Tribunale Napoli sez. VI, 18/08/2022, (ud. 06/06/2022, dep. 18/08/2022), n.5987
Il reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p. si configura quando una condotta reiterata di minacce o molestie provoca nella vittima un perdurante e grave stato di ansia o paura, oppure l’alterazione delle proprie abitudini di vita. La remissione della querela accettata dall’imputato estingue il reato, salvo che i fatti si siano verificati con modalità aggravate ai sensi dell’art. 339 c.p.
Svolgimento del processo
L'imputato in epigrafe è stato tratto nelle forme ordinarie, innanzi al giudizio del Tribunale di Napoli - in composizione monocratica - per rispondere dei reati ascrittigli giusta decreto del G.U.P. datato 25 gennaio 2021.
Dopo un rinvio per ragioni di assegnazione interna, all'udienza dell'8 novembre 2021, era acquisita la documentazione prodotta dal P.M. ed erano esaminati i testi VA. Mo., parte civile, VA. Vi. e SA. Al. con rinvio, all'esito, al 13 dicembre successivo dove, invece, era esaminato il teste LO. An..
Alla successiva udienza del 14 marzo 2022 era esaminata la teste LO. Mi., anch'ella persona offesa, che rimetteva la querela e la remissione era accettata dall'imputato RU. con rinvio all'11 aprile 2022 dove, preliminarmente, era disposta l'apertura del dibattimento e dichiarata, su consenso delle parti, l'utilizzabilità di tutti gli atti già compiuti con rinvio, in prosieguo, al 9 maggio successivo dove si concludeva l'istruttoria dibattimentale e sia il P.M. che la parte civile rassegnavano le rispettive conclusioni ed il dibattimento era rinviato, per le conclusioni della difesa dell'imputato, all'udienza del 30 maggio 2022 dove la difesa rassegnava le proprie conclusioni e, per le eventuali repliche del P.M., il dibattimento era rinviato all'udienza odierna.
Oggi, il P.M. non esercitava il diritto di replica sicché il Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione.
Motivi della decisione
Rileva il Giudicante che, alla stregua delle risultanze processuali che hanno consentito di ricostruire la vicenda per cui è processo nei suoi esatti contorni e sviluppi, debba essere affermata la penale responsabilità di RU. Sa. con riferimento al delitto contestato al capo 1) che risulta integrato in tutti i suoi elementi ontologici e strutturali SOLTANTO in relazione alla posizione della persona offesa -costituita parte civile - VA. Mo., mentre per ciò che attiene alla medesima imputazione con condotta in danno di LO. Mi. è intervenuta una causa di estinzione sicché - come poi si vedrà - si impone la relativa declaratoria di improcedibilità. Quanto poi al delitto rubricato sub B) gli esiti istruttori non hanno fornito adeguato ed univoco riscontro alla prospettazione accusatoria per cui, come poi si vedrà, è legittimo e ragionevole quantomeno il dubbio sulla colpevolezza dell'imputato.
Va comunque premesso che, come emerge dalla mera lettura degli attirassero accusatorio complessivo trova il suo punto di abbrivo e forse il suo traguardo nelle dichiarazioni rese dalle persone offese, una delle quali, VA. Mo. poi costituitasi parte civile, sicché si ripropone, in questa sede, l'annoso problema della valenza sostanziale e processuale da attribuire alle dichiarazioni accusatorie della vittima del reato per cui si procede.
Orbene è noto che per costante orientamento giurisprudenziale della S.C. - cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. IV 21 giugno - 10 agosto 2005 n. 30422 e Sez. III 18/7/12 n. 253688 - la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta, anche da sola, a fondamento della pronuncia di colpevolezza dell'imputato a condizione però che essa abbia resistito, vittoriosamente, ad un rigoroso vaglio critico da parte del Giudice.
Siffatta penetrante disamina, vieppiù necessaria allorché, come nella fattispecie, la persona offesa si sia costituita parte civile ed abbia quindi un preciso interesse da perseguire e tutelare, è evidentemente volta a neutralizzare il rischio – concreto - di dichiarazioni "manipolate", specie in vicende come quella in esame dove, almeno in astratto ma innegabilmente, potrebbero interagire, anche inconsapevolmente nell'accusatore, insondabili impulsi, pulsioni e tensioni emotive, tali da suggerirgli o condurlo a dichiarazioni, dettate magari da un sentimento - umanamente comprensibile ma giuridicamente inaccettabile - di rivalsa o vendetta nei confronti dell'imputato che tendano a "distorcere" strumentalmente la realtà dei fatti al fine di fornire una versione degli stessi interessata e fuorviarne.
