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Atti persecutori: il valore probatorio delle dichiarazioni della persona offesa e la configurazione del reato (Giudice Antonio Palumbo)

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Tribunale Napoli sez. VI, 23/11/2022, (ud. 31/10/2022, dep. 23/11/2022), n.10258

Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire da sole elemento probatorio per la condanna, purché risultino intrinsecamente attendibili e confermate da riscontri oggettivi, anche indiretti. La configurazione del reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) richiede una pluralità di condotte idonee a provocare nella vittima uno stato di ansia e paura tale da modificare le proprie abitudini di vita.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
DI SA. Lu. è stato tratto, nelle forme del rito immediato, innanzi al giudizio del Tribunale di Napoli - in composizione monocratica - per rispondere del reato ascrittogli giusta decreto del G.I.P. datato 3 maggio 2021.

All'udienza del 28 giugno 2021,una volta esaurite le questioni preliminari, il dibattimento era aperto e le parti avanzavano le rispettive richieste di mezzi di prova che il Collegio, valutatene la pertinenza e rilevanza ai fini della decisione, accoglieva nei sensi e limiti di cui all'ordinanza dettata a verbale e rinviava, per l'assenza dei testi, al 20 settembre successivo, dove erano esaminati i testi RU. Nu. - persona offesa - e GA. Pa. ed era acquisita documentazione con rinvio, all'esito, all'8 novembre 2021.

In quella sede erano esaminati i testi CO. ed ES. mentre alla successiva udienza del 27 dicembre 2021 era la volta del teste MA.. Seguiva il rinvio al 28 febbraio 2022 e da lì, per l'assenza dei testi, al 28 marzo successivo dove si procedeva all'esame del teste SA..

Seguivano tre rinvii fino ad arrivare all'udienza del 18 luglio 2022 dove era riascoltato il teste GA. con rinvio, in prosieguo, al 3 ottobre 2022 per l'esame dell'imputato. In quella sede, stante l'assenza del DI SA., si acquisiva il verbale dell'interrogatorio reso nella fase delle indagini e si concludeva l'istruttoria dibattimentale.

Su concorde richiesta delle parti il dibattimento era rinviato, per la discussione, al 24 ottobre e da lì, per l'assenza del magistrato titolare del procedimento, all'udienza odierna.

Oggi, una volta raccolte le conclusioni delle parti nei sensi di cui in premessaci - Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione.

Motivi della decisione
Rileva il Giudicante che, alla luce delle risultanze istruttorie che hanno consentito di ricostruire la vicenda per cui è processo nei suoi esatti contorni e sviluppi, debba essere affermata - al di là di ogni ragionevole dubbio - la penale responsabilità dell'imputato in ordine al delitto che, come si vedrà, è risultato integrato in tutti i suoi elementi ontologici e strutturali.

Va però premesso che, come emerge chiaramente dalla mera lettura degli atti, il punto di abbrivo ed al tempo stesso il traguardo dell'impostazione accusatoria trova la sua scaturigine nelle dichiarazioni rese, anche in dibattimento, dalla persona offesa RU. Nu. sicché si ripropone, in questa sede, l'annoso dibattito in ordine alla valenza - sostanziale e processuale - da attribuire alle "accuse" provenienti dalla "vittima" del delitto per cui si procede.

Orbene è noto che per costante orientamento giurisprudenziale della S.C. - cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. IV 21 giugno - 10 agosto 2005 n. 30422 e Sez. III 18/7/12 n. 253688 - la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta, anche da sola, a fondamento della pronuncia di colpevolezza dell'imputato a condizione però che essa abbia resistito, vittoriosamente, ad un rigoroso vaglio critico da parte del Giudice.

Siffatta penetrante disamina è evidentemente volta a neutralizzare il rischio - concreto - di dichiarazioni "manipolate", specie in vicende come quella in esame dove, almeno in astratto ma innegabilmente, potrebbero interagire, anche inconsapevolmente nell'accusatore, insondabili impulsi, pulsioni e tensioni emotive, tali da suggerirgli o condurlo a dichiarazioni, dettate magari da un sentimento - umanamente comprensibile ma giuridicamente inaccettabile - di rivalsa o vendetta nei confronti dell'imputato che tendano a "distorcere" strumentalmente la realtà dei fatti al fine di fornire una versione degli stessi interessata e fuorviante.

