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Usura: sulla prova dello stato di bisogno della vittima

Usura

Cassazione penale sez. II, 03/03/2017, n.21993

Lo stato di bisogno della persona offesa del delitto di usura può essere provato anche in base alla sola misura degli interessi, qualora siano di entità tale da far ragionevolmente presumere che soltanto un soggetto in quello stato possa contrarre il prestito a condizioni tanto inique e onerose. (Fattispecie in cui il tribunale del riesame era giunto a calcolare interessi usurai anche pari al 7, 2% mensile e a 86% su base annua).

Le aggravanti speciali dell’usura si applicano a tutte le ipotesi previste dall’art. 644 c.p., comprese quelle con interessi sotto il limite legale

Usura: lo stato di bisogno può essere provato dalla misura degli interessi pattuiti e dalle condizioni onerose del prestito

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 4/11/2016 il Tribunale del riesame di Taranto ha rigettato il riesame proposto nell'interesse di S.C.D. e S.P. avverso l'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto aveva disposto applicarsi nei loro confronti la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione ad una pluralità di delitti di usura aggravata ai danni di O.F.A. e di Ca.Ce. ed al delitto di violazione degli obblighi della sorveglianza speciale di P.S.. 2. Avverso tale pronuncia hanno presentato ricorso per Cassazione entrambi gli indagati. 2.1. S.P. deduce: 2.1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale del riesame omesso motivare in ordine alla prova dedotta dalla difesa dinanzi allo stesso Tribunale con motivi aggiunti, costituita dalla registrazione di una conversazione telefonica tra il ricorrente e la persona offesa, e da numerosi articoli di cronaca giudiziaria attestanti truffe e corruzioni che si assumono poste in essere dall' O. e dalla moglie. 2.1.2. Illogicità e contraddittorietà della motivazione per avere il Tribunale valutato in maniera contraddittoria l'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, omettendo anche di valutare e considerare che l' O. ha reso dichiarazioni mentre era ristretto perchè ritenuto affiliato ad un clan della (OMISSIS) e che lo stesso e la moglie sarebbero indagati per usura. 2.1.3. Violazione di legge con riferimento alla riconosciuta utilizzabilità delle dichiarazioni rilasciate dall' O. mentre era detenuto per fatti connessi, sicchè si assume che avrebbe dovuto essere ascoltato alla presenza di un difensore. 2.1.4 Violazione di legge con riferimento all'omessa valutazione della dedotta insussistenza di elementi dimostrativi dello stato di bisogno delle persone offese. 2.1.5. Violazione di legge con riferimento al giudizio di attualità delle esigenze cautelari, atteso che S.P. è incensurato, assumendo altresì il ricorrente essersi erroneamente sostenuto nell'ordinanza impugnata che anche nel dicembre del 2014 l' O. avrebbe ottenuto prestiti dal S.. 1. S.C.D. ha presentato due distinti ricorsi per Cassazione, per mezzo suoi difensori, avv. C. e avv. L.. 3.1. L'avv. C.deduce: 3.1.1. Violazione di legge con riferimento all'asserita mancanza di "prova" dell'esistenza della pattuizione di una dazione di interessi usurari, assumendo il ricorrente che soltanto la persona offesa O.F.A., della quale si contesta l'attendibilità, abbia parlato di pattuizioni e di dazioni di interessi usurari. Si contesta, inoltre, la sussistenza sia dell'aggravante dello stato di bisogno che di concrete esigenze cautelari. 3.2. L'avv. L. deduce: 3.2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale del riesame omesso di valutare e motivare in ordine alla prova difensiva costituita dalla registrazione di una conversazione telefonica tra il ricorrente e la persona offesa, e da numerosi articoli di cronaca giudiziaria attestanti l'affiliazione alla (OMISSIS) dell' O. ed il coinvolgimento di questo e del P. in attività usuraia, prove difensive dedotte dinanzi al riesame con motivi aggiunti e finalizzate a documentare l'inattendibilità della persona offesa, imputato in procedimento per reati gravitanti nell'orbita dalla mafia salentina. 3.