Ci si preoccupa, giustamente, di garantire che le dichiarazioni di accusa della vittima siano il più possibile genuine e "disinteressate" e quindi intrinsecamente attendibili, ma allorché sia provato tale loro carattere le dichiarazioni della persona offesa, pur se astrattamente non equiparabili a quelle del testimone estraneo, possono fondare autonomamente - senza cioè la necessità di riscontri esterni - una pronuncia di condanna.
Peraltro il disposto dell'art. 192 c.p.p. non prevede particolari parametri di valutazione di tali dichiarazioni, né subordina la loro rilevanza a condizioni specifiche per cui è da ritenersi che l'accusa della vittima sia, di per sé, una fonte di prova a tutti gli effetti.
Ciò chiarito deve subito sottolinearsi che l'inattendibilità intrinseca della persona offesa dichiarante non può farsi discendere, allorché l'impianto narrativo sia nel suo complesso logico e coerente, da eventuali discordanze o imprecisioni su fatti marginali della vicenda ed inoltre anche qualche contraddizione può non essere rilevante ai nostri fini perché una versione dei fatti, affatto identica e senza incertezze, che come un cuneo inarrestabile superi il lasso cronologico e tutte le fasi processuali ben può apparire sospetta, perché magari studiata e preparata "a tavolino".
Insomma, ben può essere ritenuta credibile ed attendibile la persona offesa che, pur con qualche comprensibile e giustificabile tentennamento, mantenga ferma la sua versione accusatoria nei punti essenziali della vicenda che l'hanno, suo malgrado, vista protagonista.
In quest'ottica valutativa non può trascurarsi il parametro della logica nel senso che, in presenza o sospetto di un intento calunnioso da parte della vittima, è ragionevole ritenere che la sua versione dei fatti non possa, in linea astratta, presentare punti deboli o facilmente attaccabili di talché anche una dichiarazione che sia, a prima vista, oggettivamente carente può essere indirettamente il riscontro dell'attendibilità complessiva di colui che l'ha resa.
In altri termini allorché la versione accusatoria presenti oggettive lacune o incongruenze che però siano spiegabili sotto il profilo della logica e del dato fattuale, l'attendibilità del dichiarante può essere affermata.
Se ciò è vero - e non si vede come sulla scorta dell'uniforme orientamento sia giurisprudenziale che dottrinale, possa essere negato -deve innanzitutto rilevarsi che le dichiarazioni rese dalle varie persone offese hanno certamente delineato una vicenda concreta connotata da liti, minacce, reazioni e comportamenti violenti e contrasti interpersonali insorti nell'ambito del rapporto sentimentale tra l'imputato RU. Sa. e LO. Mi. poi estesosi all'ambiente familiare di quest'ultima che ben possono costituire il plafond e la piattaforma cui agganciare l'imputazione del delitto di "stalking"rectius di atti persecutori.
In particolare VA. Mo., madre della Lo., ha dichiarato in dibattimento -peraltro confermando in larghissima parte quanto già esposto nella denuncia querela presentata in data 15 giugno 2017 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli - di essere la madre di LO. Mi. la quale aveva avuto una relazione sentimentale con l'imputato dalla quale era nato un figlio.
Inizialmente la coppia conviveva in un proprio appartamento ma poi, a seguito dei frequenti litigi, Mi. si era trasferita col bambino presso di lei e la relazione si era interrotta nell'anno 2017.
Da quel momento il RU. aveva cominciato a minacciare ed ossessionare la LO. con richieste insistenti e pressanti di vedere il bambino tanto che la ragazza era stata costretta a rifugiarsi presso una casa-famiglia col piccolo, ma aveva anche cominciato a minacciare lei, a tempestarla di messaggi minatori, a seguirla allorché usciva tanto che era stata costretta a farsi accompagnare o a non uscire più di casa.