Ci si preoccupa, giustamente, di garantire che le dichiarazioni di accusa della vittima siano il più possibile genuine e "disinteressate" e quindi intrinsecamente attendibili, ma allorché sia provato tale loro carattere le dichiarazioni della persona offesa, pur se astrattamente non equiparabili a quelle del testimone estraneo, possono fondare autonomamente - senza cioè la necessità di riscontri esterni - una pronuncia di condanna.

Peraltro il disposto dell'art. 192 c.p.p. non prevede particolari parametri di valutazione di tali dichiarazioni, né subordina la loro rilevanza a condizioni specifiche per cui è da ritenersi che l'accusa della vittima sia, di per sé, una fonte di prova a tutti gli effetti.

Ciò chiarito deve subito sottolinearsi che l'inattendibilità intrinseca della persona offesa dichiarante non può farsi discendere, allorché l'impianto narrativo sia nel suo complesso logico e coerente, da eventuali discordanze o imprecisioni su fatti marginali della vicenda ed inoltre anche qualche contraddizione può non essere rilevante ai nostri fini perché una versione dei fatti, affatto identica e senza incertezze, che come un cuneo inarrestabile superi il lasso cronologico e tutte le fasi processuali ben può apparire sospetta, perché magari studiata e preparata "a tavolino".

Insomma, ben può essere ritenuta credibile ed attendibile la persona offesa che, pur con qualche comprensibile e giustificabile tentennamento, mantenga ferma la sua versione accusatoria nei punti essenziali della vicenda che l'hanno, suo malgrado, vista protagonista.

In quest'ottica valutativa non può trascurarsi il parametro della logica nel senso che, in presenza o sospetto di un intento calunnioso da parte della vittima, è ragionevole ritenere che la sua versione dei fatti non possa, in linea astratta, presentare punti deboli o facilmente attaccabili di talché anche una dichiarazione che sia, a prima vista, oggettivamente carente può essere indirettamente il riscontro dell'attendibilità complessiva di colui che l'ha resa.

In altri termini allorché la versione accusatoria presenti oggettive lacune o incongruenze che però siano spiegabili sotto il profilo della logica e del dato fattuale, l'attendibilità del dichiarante può essere affermata.

Se ciò è vero - e non si vede come, sulla base del concorde ed univoco insegnamento dottrinale e giurisprudenziale, possa essere negato deve subito affermarsi che le dichiarazioni rese da RU. Nu. siano apparse nel loro complesso non solo attendibili, ma anche fornite di alcuni riscontri esterni sicché ben possono costituire la piattaforma cui agganciare il giudizio di responsabilità dell'imputato.

In estrema sintesi - riservando una disamina più approfondita allorché dovrà valutarsi la sussistenza del delitto contestato - la RU. ha dichiarato in dibattimento, confermando peraltro quanto già illustrato nella denuncia querela sporta di aver avuto con l'imputato una relazione sentimentale, durata cica un anno e mezzo, terminata poi per sua decisione. Il DI SA. però non aveva accettato tale conclusione ed aveva cominciato a tempestarla di messaggi whatsapp, di telefonate a qualunque ora anche presso suoi familiari, ad insultarla e minacciarla. Una sera, a mezzanotte, si era presentato presso l'abitazione dove lei viveva, da sola, con la figlia minore avuta da altra relazione, chiedendo di voler entrare ed al rifiuto tentando di farlo con la forza e riornando il giorno successivo allorché però era rimasto nel viale di accesso. La teste ha continuato riferendo di aver denunciato in tre occasioni - l'imputato il quale aveva anche telefonato a casa dei nonni patemi dove si trovava la bambina urlando e che siffatto comportamento da parte del DI SA. era durato per due mesi per poi cessare. Infine ha precisato di essere stata costretta, per motivi di paura e prudenza, a trasferirsi per una settimana presso l'abitazione della madre.

