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Reati contro il patrimonio

Truffa assicurativa: la falsificazione della documentazione relativa alla stipulazione del contratto di assicurazione può essere integrata anche da falsità ideologica

Truffa assicurativa

Cassazione penale sez. II, 04/02/2021, n.9553

In tema di frode assicurativa, la falsificazione della documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione, prevista dall'art. 642 c.p. può essere integrata tanto da una falsità materiale quanto da una falsità ideologica, atteso che la previsione normativa, a differenza da quelle in tema di delitti di falso, non distingue espressamente tra i due tipi di falsità.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Il difensore di D.N.N. propone ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 17 luglio 2018, che aveva rideterminato la pena alla quale la D.N. era stata condannata per il reato di cui all'art. 642 c.p. perché , al fine di conseguire un vantaggio, determinato dall'indennizzo assicurativo, non dichiarava in sede di stipula del contratto assicurativo che la propria autovettura BMW era incidentata e non marciante, assicurando il veicolo per un valore non corrispondente alla reale valutazione e, percependo dall'assicurazione l'indennizzo di Euro 21.150,00, a seguito del furto del citato veicolo. 1.1 Il difensore osserva che l'art. 642 c.p., prevede, al comma 1, le ipotesi di falsificazione o alterazione della polizza o della documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto assicurativo, per cui la dottrina ha sostenuto che restano escluse dal novero delle condotte punibili tutte le ipotesi di falso ideologico e che le eventuali ipotesi di falsità ideologiche possono eventualmente integrare ipotesi tentate o consumate di truffa, per cui le dichiarazioni non vere rese dall'assicurato al momento di stipula della polizza possono integrare il delitto di cui all'art. 640, e non quello di cui all'art. 642 c.p.; rileva inoltre che l'imputata aveva un interesse concreto alla riqualificazione giuridica del fatto, non solo per la diversa previsione della pena comminata dai due reati, ma anche perché il momento consumativo non poteva essere anticipato al momento in cui la D.N. aveva stipulato la polizza, quanto semmai al successivo periodo in cui la vettura era stata trafugata da soggetti rimasti ignoti; riqualificato il reato nella previsione di cui all'art. 640 c.p., difettava dunque la prova in capo all'imputata nel concorso del furto dell'autovettura, e quindi l'imputata avrebbe dovuto essere assolta perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, non potendosi ritenere la D.N. responsabile di una circostanza non ancora accaduta e non prevedibile al momento della stipulazione della polizza, dovendosi invece inquadrare la fattispecie in una mera vicenda civilistica di restituzione del maggior indennizzo incassato rispetto all'effettivo valore del mezzo assicurato al momento del furto. 1.2 Il difensore rileva poi una serie di elementi non considerati dalla sentenza impugnata: la D.N. aveva fornito all'agenzia assicurativa, al momento della stipula della polizza, l'atto di voltura al PRA con indicato il valore del veicolo all'acquisto, pari ad Euro 5.700,00, e tale circostanza emergeva dalla semplice lettura della polizza assicurativa; mancava la prova dell'intento fraudolento, visto che il teste C. aveva dichiarato di avere eseguito i lavori di carrozzeria per Euro 9.000,00 e che la vettura era stata rubata a lavori completati; l'asserito intento fraudolento era di fatto superato e sconfessato dalla circostanza che al momento del furto la vettura era custodita dal carrozziere per le riparazioni Il difensore rileva che la Corte di appello aveva ritenuto indice della illiceità della condotta della ricorrente il fatto che la stessa avesse assicurato un bene che non poteva svolgere la funzione propria e che sarebbe rimasto fermo a lungo, senza considerare che la L. n. 990 del 1969, prevede la copertura assicurativa obbligatoria anche per i veicoli non circolanti e che la polizza non può essere sospesa allorché il veicolo sia lasciato fermo, essendo necessario che venga ritirato dalla circolazione. Il difensore osserva che la Corte di appello aveva ritenuto che nessuna rilevanza poteva avere il fatto che l'assicurazione avesse a disposizione l'atto di acquisto della BMW dove era indicato il prezzo pagato perché "come evidenziato dai testi esaminati, tale prezzo può essere determinato in base ad una molteplicità di fattori -quali i rapporti personali tra le parti - indipendenti dal valore di mercato del bene"; tale ragionamento era contraddittorio, illogici ed apodittico in quanto in aperto contrasto con le dichiarazioni rese dal teste R., che aveva venduto la autovettura alla D.N. secondo una stima fatta dalla stessa parte venditrice, a riprova che non vi era alcun rapporto personale tra le parti tale da determinare arbitrariamente il prezzo di compravendita del mezzo; se l'intento della D.N. fosse stato quello d; frodare l'assicurazione non avrebbe fornito all'assicurazione la voltura al PRA da cui poteva chiaramente evincersi l'effettivo prezzo di acquisto della BMW; al contrario, tale circostanza dimostrava la prova della mancanza di dolo nel comportamento della ricorrente (sul punto si richiamavano le dichiarazioni della ricorrente, secondo cui nessuno le aveva mai chiesto il valore del mezzo). Il difensore richiama poi le dichiarazioni della teste P., dipendente dell'agenzia assicurativa, secondo cui quando la polizza assicurativa viene stipulata dopo l'acquisto del mezzo si deve dichiarare che non ha circolato, rilevando quindi che la compagnia assicurativa non era stata diligente in quanto non aveva chiesto alla D.N. di esplicitare le ragioni per le quali il mezzo non aveva circolato. Il difensore eccepisce l'illogicità dell'affermazione della Corte di appello secondo cui la D.N. non aveva offerto la restituzione di quanto ricevuto indebitamente, senza considerare che nessuna prova vi era che la compagnia assicurativa avesse chiesto, a distanza di anni, la restituzione dell'indennizzo, che avesse agito per la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità della prestazione o che avesse ricalcolato il premio dovuto nell'ipotesi di minor valore del veicolo assicurato; a