Ha aggiunto che anche suo marito, suo fratello ed il figlio An. erano stati minacciati dal Ru. ed in particolare che lei, proprio per tentare di porre fine alla situazione, aveva sporto varie querele contro l'imputato.
Ha anche aggiunto di non poter più uscire perché in alcune occasioni il RU. l'aveva seguita insieme ad altre persone ed ha precisato che tale condotta dell'imputato le aveva creato un perdurante stato di ansia tanto da costringerla a rivolgersi ad uno specialista.
Ha infine precisato di non essere a conoscenza dell'eventuale ripresa della relazione tra la figlia e l'imputato e che la condotta del Ru. era durata per circa due anni e che in quel periodo ella aveva cambiato le sue abitudini di vita.
Orbene siffatte dichiarazioni, in sé lineari e coerenti e non connotate da particolare rancore o malanimo nei confronti dell'imputato, basti pensare alla circostanza che la VA. che pur si è costituita parte civile, ha riconosciuto che l'imputato aveva solo per un paio di anni posto in essere la condotta in suo danno particolare che, in un'ottica calunniosa avrebbe potuto tacere, ovvero da "amnesie tattiche" o, peggio, opportunistiche rimodulazioni in corso d'opera allorché potevano profilarsi delle contestazioni, non solo risultano affatto credibili ma anche sorrette da riscontri esterni.
Sono invero versate al fascicolo dibattimentale, sull'accordo delle parti e quindi come tali utilizzabili ai fini della decisione, verbali di trascrizione di conversazioni intercorse tra l'imputato e la persona offesa VA. Mo. il cui contenuto e tenore minatorio è affatto inequivocabile (cfr. i verbali di ascolto e contestuale trascrizione in forma integrale prodotti dal P.M. all'udienza dell'8 novembre 2021), nonché i tabulati telefonici che danno contezza delle chiamate rectius del numero impressionante di chiamate effettuate dall'utenza in uso al Ru. verso il telefono della Va. ed il teste di P.G. SA. Al. che partecipò alle indagini e della cui attendibilità, ovviamente, non vi è ragione di dubitare trattandosi di un pubblico ufficiale, certamente consapevole delle conseguenze in caso di mendacio e/o reticenza, il quale non ha nessun plausibile interesse a mentire e che ha riferito fatti a sua diretta conoscenza ha confermato, in dibattimento, il contenuto delle conversazioni.
Può dunque dirsi pienamente riscontrato, sul punto, il narrato della VA. ed è indubbio che quanto emerge integri senz'altro il profilo ontologico del delitto ex art. 612 bis c.p.
È appena il caso di ricordare infatti che il delitto in esame è connotato sotto il profilo cd. materiale da una serie di condotte minacciose ed ossessive che creino nella persona offesa una condizione di disagio, preoccupazione e timore tale da indurla a cambiare le proprie abitudini di vita.
Ora a parte il contenuto di perspicua chiarezza delle telefonate e dei vari e numerosissimi messaggi whatsapp inviati dall'imputato alla VA., sono rimaste non smentite sia la circostanza - peraltro comprovata dalla documentazione sanitaria prodotta agli atti - delle conseguenze "psicologiche" determinatesi nella vittima, sia quella della modifica dello stile ed abitudine di vita da parte della VA. che, come da lei riferito e non contraddetto da alcunché, era stata costretta a farsi accompagnare allorché usciva perché più volte il Ru., anche talvolta con altre persone, l'aveva appostata e seguita.
Anche il teste VA. Vi. - fratello della persona offesa - ha confermato di aver assistito, in alcune occasioni, alle minacce ed agli insulti che il RU. aveva rivolto alla persona offesa così come il teste LO. An., figlio della VA., ha confermato che il Ru. - dopo la fine della relazione con Mi. - aveva telefonato con insistenza a casa ed era anche andato sotto l'abitazione.
Certo potrebbe in astratto anche ipotizzarsi che - dato lo stretto rapporto che li lega alla VA. - i testi abbiano voluto fornire una versione per così dire "compiacente" con quella della persona offesa ma è un fatto che nessun dato, neppure ipotetico o indiretto, è stato offerto dall'imputato in grado di contraddire o anche inficiare tale versione sicché deve ritenersi che anche sotto tale profilo il racconto e la denuncia della persona offesa, costituitasi parte civile, sia del tutto veritiero ed attendibile.