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale del riesame espresso in modo contraddittorio un giudizio di attendibilità dei denuncianti, anche alla luce delle indagini difensive volte a lumeggiarne la personalità, senza valutare le contraddizioni tra tali dichiarazioni. 3.2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento allo stato di bisogno della persona offesa O. che, a dire del ricorrente, gestiva un negozio in (OMISSIS), ed era proprietario insieme alla moglie di diverse unità immobiliari. 3.2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla violazione degli obblighi imposti ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 75, comma, nulla avendo argomentato il Tribunale in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato; 3.2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla valutazione delle esigenze cautelari, assumendosi l'assenza di attualità di queste, ed altresì essere stata riconosciuta la sussistenza del pericolo di inquinamento delle prove pur essendo scaduti i termini delle indagini preliminari. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell'impugnazione dì legittimità stabiliti dall'art. 606 c.p.p.. Giova, infatti, ricordare i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame sulla libertà personale: secondo l'orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l'ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, ivi compreso l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l'altro negativo, la cui presenza rende l'atto incensurabile in sede di legittimità: l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del 25/05/1995, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760). 2. Tanto precisato, con riferimento al caso di specie deve in primo luogo rilevarsi l'inammissibilità del motivo di ricorso comune ad entrambi i ricorrenti, con il quale questi lamentano l'omessa valutazione, da parte del Tribunale del riesame, della prova difensiva costituita dalla registrazione di una conversazione telefonica che si assume intercorsa tra S.P. e l' O., e da numerosi articoli di cronaca giudiziaria attestanti truffe e corruzioni asseritamente poste in essere da quest'ultimo e da sua moglie dall' O. e dalla moglie. Nessuno dei ricorrenti, infatti, ha allegato al ricorso la registrazione della conversazione telefonica di cui si parla, nè degli articoli di cronaca, sicchè deve ricordarsi che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo vizi di motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Rv. 265053; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, Rv. 246552). Peraltro, per mera completezza di esposizione, va rilevato che non solo il ricorso non espone quale sia il contenuto della registrazione di cui si tratta, ma questo non risultava esplicitato nemmeno nei motivi aggiunti presentati al Tribunale del riesame, sicchè questo non era tenuto a motivare sul punto, atteso che in sede di impugnazione il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza (Sez. 2^, n. 49007 del 16/09/2014, Rv. 261423) nè il difetto di motivazione in ordine a motivi generici può formare oggetto di ricorso per Cassazione, poichè i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria anche quando la decisione del giudice dell'impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione. (Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, Rv. 262700). 3. Sono manifestamente infondate le contestazioni in ordine all'utilizzabilità delle dichiarazioni rilasciate dalla O. mentre era indagato e detenuto per fatti che si assumono connessi, sicchè si deduce anche che avrebbe dovuto essere ascoltato alla presenza di un difensore: il Tribunale del riesame ha correttamente rilevato, infatti, il difetto di connessione tra i fatti contestati ai S. come commessi ai danni dell' O. ed i fatti oggetto del procedimento che vedeva, invece, indagato quest'ultimo, commessi in danno di persone offese diverse, in arco temporale ed in luoghi diversi, nonchè su mandato di un soggetto, tale I., estraneo ai fatti per cui si procede. Analogamente, è manifestamente infondato anche l'assunto volto a sostenere l'inutilizzabilità delle dichiarazioni dell' O. perchè si assume che questi avrebbe reso anche dichiarazioni auto accusatorie in relazione a diversi reati, sicchè il suo esame avrebbe dovuto essere interrotto, con gli avvisi di cui agli artt. 63 e 64 c.p.p.: come correttamente rilevato dal Tribunale del riesame, infatti, le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, in relazione ai quali non opera la sanzione processuale di cui all'art. 63 c.p.p., comma 1, Sez. 2, n. 30965 del 14/07/2016, Rv. 267571). 