISSIS) a Realizzatrice). 2. Ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell'imputato, avv. Sbacchi Gioacchino, con il supporto di due motivi. 2.1. Con il primo motivo proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio motivazionale, in relazione all'art. 11 Cost., comma 7, e L. Fall., art. 216, comma 1, artt. 42 e 43 c.p. e art. 530 c.p.p.. Il ricorrente richiama innanzitutto l'accordo di consolidamento dei debiti contratti dalle società del gruppo C. con il sistema bancario, in forza del quale il debito di tali società venne considerato "massa unica" e garantito reciprocamente da fideiussioni omnibus pretese dalla società capofila del pool bancario, Cassa di Risparmio V.E. di (OMISSIS), e il successivo accordo del 1992 che prevedeva la rinuncia agli interessi sui debiti sottoposto a condizione risolutiva ex tunc nel caso di recupero del credito in sede concorsuale. Quanto alla prima accusa, sulla quale il Giudice di primo grado si era trincerato dietro al dato formale che l'accordo transattivo era intercorso fra il M. e altra società del Gruppo, la Salpa s.r.l., il M. in appello aveva fatto valere la transazione intercorsa con la (OMISSIS) s.a.s. in data 23.7.1996 e la successiva attestazione di adempimento del 23/12/1999 (documenti esistenti in atti, non esaminati dai Giudici del merito e allegati al ricorso) e spiegato l'eliminazione della voce di debito con un errore della società Gefim, deputata alla tenuta delle scritture contabili. Tali evidenze documentali erano state però ignorate nella sentenza di secondo grado. Quanto alla seconda accusa, il ricorrente aveva spiegato la situazione complessiva del Gruppo, il nesso inscindibile che avvinceva tutte le società del gruppo verso il sistema bancario, sicchè solo sostenendo le altre società sarebbero state tutelare anche le ragioni della società rappresentata, corresponsabile verso il sistema bancario, e aveva segnalato la previsione nello statuto sociale della possibilità di operazioni di finanziamento a favore delle consorelle. In particolare l'eventuale esperimento di azioni esecutive verso le società finanziate avrebbe provocato il loro fallimento e reso vana qualsiasi operazione di recupero anche in capo a creditori diversi da Sicilcassa; vi era pertanto un evidente interesse di AR.CA. a fornire sostegno alle società del gruppo, corrispondente peraltro all'interesse degli altri creditori.. La Corte aveva ignorato tali recriminazioni e pure la deposizione resa dal teste Dott. Co., da cui emergeva che il M. aveva parzialmente recuperato gli importi finanziati a Finimp e Farsura e incassato parte delle somme vantate. Era stata altresì trascurata la contestazione circa l'esatta quantificazione delle somme erogate a Finimp nel (OMISSIS), poichè l'incremento di Euro 456.597,74= annotato in data 5/11/2001 era solo l'accredito nella contabilità AR.CA degli interessi maturati sul credito pregresso fino a quella data. 2.2. Con il secondo motivo proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) il ricorrente lamenta vizio motivazionale in ordine alla comparazione valutativa delle circostanze, attuata con mere formule di stile con un inadeguato giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche con le circostanze aggravanti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo, con cui il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio motivazionale, si articola in una serie di sub-censure. 1.1. Quanto alla prima imputazione, legata all'eliminazione dal patrimonio della AR.CA. s.a.s. del credito vantato dalla società nei suoi personali confronti per Euro 42.136,32=, il ricorrente osserva che il Giudice di primo grado si era trincerato dietro al dato formale che l'accordo transattivo era intercorso fra il M. e altra società del Gruppo, la Salpa s.r.l.. Il ricorrente sostiene però di aver fatto valere in appello la transazione intercorsa proprio con la (OMISSIS) s.a.s. in data 23/7/1996 e la successiva attestazione di adempimento della transazione stessa del 23/12/1999 e ha spiegato l'eliminazione della voce di debito con un errore della società Gefim, deputata alla tenuta delle scritture contabili. Tali documenti sono stati allegati al ricorso ma vengono qualificati come pacificamente esistenti in atti e non esaminati dai Giudici del merito, senza tuttavia indicare, come sarebbe stato ineludibile onere del ricorrente, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), sanzionato con l'inammissibilità per a-specificità, il momento della produzione e la loro collocazione nel fascicolo. La Suprema Corte di Cassazione non è giudice del fatto (se non di quello processuale) ma solo della correttezza logico-giuridica della decisione assunta dal giudice del merito e non è ovviamente consentito in questa sede l'ampliamento del materiale istruttorio. La Corte territoriale, dopo aver ricordato le ragioni opposte dalla descrizione di primo grado, alla pagina 9 della sentenza impugnata ha affermato che nessuna traccia vi era delle giustificazioni offerte dalla difesa e ribadite con il proposto appello circa l'esistenza di un pregresso accordo transattivo fra il M. e proprio la società fallita, ritenuto indimostrato ed anzi contraddetto dalle risultanze contabili. In ogni caso, l'argomentazione proposta