È dunque provata, sulla scorta degli esiti istruttori, la sussistenza del delitto contestato essendo fuori discussione che la condotta del RU., reiterata nel tempo, sistematica, abbia determinato nella VA. un grave stato di ansia - e del resto la persona offesa aveva già presentato varie denunce per episodi specifici - tale da farle modificare, coattivamente ed indesideratamente, le sue abitudini di vita sicché l'imputato deve essere condannato - previa scissione dell'originaria contestazione - in relazione al reato addebitatogli.
In considerazione dell'oggettiva gravità della condotta e tenuto conto del comportamento processuale, non possono essergli concesse le circostanze attenuanti generiche per cui, una volta applicati i criteri indicati dall'art. 133 c.p., risulta equa la pena di anni uno e mesi sei di reclusione.
Ex lege segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali mentre l'assenza di precedenti penali a suo carico, ed il rilievo che la condotta criminosa - come riferito dalla persona offesa -risulta essersi interrotta legittima la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
RU. Sa. va poi condannato al risarcimento del danno - da liquidarsi in separato giudizio per l'assenza di univoci parametri di valutazione - in favore della costituita parte civile, nonché alla rifusione in favore della stessa delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio liquidate invece, equitativamente, come da dispositivo.
Quanto invece al delitto di atti persecutori in danno di LO. Mi. se da un lato non appare contestabile che, almeno per un certo periodo, la condotta dell'imputato possa, almeno in astratto, aver integrato gli estremi richiesti dalla previsione incriminatrice - al riguardo è infatti sufficiente richiamare il contenuto della denuncia querela sporta dalla persona offesa in data 7 luglio 2017 e dei messaggi ad essa allegati - deve poi anche rilevarsi, dall'altro, che difetta la condizione di procedibilità.
Invero in sede dibattimentale la LO. ha rimesso la querela (cfr. verbale stenotipico dell'udienza del 14 marzo 2022)
GIUDICE: "Lei in relazione ai fatti per i quali si procede ha sporto una querela, intende andare avanti nel processo o vuol rimettere la querela?"
TESTIMONE LO. : "Rimetto la querela".
GIUDICE: È sicura?"
TESTIMONE LO.: "Sì"
e l'imputato RU., espressamente interpellato ha accettato tale remissione
GIUDICE "Noi la chiamiamo perché come lei ha potuto vedere, lei intende accettare la remissione di querela che è stata fatta nei suoi confronti dalla persona offesa, la signora Lo.?"
IMPUTATO RU.; "Sì, accetto la remissione di querela"
Orbene è noto che il delitto ex art. 612 bis c.p. è, in genere, perseguibile a querela della persona offesa sicché nella fattispecie è evidente che a seguito del perfezionamento del meccanismo remissione -accettazione il delitto è estinto e pertanto si impone la relativa declaratoria di improcedibilità, una volta scissa l'imputazione originaria, nei confronti di RU. Sa.
Certo non sfugge al Giudicante che siffatto "meccanismo" può operare SOLO a determinate condizioni che però appaiono ricorrere nella vicenda in esame dal momento che è stata la stessa persona offesa querelante a riferire in dibattimento che le condotte persecutorie, peraltro circoscritte cronologicamente, erano da tempo cessate e non risulta che esse si siano estrinsecate in minacce commesse con le modalità di cui all'art. 339 c.p.
Va pertanto accolta, perché fondata, la richiesta di declaratoria di improcedibilità per estinzione del reato avanzata dal P.M. in sede di conclusioni.
Per ciò che attiene infine al delitto di danneggiamento aggravato contestato al capo B) della rubrica deve rilevarsi che la prospettazione accusatoria fonda, in sostanza, su di una deduzione legittimata, in verità, dalla lettura delle trascrizioni delle conversazioni telefoniche e dei messaggi, invero in alcune di esse il RU. fa esplicito riferimento al posteggio delle macchine ed alle "botte" arrecate alle stesse tuttavia deve considerarsi: A) che l'autovettura in questione non è di proprietà della VA. Mo. bensì del fratello Vi.; B) che non risultano esservi stati liti e/o contrasti tra il RU. ed appunto il VA. Vi.; C) che quest'ultimo - cfr. la sua deposizione in dibattimento - non è stato in grado di fornire alcuna indicazione circa l'autore del danneggiamento ed ha escluso di essere stato minacciato (cfr. pag. 15 del verbale stenotipico dell'udienza dell'8 novembre 2021).