riprova di ciò soccorreva quanto dichiarato dal teste M., che aveva riferito che dopo il furto nessuna "richiesta quantitativa" vi era stata da parte della D.N. e che l'assicurazione aveva liquidato il danno autonomamente e basandosi alle condizioni di polizza e sul valore commerciale risultante dalla rivista "Quattroruote", dichiarazioni che confermavano il difetto motivazionale e l'illogicità della pronuncia impugnata, solo considerando che anche in caso di maggior valore assicurato la compagnia avrebbe liquidato il danno basandosi sulle stime delle riviste di settore e non sulle dichiarazioni rese dall'assicurato al momento di stipula della polizza. Il Procuratore generale depositava note scritte, chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non é previsto dalla legge come reato. L'Avv. A., nell'interesse della parte civile ZURICH INSURANCE P.L.C., depositava note scritte nelle quali chiedeva di rigettare o dichiarare inammissibile il ricorso e la condanna dell'imputata alle spese di assistenza e difesa per questo grado di giudizio. Il difensore dell'imputata depositava note scritte nelle quali chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata e, in subordine, dichiararsi il reato estinto per prescrizione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La sentenza impugnata deve essere annullata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili. 2. Va preliminarmente osservato che il ricorso non presenta profili di totale inammissibilità tale, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione, posto che solleva la questione della possibilità di ritenere configurato il reato di cui all'art. 642 c.p., anziché quello di cui all'art. 640 c.p., anche in caso di falso ideologico. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., maturate, come nel caso di specie, successivamente alla sentenza impugnata. Ed invero per il reato ascritto all'imputata, anche volendo considerare la data del 12 gennaio 2012, quale indicata nella contestazione, come quella di commissione del fatto, il termine di prescrizione risulta spirato il 12 luglio 2019, non risultando dagli atti ipotesi di sospensione. La sentenza impugnata per tale causa deve essere quindi annullata senza rinvio, non emergendo dagli atti in modo assolutamente non contestabile elementi idonei ad escludere l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del medesimo da parte dell'imputato. (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274). La pronuncia di condanna alle statuizioni civili impone peraltro di esaminare il ricorso agli effetti di quest'ultime, non essendo sufficiente, ai fini della conferma della condanna al risarcimento del danno, dare atto della insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 129 c.p.p., comma 2, (tra tante, Sez. 5, n. 10952 del 09/11/2012, dep. 2013, Gambardella, Rv. 255331). Le censure articolate dalla ricorrente non hanno tuttavia fondamento. 1.1 Il primo motivo di ricorso, relativo alla possibilità di inquadrare la fattispecie nel reato di cui all'art. 640 c.p., anziché in quello di cui all'art. 642 c.p., perché nella specie ricorre una ipotesi di falso ideologico non merita accoglimento; si deve infatti rilevare che l'art. 642 c.p., punisce chiunque falsifica o altera una polizza o la documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione e, vista, la mancanza di qualsiasi specificazione nella norma, non si vede perché la falsificazione di cui si parla debba essere soltanto quella materiale e non anche quella ideologica; del resto il legislatore, quando ha inteso distinguere la falsità materiale da quella ideologica, lo ha fatto espressamente (vedi reati di falso dall'art. 476 c.p., in avanti). A tale letterale argomento, se ne può aggiungere uno ulteriore, e cioé che lo scopo dell'art. 642 c.p., é la tutela dell'assicuratore, intesa come truffa "speciale", essendo pacifico che la falsificazione o alterazione dei documenti richiesti per la stipulazione del contratto di assicurazione rientri nell'ambito operativo della frode assicurativa e non della truffa, posto che l'art. 642 c.p., comma 1, specifica che il raggiro o artifizio consiste nella falsificazione della documentazione richiesta per la stipulazione del contratto di assicurazione; di conseguenza, non si comprende per quale ragione dovrebbero essere sanzionati soltanto i falsi materiali e non anche quelli ideologici, che spesso sono ancora più insidiosi. Relativamente ai rimanenti motivi di ricorso, gli stessi propongono una rilettura degli elementi fattuali non consentita in questa sede. Sono infatti precluse alla Corte di legittimità sia la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento delle decisione impugnata che l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una maggiore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare al controllo se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito (Sez. Un., sent. n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260). Nel caso in esame non si rinvengono manifeste illogicità nel ragionamento esposto dai giudici della Corte d'appello, in quanto esso risponde ai parametri sopra indicati e risulta, pertanto, tale da sottrarsi al sindacato di questa Corte (cfr. Sez. 1, sent. n. 23568 del 4/5/2016, n. m.): la Corte territoriale ha infatti spiegato che la dichiarazione sul valore dell'autovettura deve essere riferita all'imputata in quanto la stessa ha sottoscritto il contratto di assicurazione nel quale era indicato il valore assicurato in Euro 23.500,00, "del tutto irrealistico per un bene acquistato per poche migliaia di Euro a causa dei gravi danni subiti" (pag.4 sentenza impugnata). Per quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il reato é estinto per prescrizione, con la conferma delle statuizioni civili e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile nel grado, in virtù del principio di soccombenza. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato é estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili e condanna la ricorrente al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Zurich Insurance PLC che liquida in complessivi Euro 3.510,00 oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2021. Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021
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