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Reati contro il patrimonio

Rapina: l'elemento oggettivo può essere costituito anche dal compimento di un'azione violenta nei confronti di una res

Rapina

Cassazione penale sez. II, 14/09/2021, n.36178

In tema di rapina, l'elemento oggettivo del reato può essere costituito anche dal compimento di un'azione violenta nei confronti di una cosa qualora questa forma di violenza sia tale da esprimere un messaggio minatorio nei confronti della persona al fine di annullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione. (Fattispecie in cui l'azione violenta era consistita nella contemporanea rottura dei vetri delle portiere anteriori di vettura ferma al semaforo da parte di due persone travisate).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO Con sentenza del 24 febbraio 2020 la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa il 13 giugno 2019 dal Giudice per l'udienza preliminare del locale Tribunale, ha ridotto la pena inflitta a R.R. e L.C. per i reati di rapina aggravata e di porto in luogo pubblico, senza giustificato motivo, di un'arma. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati. Nell'interesse di R.R. sono stati dedotti i seguenti motivi: 1) omessa motivazione in ordine alla richiesta di riqualificare il fatto come furto con strappo anziché come rapina aggravata, atteso che non era stata posta in essere una violenza nei confronti della vittima per vincere la sua resistenza, posto che la stessa era già ferma al semaforo quando era stata raggiunta da R. e da L. e questi ultimi non avevano rivolto alcuna frase minacciosa nei suoi confronti, ma avevano solo rotto il vetro del finestrino per prelevare il danaro trasportato nel veicolo, senza porre in essere altre condotte idonee a porre in pericolo la sua incolumità. La qualificazione come furto era del resto stata riconosciuta anche da questa Corte nella sentenza con cui era stato rigettato il ricorso proposto dal Pubblico ministero avverso il provvedimento con cui, nel procedimento nei confronti di R.R., il Tribunale di Palermo Sezione riesame ha riqualificato la condotta di cui al capo 1 d'imputazione ai sensi dell'art. 110 c.p., art. 624 c.p., art. 625 c.p., comma 1, n. 2, 3, 5; 2) e 3) violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla riconducibilità del martelletto frangivetro alla nozione di arma impropria, atteso che il predetto martelletto sarebbe stato usato non per vincere la resistenza della persona offesa ma per rompere il vetro e, dunque, sarebbe stato utilizzato nella sua funzione naturale, con conseguente esclusione sia del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, che dell'aggravante di cui all'art. 628 c.p., comma 3 n. 1; 4) violazione di legge e vizi della motivazione per essere state negate le attenuanti generiche, avendo la Corte del merito ritenuto che l'imputato avesse un'accentuata capacità a delinquere, nonostante dal suo certificato penale emergesse che, nonostante la sua età avanzata, aveva un unico precedente. Nell'interesse di L.C. sono stati dedotti i seguenti motivi: 1) omessa motivazione in ordine alla richiesta di riqualificare il fatto come furto con strappo anziché come rapina aggravata. La Corte non avrebbe dato risposta alle deduzioni del ricorrente, solo in parte sovrapponibili a quello dell'altro imputato; 2) violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla riconducibilità del martelletto frangivetro alla nozione di arma impropria, atteso che il predetto martelletto sarebbe stato usato non per vincere la resistenza della persona offesa ma per rompere il vetro e, dunque, sarebbe stato utilizzato nella sua funzione naturale, con conseguente esclusione del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4. E' pervenuta memoria delle parti civili Eco Energy s.r.l. e C.A., con cui sono state formulate argomentazioni a sostegno del mancato accoglimento dei ricorsi. All'odierna udienza è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all'esito le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono inammissibili. 