4. Gli altri motivi di ricorso sono inammissibili per violazione dell'art. 606 c.p.c., comma 1, in quanto propongono censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata. Questa Corte ha più volte ribadito che, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, nè si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitare a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perchè è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24/9/2003, Rv. 226074). In particolare, per quanto riguarda le censure che entrambi i ricorrenti hanno rivolto alla motivazione del provvedimento impugnato in relazione all'attendibilità dell' O., così come di P.M. che, nella prospettazione accusatoria, firmava gli assegni per la restituzione dei prestiti, deve rilevarsi che il Tribunale del riesame ha dato adeguatamente atto dei trascorsi penali e giudiziari di entrambi, anche per il reato di cui all'art. 416 bis c.p., oltre che per il delitto di usura e, tuttavia, pur negando esplicitamente una particolare affidabilità personale dei dichiaranti, ha riconosciuto coerenza nei loro racconti e convergenza nei punti essenziali delle loro dichiarazioni, spiegandone comunque le contraddizioni da un lato con la considerazione che gli stessi hanno reso dichiarazioni in momenti distanti tra loro, così rappresentando fasi diverse dell'evoluzione di rapporti con i S., dall'altro con il rilievo che si tratta di dichiarazioni aventi ad oggetto complessi rapporti commerciali, non agevolmente ricostruibili. Inoltre, senza incorrere in illogicità evidenti, l'ordinanza impugnata ha fondato il giudizio di credibilità delle dichiarazioni dell' O., anche in ordine alla pattuizione ed alla dazione di interessi usurai, sulla grande dovizia di particolari forniti e sulla non ipotizzabilità di intenti calunniatori nei confronti degli indagati (così come anche nei confronti di altri soggetti accusati di praticare usura, quali i titolari di un distributore di carburante a Copertino), ma soprattutto su una pluralità di riscontri, costituiti da elementi di natura sia documentale che dichiarativa, che hanno confermato l'attendibilità delle dichiarazioni della predetta persona offesa in relazione a ciascuna ipotesi di reato contestata ai ricorrenti: essendo estranea alle competenze di questa Corte una valutazione del merito del provvedimento impugnato, comunque congruamente motivato, deve ritenersi sufficiente ricordare in questa sede, a mero titolo esemplificativo, che l'ordinanza impugnata ha evidenziato i riscontri costituiti, quanto all'usura di cui al capo A), non solo dalle dichiarazioni del P., ma anche dalla trafila della negoziazione dell'assegno consegnato in pagamento; quanto al delitto di cui al capo B), invece, dai trasferimenti di proprietà delle autovetture oggetto delle dichiarazioni dell' O. e dalle dichiarazioni di C.M. e di suo padre C.G.; quanto al delitto di cui al capo C) dal contenuto di intercettazioni telefoniche e, quanto al delitto di cui al capo E), nella narrazione di un soggetto, Ca.Ce., incensurato e non attinto da misure cautelari. 5. Manifestamente infondati sono anche i motivi di ricorso, comuni ad entrambi i ricorrenti, aventi ad oggetto l'asserito vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata con riferimento allo stato di bisogno da parte dell' O.: il Tribunale del riesame ha argomentato sul punto rilevando che tale stato di bisogno è emerso anche dalle dichiarazioni del P. e, peraltro, l'ordinanza è giunta a calcolare interessi usurari talvolta anche "pari a circa 7,2% mensile e a 86% su base annua", correttamente ricordando, altresì, che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione lo stato di bisogno della persona offesa del delitto di usura può essere provato anche in base alla sola misura degli interessi, qualora siano di entità tale da far ragionevolmente presumere che soltanto un soggetto in quello stato possa contrarre il prestito a condizioni tanto inique e onerose (Sez. 2, n. 12791 del 13/12/2012, Rv. 255357). 