Orbene dette dichiarazioni sono, all'evidenza, lineari e coerenti, non sorrette da particolare astio e/o rancore nei confronti dell'imputato - basti pensare alla circostanza che la teste ha comunque riferito che le minacce erano cessate dopo due mesi e che comunque da tempo non aveva più ricevuto "fastidi" dal DI SA., particolari che, nell'ottica di una denuncia calunniosa avrebbe avuto tutto l'interesse a tacere, e neppure connotate da "amnesie tattiche" ovvero opportunistiche rimodulazioni "in corso d'opera" a seconda delle contestazioni che potevano esserle mosse sicché, sotto questo profilo, sono senz'altro credibili.

In atti sono poi versate - e risultano utilizzabili ai fini della decisione - copie dei numerosi e ravvicinati messaggi FACEBOOK inviati dal DI SA. alla RU. il cui contenuto è inequivocabile sicché le accuse della persona offesa ricevono un'ulteriore, palmare ed incontrovertibile, conferma con le implicazioni che una tale valutazione ha sulla disamina del profilo di responsabilità.

Ma vi è di più.

Il teste di P.G. CO. Pa., assistente capo della Polizia di Stato in servizio press il Commissariato P.S. di (omissis), ha confermato di essere intervenuto - su sua richiesta - due volte presso l'abitazione della RU. perché si era presentato il DI SA. che voleva entrare precisando di non aver trovato in nessuna delle due occasioni l'imputato, mentre il teste CA. Pa., vice ispettore della Polizia, ha riferito che in più occasioni la RU. aveva denunciato il DI SA. ed aveva depositato i messaggi che ha poi riconosciuto allorché è stato riesaminato all'udienza del 18 luglio 2022.

Ancora il teste SA. Fl., anch'egli in forza alla Polizia di Stato, ha riferito che all'atto dell'intervento da lui effettuato presso l'abitazione dove la persona offesa viveva - da sola - con la figlia, la RU. era apparsa agitata perché il DI SA. aveva tentato di entrare e che la porta di ingresso dell'appartamento presentava segni di effrazione.

Orbene non vi sono ragioni per dubitare dell'attendibilità di tali dichiarazioni che provengono da pubblici ufficiali, certamente consapevoli come tali delle conseguenze in caso di mendacio e/o reticenza, i quali non hanno nessun plausibile interesse a mentire e che, per di più, hanno riferito fatti a loro diretta conoscenza per cui è evidente che esse costituiscano un riscontro preciso alle accuse della RU. la cui versione dei fatti è supportata, quindi, anche da riscontri esterni.

Infine MA. Vi., ex "suocero" della persona offesa, certamente attendibile non essendo emersi dati neppure per ipotizzare un suo plausibile interesse al mendacio, ha dichiarato che una sera mentre la nipote, figlia della RU., era presso di loro erano arrivate sul cellulare della bambina numerose telefonate (10/15) da parte di un uomo - che la piccola indicò essere il "fidanzato" della madre - facendola spaventare ed agitare tanto che egli era dovuto intervenire pregandolo di non telefonare più ed ha precisato che l'interlocutore si era qualificato come Lu. sicché deve concludersi che anche con riferimento a tale aspetto della narrazione la versione fornita dalla persona offesa ha ricevuto riscontro.

A fronte di tale univoco quadro accusatorio l'imputato si è difeso - cfr. il verbale del suo interrogatorio confluito, ex art. 513 c.p.p., nell'incarto dibattimentale - con una negatoria generica assumendo di essere stato lui a lasciare la RU., di non avere con la stessa più alcun rapporto ed ammettendo di aver pubblicato un post di FACEBOOK relativo al loro rapporto ma è evidente che trattasi di una versione del tutto inidonea ad inficiare la valenza accusatoria delle altre acquisizioni istruttorie di cui si è discusso.

Può dirsi dunque provata al di là di ogni ragionevole dubbio la veridicità ed attendibilità della versione fornita da RU. Nu. e si tratta ora di stabilire - anche a fronte delle articolate richieste difensive - se le condotte in esse descritte integrino l'ipotesi di reato contestata e la risposta a tale quesito non può che essere affermativa.