1.1 Premesso che le argomentazioni con cui la Corte d'appello ha qualificato il fatto come rapina aggravata anziché come furto, pur formulate nella parte dedicata alla trattazione del ricorso di R.R., valgono anche per l'altro ricorrente, avendo entrambi concorso nella commissione dello stesso fatto, deve rilevarsi che il primo motivo di entrambi i ricorsi è manifestamente infondato. Al riguardo giova ricordare che questa Corte (Sez. 2, n. 8961 del 16/2/2016, Rv. 266101) ha già avuto modo di affermare che, in tema di rapina, l'elemento oggettivo del reato può essere costituito anche dal compimento di un'azione violenta nei confronti di una cosa, qualora questa forma di violenza sia tale da esprimere un messaggio minatorio nei confronti della persona, al fine di annullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione. Nel caso in esame, secondo la ricostruzione effettuata in entrambe le sentenze del merito, i due ricorrenti, di corporatura robusta e travisati, hanno circondato l'auto della vittima, ferma al semaforo, e, ponendosi l'uno da un lato e l'altro dall'altro del veicolo, hanno tentato di aprire forzosamente gli sportelli e, non essendoci riusciti, hanno infranto contemporaneamente entrambi i finestrini con martelletti frangivetro. La Corte d'appello ha qualificato il fatto come rapina aggravata atteso che la violenza, posta in essere sulla cosa, consistente nella rottura da parte dei due ricorrenti dei vetri dell'automobile (quello dei finestrini lato conducente e lato passeggero), anche se non diretta verso la persona, era tale da esprimere un messaggio minatorio. Trattasi di argomentazioni che sfuggono ad ogni rilievo censorio, essendo evidente che la rottura non solo del finestrino dal lato passeggero ma anche di quello dal lato conducente ha assunto una valenza intimidatoria, tale da vincere qualsiasi opposizione della vittima, che, come del resto dichiarato da quest'ultima (secondo quanto si legge nella pronuncia impugnata) ha affermato di avere avuto panico. Le concrete modalità della vicenda, per come innanzi riferite, conducono a ritenere, quindi, che la violenza non è stata esercitata solo sulla cosa ma è stata diretta anche nei confronti della vittima, al fine di evitare qualunque sua opposizione. 1.2 Anche il secondo motivo di entrambi i ricorsi e il terzo motivo del ricorso di R.R. sono manifestamente infondati, tenuto conto del fatto che i martelletti frangivetro costituiscono un'arma impropria. Difatti, ai sensi della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4, devono considerarsi armi, sia pure improprie, tutti quegli strumenti, ancorché non da punta o da taglio, che in particolari circostanze di tempo e di luogo possono essere utilizzati per l'offesa alla persona (Sez. 5, n. 17942 del 7/2/2020, Rv. 279174; Sez. 2, n. 5488 del 28/03/1996, Rv. 205278). Nel caso in disamina, i due martelletti frangivetro, utilizzati in un contesto aggressivo come sopra illustrato, e, quindi, senza giustificato motivo, sono divenuti strumenti atti ad offendere. Giova precisare che l'aggravante di cui all'art. 628 c.p., comma 3, n. 1, è stata riconosciuta in ragione delle più persone riunite e non per l'utilizzo dell'arma impropria. 1.3 L'ultimo motivo del ricorso di R.R. è privo di specificità. La Corte territoriale, nel valorizzare la capacità a delinquere dell'imputato, desunta dal suo precedente penale specifico, si è correttamente conformata al consolidato orientamento di questa Corte, per la quale, al fine di ritenere o escludere la configurabilità di circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio: anche un solo elemento, attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso, può, pertanto, risultare all'uopo sufficiente (così, ex multis, Sez. II, n. 3609 del 18 gennaio 2011, Rv. 249163). 1.4 I ricorsi sono, dunque, inammissibili e ciò comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - apparendo evidente che essi hanno proposto i ricorsi determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186) - della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. I ricorrenti vanno condannati anche alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio delle parti civili Eco Energy s.r.l. e C.A., che liquida in complessivi 4.212,00 oltre accessori di legge. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, i ricorrenti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio delle parti civili Eco Energy s.r.l. e C.A., che liquida in complessivi 4.212,00 oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, udienza pubblica, il 14 settembre 2021. Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021
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