6. Anche le doglianze di cui al quarto motivo del ricorso presentato da S.C.D. a mezzo dell'avv. Leuzzi in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 75, comma, sono manifestamente infondate, avendo adeguatamente argomentato il Tribunale del riesame sia in ordine alla violazione della prescrizione di non allontanarsi dal Comune di Lizzano, imposta al S. con la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune medesimo, sia in ordine alla consapevolezza, da parte del ricorrente, di tale violazion: il Tribunale ha rilevato, sotto il primo profilo, che l'attività di intercettazione telefonica aveva rivelato l'abituale frequentazione, da parte del ricorrente, di uno stabilimento balneare ubicato in Contrada (OMISSIS), nell'isola amministrativa di (OMISSIS), gestito dall'interlocutore telefonico A.C., ed ha altresì evidenziato che l'elemento soggettivo del reato emergeva dalla circostanza che il S., all'indomani dall'accesso di personale della P.G. nel predetto stabilimento, effettuato con modalità tali da lasciar ipotizzare repliche, e del quale il S. veniva prontamente informato con una telefonata intercettata, il ricorrente si recava presso un diverso stabilimento balneare nel territorio di Lizzano, in precedenza mai frequentato, come riferito dal gestore, per sottoscrivere un abbonamento. Nessun vizio logico si riscontra nella valutazione espressa dall'ordinanza impugnata laddove questa ha riconosciuto nella consequenzialità tra l'accesso di un brigadiere in uno stabilimento e l'abbonamento del ricorrente in altro lido la prova della consapevolezza, da parte del S., di aver violato la misura di prevenzione frequentando, sino ad allora, uno stabilimento posto oltre il Comune di Lizzano. 7. Inammissibili per la loro manifesta infondatezza sono anche i motivi di ricorso - peraltro inerenti prevalentemente al merito della decisione impugnata - con i quali entrambi i ricorrenti hanno contestato il riconoscimento del carattere di attualità delle esigenze cautelari. Privo di vizi logici è, infatti, il riconoscimento del pericolo di inquinamento probatorio, risultando coindagati ben nove soggetti ex art. 378 c.p., a ciascuno dei quali è contestato di aver aiutato ora l'uno, ora l'altro, ora entrambi i ricorrenti ad eludere le investigazioni delle autorità, negando il loro coinvolgimento nella negoziazione dei titoli. Formandosi la prova in dibattimento, nel quale è presumibile che i predetti saranno chiamati a rendere dichiarazioni, è evidente che le esigenze di cui all'art. 274 c.p.p., lett. a), non possono ritenersi cessate solo per la dedotta scadenza dei termini per le indagini preliminari. Il Tribunale del riesame, peraltro, ha adeguatamente argomentato in ordine alla concretezza ed attualità anche delle esigenze di cui all'art. 274 c.p.c., lett. c), rilevando in primo luogo che la pluralità di dichiarazioni mendaci rese a favore dei ricorrenti trova spiegazione anche nella capacità criminale di questi, che le predette esigenze emergono anche dall'ampiezza dell'attività usuraria dei S., tale da assumere connotati di professionalità, confermati dal precedente specifico ed infraquinquennale di S.C., già sorvegliato speciale, e dall'autonomia mostrata dal figlio P., benchè incensurato, nel compimento dell'attività delittuosa di cui al capo d) e di gran parte di quella di cui al capo b), oltre che dalla possibilità per lo stesso di avvalersi all'occorrenza dell'egida paterna; a conferma dell'attualità del pericolo di reiterazione delle condotte criminose il Tribunale ha evidenziato anche che i fatti commessi in danno dell' O. risultano essersi protratti sino al momento dell'arresto di questo, nel marzo del 2014, e pertanto sono stati interrotti solo da un fattore esterno alla volontà delle parti. 8. All'inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500,00 ciascuno. 9. Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui gli indagati si trovano ristretti perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis. P.Q.M. Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 dips. att. c.p.p., comma 1 ter. Così deciso, in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 marzo 2017. Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2017
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