dal ricorrente sconta un vizio logico che la rende di per sè non convincente: per eliminare, attraverso compensazione, un credito di AR.CA verso il M. (iscritto a bilancio) occorrerebbe un controcredito di M. verso AR.CA.; i due documenti citati (transazione 23/7/1996 e atto di quietanza 23/12/1999) trattano di un credito, peraltro piuttosto generico del M. verso la società, scaturente da eventuali pretese derivanti dal pregresso rapporto di lavoro e di un debito di M. verso alcune banche (Sicilcassa e B.N.L.); AR.CA. si era quindi impegnata - e aveva poi adempiuto l'impegno - a versare alle banche la somma di cui esse erano creditrici verso il M., così estinguendo il proprio (eventuale) debito verso costui. Non si scorge quindi come questo credito, in tal guisa estinto, possa anche giustificare, una seconda volta, l'estinzione per compensazione con il credito verso il M. iscritto a bilancio di cui all'imputazione. 1.2. Quanto alla seconda accusa, inerente ai finanziamenti erogati alle altre società del gruppo (Fininp s.p.a.; Farsura Costr. s.p.a.; Realizzatrice), il ricorrente ricorda innanzitutto l'accordo di consolidamento dei debiti contratti dalle società del gruppo C. con il sistema bancario, in forza del quale il debito di tali società era stato considerato "massa unica" e garantito reciprocamente da fideiussioni omnibus pretese dalla società capofila del pool bancario, Cassa di Risparmio V.E. di (OMISSIS), e il successivo accordo del 1992 che prevedeva la rinuncia agli interessi sui debiti, sottoposto però a condizione risolutiva ex tunc nel caso di recupero del credito in sede concorsuale. Tali circostanze che delineano il contesto operativo del Gruppo C., i suoi rapporti con il sistema bancario e le relazioni di inscindibile interdipendenza economico finanziaria fra la AR.CA e le altre società sono invero pacifiche e riconosciute dalla sentenza di primo grado sul punto richiamata dalla sentenza impugnata. La validità civilistica degli strumenti giuridici che hanno determinato il contesto così descritto (che realizza in via indiretta un risultato finale pratico in termini di interdipendenza economico-finanziaria non troppo diverso da una fusione) non è in contestazione; comunque la situazione illustrata assume rilievo quale complesso di circostanze storiche e fattuali nell'ambito del quale la condotta dell'imputato è stata posta in essere e in relazione al quale deve essere giudicata. Il ricorrente osserva che tale situazione complessiva e il nesso inscindibile che avvinceva tutte le società del gruppo verso il sistema bancario, faceva sì che il sostegno delle altre società tutelava anche le ragioni della società rappresentata, corresponsabile verso il sistema bancario, e segnala la previsione nello statuto sociale della possibilità di operazioni di finanziamento a favore delle consorelle. In particolare aggiunge che l'eventuale esperimento di azioni esecutive verso le società finanziate avrebbe provocato il loro fallimento e reso vana qualsiasi operazione di recupero anche in capo a creditori diversi da Sicilcassa; vi era pertanto un evidente interesse di AR.CA. a fornire sostegno alle società del gruppo, corrispondente peraltro all'interesse degli altri creditori. La decisione impugnata appare sul punto gravemente illogica e contraddittoria. La sentenza infatti, quando afferma la mancanza di qualsiasi causa giustificatrice, economica e giuridica, dei finanziamenti, ignora totalmente il pacifico contesto sopra ricostruito e in particolare il nesso inscindibile che avvinceva le società del gruppo verso il sistema bancario, attraverso le reciproche fideiussioni omnibus, la neutralizzazione, solo condizionata, della decorrenza degli interessi e soprattutto la realizzazione di una "massa unica" dei patrimoni costituenti la garanzia esterna delle società consorelle, tale da legarle in una inestricabile condizione per così dire "simul stabunt, simul cadent". Non è neppur accettabile sotto il profilo strettamente giuridico qualificare un finanziamento, infra-gruppo per giunta, come privo di valida causa giuridica. Si tratta infatti di una attribuzione economica che può atteggiarsi in forme differenti e con differenti finalità, che oscillano dallo schema del mutuo sino ai flussi finanziari in funzione di un successivo aumento di capitale, sì da presentare anche una causa di conferimento, e che a certe condizioni può essere considerata soggetto a postergazione ex art. 2467 c.c., nell'interesse degli altri creditori della società finanziata. La giurisprudenza della Corte è ferma nel ritenere, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che per escludere la natura distrattiva di un'operazione infra-gruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non sia sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l'esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l'interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l'operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata. (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. Coatti e altri, Rv. 26867501). Il reato può ritenersi insussistente solo se, operando una valutazione ex ante, i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi e siano tali da rendere il fatto incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della società. (Sez. 5, n. 30333 del 12/01/2016, Falciola e altro, Rv. 26788301; Sez. 5, n. 20039 del 21/02/2013, Turchi, Rv. 25564601). Tale orientamento giurisprudenziale si fonda, da un lato, sul limite apprestato alla configurabilità del reato di infedeltà patrimoniale dall'art. 2634 c.c., comma 3, che esclude l'ingiustizia del profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo; dall'altro, sul principio, stabilito in tema di direzione e coordinamento societario dall'art. 2497 c.c., che analogamente esclude la responsabilità se il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'operazione. E' proprio ragionando su tali presupposti che questa Sezione (Sez. 5, n. 