Ora non sfugge al Giudicante che non essendo emersi altri contrasti con persone diverse è ragionevole sospettare dell'imputato, ma è un fatto che nessun dato processuale depone in modo univoco per la sua responsabilità proprio alla luce di quanto prima evidenziato per cui è legittimo quantomeno il dubbio sulla responsabilità del RU. che va, pertanto, assolto con la relativa formula.
Infine il notevole carico di lavoro dell'udienza e complessivo e la complessità della vicenda hanno determinato il ricorso ad un più ampio termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535, 538 c.p.p. dichiara RU. Sa. responsabile del delitto di cui all'art. 612 bis c.p. limitatamente alla condotta in danno di VA. Mo., così scissa l'imputazione originaria e, per l'effetto, lo condanna alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa alle condizioni di legge. Condanna altresì RU. Sa. al risarcimento del danno - da liquidarsi in separato giudizio - in favore della costituita parte civile nonché alla rifusione in favore della stessa delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio che liquida in complessivi Euro millesettecentoventicinque,00 (Euro 1725,00) di cui Euro 1500,00 per onorario ed Euro 225,00 per spese oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Letto l'art. 531 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di RU. Sa. con riferimento al medesimo delitto limitatamente alla condotta in danno di LO. Mi. per essere il delitto stesso estinto per intervenuta remissione di querela. Letto l'art. 530 cpv. c.p.p. assolve RU. Sa. dal delitto ascrittogli al capo B) della rubrica per non aver commesso il fatto. Indica in giorni novanta il termine per il deposito delle motivazioni della sentenza.
Così deciso in NAPOLI, il 6 giugno 2022
Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2022
Procedimento penale 18279/2017 (riuniti 535403/44/2017 e 21038/21/2017): imputato RU. Sa.
PROCURA della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di NAPOLI
RICHIESTA di RINVIO a GIUDIZIO
Al Signor Giudice per le indagini preliminari - sede
Il Pubblico Ministero, Letti gli atti del procedimento penale iscritto a carico di:
RU. Sa., nato a (omissis) il (omissis), residente a (omissis) in Via (omissis) n. (omissis) o Via (omissis);
IMPUTATO
A) del reato p. e p., dagli articoli 61 n. 5. 612 bis commi 1, 2, 3 e 4 C. P., perché, dopo il periodo di rinnovata convivenza (terminata nel mese di febbraio 2017) con LO. Mi. (già persona offesa nell'ambito del p. p. 24265/R/2014 riunito p. p. 10415/R/2017), sua ex compagna e madre del loro figlio RU. Ga. (nato a (omissis) il (omissis)), anche alla presenza di questi, 51604/2013 sempre per maltrattamenti e atti persecutori in danno della stessa vittima offesa su indicata (nonché ai danni di NA. Gi., patrigno di LO. Mi., e di LO. An., fratello minorenne dell'originaria vittima), mediante ulteriori condotte reiterate, minacciava e molestava LO. Mi. (nata a (omissis) il (omissis)), VA. Mo., madre di LO. Mi., nonché VA. Vi., fratello della predetta Mo., sia per telefono (mediante messaggi provocatori e minatori anche utilizzando utenze di altri, sia scritti sia verbali), sia di persona (presentandosi sotto casa, appostandosi sia sotto di essa sia nei pressi di luoghi frequentati dalle vittime e nonostante la presenza del piccolo GA., e seguendole, oppure danneggiando veicoli nella loro disponibilità come descritto nei capi successivi, in particolare: ai danni di VA. Mo., in data 3 marzo 2017, appostamento, pedinamento e minacce alla predetta che aveva con sé il piccolo GA.; il giorno successivo, appostamento e minacce alla suddetta; e, infine, il 15.3.2017, appostamento e pedinamento della stessa perseguitata, unitamente ad altro ragazzo; dalla stessa data fino a tutto il mese di aprile 2017 (numerosi messaggi scritti e vocali di whatsapp; telefonate su utenza fissa e cellulare della medesima vittima, ad ogni ora del giorno e della notte: il tutto implementato dopo il 4.4.2017, giorno in cui la figlia LO. Mi. entrava in una casa-famiglia con il piccolo GA.); ai danni di VA. Vi., in data lo aprile 2017 (domenica di Pasqua), di mattina, danneggiamento dell'autovettura (omissis) targata (omissis), come descritto al capo seguente; in data 16 aprile 2017, alle ore 21,30 circa, minacce di botte a loro della famiglia VA.