Invero è noto che il delitto ex art. 612 bis c.p. si connota, ontologicamente, per una serie reiterata di condotte che causino alla persona offesa uno stato di ansia, paura, preoccupazione ed insicurezza tale, anche in alcuni casi, da indurla a modificare le proprie abitudini di vita.

In sostanza l'agente deve porre in essere comportamenti tali da ingenerare nella "vittima" il perdurante stato di ansia in grado di produrre un effetto destabilizzante del suo equilibrio o anche di aggravare una precedente condizione di "disagio psichico" (cfr. per tutte Cass. Pen. sez. V del 10 gennaio 2022 n. 7559) e le "molestie" possono anche essere indirette, nel senso che pur non rivolte specificamente rivolte alla persona offesa, ma sono comunque tali da incidere -subdolamente - sulla sua vita privata (cfr. Cass. Pen. Sez. V del 12 maggio 2022 n. 25248).

Orbene non sembra revocabile in dubbio che i post offensivi e minacciosi reiteratamente pubblicati su FACEBOOK, le presenze sotto l'abitazione della Ru. ed in un'occasione il tentativo di entrare con la forza, le telefonate continue effettuate ai familiari della persona offesa ed anche sul cellulare della figlia minore della vittima abbiano senz'altro provocato nella RU. quello stato di disagio e preoccupazione ansiosa che costituisce l'essenza del delitto contestato.

Né una tale valenza può essere inficiata dalla circostanza - ammessa dalla stessa persona offesa a conferma, ulteriore, della sua intrinseca attendibilità - pacifica, della limitata durata - due mesi - di tali condotte considerato che - come visto - la RU. non solo ha più volte denunciato il DI SA. ma - ed è un particolare decisivo in senso accusatorio - è stata costretta anche a cambiare, quantunque momentaneamente, le proprie abitudini di vita. Cfr. verbale stenotipico dell'udienza del 20 settembre 2021:

TESTIMONE RU.: "E infatti io per una settimana sono andata a casa di mia mamma perché io vivevo da sola con mia figliarono andata a casa di mia mamma per stare un poco più tranquilla"

GIUDICE: "Quindi lei è andata a casa di sua mamma in conseguenza di queste minacce?"

TESTIMONE RU.: "Si, avevo paura, volevo stare un po' più tranquilla, infatti la pattuglia mi venne anche a fare il controllo"

GIUDICE: "Quindi ha cambiato le sue abitudini di vita?"

Testimone RU. "Sì per una settimana".

e ciò senza contare che - come visto - la RU. viveva da sola con la figlia minore sicché i motivi di preoccupazione ed ansia, lungi dall'essere strumentali, erano invece più che giustificati.

Ne deriva che sussistono tutti i requisiti ontologici del reato contestato e non possono condividersi le richieste difensive di "derubricazione" ovvero diversa qualificazione posto che la condotta complessiva posta in essere dal DI SA. - o cui singoli segmenti non possono essere parcellizzati così come sembra fare la difesa - a non può che essere ascritta nel paradigma degli atti persecutori.

DI SA. Lu. va pertanto condannato in relazione al delitto ascrittogli tuttavia, nell'ottica del doveroso adeguamento della sanzione al fatto concreto ed in considerazione che non vi sono state più minacce, possono però essergli concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva contestate.

Applicati i criteri indicati dall'art. 133 c.p. risulta allora equa la pena di anni uno e mesi otto di reclusione mentre ex lege segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

I precedenti penali del DI SA. risultano ostativi alla concessione in suo favore del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Sempre ex lege va ordinata la trasmissione degli atti alla A.G. minorile mentre il notevole carico di lavoro dell'udienza e complessivo ha determinato il ricorso ad un più ampio termine per il deposito delle motivazioni della sentenza.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p. dichiara DI SA. Lu. responsabile del delitto ascrittogli, e, concesse le circostanze attenuanti generi che, equi valenti alle aggravanti contestatelo condanna alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi copia degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli per quanto di competenza. Indica in giorni quarantacinque il termine per il deposito delle motivazioni della sentenza.

Così deciso in Napoli, il 31 ottobre 2022

Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2022

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