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 25756201) ha affermato che "In tema di reati fallimentari, la previsione di cui all'art. 2634 c.c. - che esclude, relativamente alla fattispecie incriminatrice dell'infedeltà patrimoniale degli amministratori, la rilevanza penale dell'atto depauperatorio in presenza dei c.d. vantaggi compensativi dei quali la società apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un più ampio gruppo di società - conferisce valenza normativa a principi - già desumibili dal sistema, in punto di necessaria considerazione della reale offensività - applicabili anche alle condotte sanzionate dalle norme fallimentari e, segnatamente, a fatti di disposizione patrimoniale contestati come distrattivi o dissipativi. Pertanto, ove si accerti che l'atto compiuto dall'amministratore non risponda all'interesse della società ed abbia determinato un danno al patrimonio sociale, è onere dello stesso amministratore dimostrare l'esistenza di una realtà di gruppo, alla luce della quale quell'atto assuma un significato diverso, si che i benefici indiretti della società fallita risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresì idonei a compensare efficacemente gli effetti immediati negativi dell'operazione compiuta, di guisa che nella ragionevole previsione dell'agente non sia capace di incidere sulle ragioni dei creditori della società. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un'operazione infragruppo non è sufficiente allegare tale natura intrinseca, dovendo invece l'interessato fornire l'ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla società che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene" (Sez. 5, n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 25153601). Occorre quindi far capo al principio, più volte ribadito, che l'influenza dei collegamenti della società fallita nell'ambito del gruppo sulla configurabilità dei reati in esame deve essere esaminata nel rispetto dell'autonoma tutela delle ragioni creditorie specificamente riferibili alla società fallita; di conseguenza deve essere allegata dall'imputato, a fronte della natura oggettivamente distrattiva dell'operazione, l'esistenza di uno specifico vantaggio derivante dall'atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo ma altresì produttivo per la fallita di benefici, sia pure indiretti, i quali si rivelino concretamente idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione stessa che derivi anche in favore della fallita (Sez. 5, n. 1137 del 17/12/2008, Vianello, Rv. 242546; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, Bevilacqua, Rv.234606; Sez. 5, n. 41293 del 25/09/2008, Mosca, Rv. 241599; Sez. 5, Sentenza n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 251536; Sez. 5, n. 29036 del 09/05/2012, Cecchi Gori, Rv. 253031). Quanto sopra premesso in linea generale, nel caso concreto a giudizio la Corte territoriale ha ignorato la prospettazione di un evidente vantaggio compensativo anche per i creditori di AR.CA dal trasferimento di risorse infra-gruppo, specificamente dedotto dall'imputato e contraddittoriamente riconosciuto dalla stessa decisione. AR.CA e le altre società del gruppo C. erano debitrici solidali verso i medesimi creditori, ossia in primis verso il sistema bancario, e avevano interessi del tutto convergenti, ulteriormente influenzati dalla sospensione solo temporanea e condizionata del decorso degli interessi; ciascuna società era garante del debito delle altre e il fallimento di una di esse avrebbe travolto le altre con l'aggravio di pesantissimi interessi, altrimenti congelati; la possibilità di rilascio di fideiussioni a favore delle altre società del gruppo era espressamente stato inserito negli statuti; i creditori individuali delle società, diversi dagli aderenti al pool bancario, avevano comunque interesse ad evitare il tracollo di una qualsiasi società del gruppo che avrebbe comportato l'attivazione della responsabilità solidale di AR.CA e l'esplosione del debito da interessi passivi. La Corte di appello è quindi incorsa nei vizi di carenza e contraddittorietà della motivazione in punto sussistenza della bancarotta distrattiva con riferimento ai predetti finanziamenti infra-gruppo. Le altre argomentazioni restano assorbite. 3. Si rende quindi necessario l'annullamento sul punto della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo per nuovo esame. Così deciso in Roma, il 2 marzo 2017. Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017
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