-LO. con la frase riferita sull'utenza di VA. Mo. "Adesso ho finito con le botte nelle macchine, adesso le do addosso a voi!"; in data 16 aprile 2017, alle ore 22,30 circa, appostamento, pedinamento e minacce al predetto VA. Vi., proseguito fino al Commissariato di Polizia; e, in precedenza, il 9 aprile 2017, minacce di percosse riferite sull'utenza della sorella della vittima, VA. Mo.; ai danni di LO. Mi., in data 22 aprile 2017, numerose minacce e ingiurie inviate dall'utenza della propria sorella RU. Ma. all'utenza della predetta vittima; nel periodo marzo-aprile-maggio 2017, numerosi messaggi vocali minatori e offensivi, indirizzati alla predetta MI. sull'utenza della cugina di questa, residente a (omissis); nei mesi di aprile e maggio 2017, messaggi, chiamate ad opera di amici del prevenuto e denunce strumentali di sottrazione del piccolo GA., ad effetto persecutorio per la vittima in parola; in data 9.6.2017, messaggio tramite (...) sul profilo di altra ospite della casa-famiglia ove si trova dal 4.4.2017 Lo. Mi. con il figlio, così dimostrando di avere scoperto dove si trovava e di conoscere anche altra ospite di tale casa-rifugio;
così causando alle vittime - agendo, anche in compagnia di persone sconosciute, quindi in più persone riunite, aumentando l'effetto persecutorio e minatorio delle sue quotidiane minacce di percosse o di morte rivolte a tutto il nucleo familiare della denunciante VA. Mo. - un perdurante e grave stato di ansia o paura, nonché suscitando in loro un fondato timore per la loro incolumità e, in particolare, per quella di MI. e del piccolo GA., costringendo le vittime ad alterare le proprie abitudini di vita a causa delle continue vessazioni morali;
Con la circostanza aggravante di avere commesso i fatti di cui ai capi precedenti profittando di circostanze soggettive (alla presenza di persona minorenne, figlio dello stesso prevenuto, nipote e figlio delle persone offese) e oggettive (orario notturno) tali da ostacolare pubblica o privata difesa, nonché quella di aver commesso il fatto in danno di persona già legata a lui da relazione affettiva.
In (omissis) (denunce del 15.6.2016 di VA. Mo. e di VA. Vi.; denuncia del 7.7.2017 di LO. Mi.). dal mese di febbraio a giugno 2017 in epoche e date sopra indicate
B) del reato p. e p. dagli articoli 61 n. 2. 635 comma 2 n. 1, 625 n. 7 C.P., perché, al fine di commettere i fatti indicati al capo precedente, a scopo intimidatorio, danneggiava l'autovettura (omissis) targata (omissis) DI VA. Vi., rompendo il vetro posteriore sinistro, mentre era parcheggiata sulla pubblica via;
Con la circostanza aggravante di avere commesso il fatto su cosa esposta per consuetudine alla pubblica fede
In (omissis) (Via (omissis) n. (omissis), residenza della vittima), il 16 aprile 2017 (domenica di Pasqua)
Persone offese: VA. Mo. ((omissis)) e VA. Vi. ((omissis)), elettivamente domiciliati presso l'Avv. Al. MA. ((omissis), Via (omissis));
LO. Mi. ((omissis)), elettivamente domiciliata presso l'Avv. Vi. IA. ((omissis), Via (omissis));
Evidenziate le seguenti fonti di prova: Denunce e dichiarazioni delle persone offese; informativa, tabulati, documentazione in atti, verbali di trascrizione di conversazioni e file audio; annotazione di servizio;
CHIEDE
L'emissione del decreto di rinvio a giudizio per i fatti sopra contestati.
Manda alla Segreteria per la trasmissione al Giudice per le indagini preliminari.
Così deciso in Napoli, il 6 giugno 2022
Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2022