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Bancarotta documentale semplice: responsabilità per omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie (Giudice Alessandra Ferrigno)

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Tribunale Napoli sez. V, 26/04/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 26/04/2021), n.3711

La responsabilità per bancarotta documentale semplice non richiede il dolo, essendo sufficiente la colpa derivante dall'omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili obbligatorie ai sensi del codice civile. L'omessa produzione delle scritture contabili obbligatorie per il periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento integra la fattispecie anche in assenza di ulteriori eventi di danno.

Bancarotta documentale semplice: responsabilità per omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie (Giudice Alessandra Ferrigno)

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto emesso in data 2/3/2020 il GUP del Tribunale di Napoli disponeva il rinvio a giudizio di Bu. Vi. disponendone la comparizione dinanzi al Tribunale in composizione collegiale per rispondere dei reati a lui ascritti.

Dopo un differimento disposto fuori udienza a causa dell'emergenza epidemiologica da COV1D 19, nell'udienza del 14 settembre 2020, verificata la regolare costituzione delle parti, e dichiarata l'assenza dell'imputato, il Presidente dichiarava aperto il dibattimento e si procedeva all'ammissione delle richieste istruttorie avanzate dalle parti, come da verbale di udienza in atti; quindi, stante l'assenza dei testi, il processo era rinviato per il prosieguo.

Dopo un rinvio per assenza dei testi della Pubblica Accusa, nell'udienza del 12/10/2020 si procedeva all'escussione del teste De Cr. Do. Vi. e, all'esito, sull'accordo delle parti, venivano acquisiti ex art. 493 comma 3 cpp i verbali delle sommarie informazioni rese alla P.G. in fase d'indagine da Ba. Vi., Gr. Al., Gu. Al., Ru. An., De Vi. Sa., De Vi. Ca. e Mi. Sa.; quindi, revocata su accordo delle parti l'ordinanza di ammissione degli ulteriori testi d'accusa, il processo veniva rinviato per il prosieguo istruttorio.

Nell'udienza del 16/11/2020, acquisita ulteriore documentazione, veniva chiusa l'istruttoria dibattimentale.

Nella successiva udienza del 9/12/2020 il processo era rinviato per legittimo impedimento del difensore dell'imputato (con sospensione del termine di prescrizione).

Nell'udienza del 3/2/2021 il processo era rinviato per concomitante attività istruttoria del Collegio.

Nell'udienza del 24/3/2021 venivano acquisite - su accordo delle parti - le sentenze di primo grado emesse dal Tribunale di Napoli nei confronti di Za. Ma. e Be. Da.; all'esito il P.M. rassegnava le sue conclusioni mentre il difensore di ufficio nominato all'imputato ex art. 97 comma IV cpp in assenza di quello di fiducia chiedeva termine a difesa ex art. 108 cpp; il Tribunale accoglieva tale richiesta difensiva e disponeva il rinvio all'udienza del 14/4/2021. In tale udienza il difensore di fiducia dell'imputato, a mezzo del suo sostituto processuale, depositava sull'accordo delle parti il verbale dell'interrogatorio reso in corso d'indagine alla P.G. procedente su delega del PM da Be. Da. in data 27/6/2019 e rassegnava le sue conclusioni, riportate in epigrafe.

Quindi, il P.M. chiedeva repliche ed il Tribunale rinviava all'udienza del 21/4/2021.

In tale udienza il P.M. rinunciava alle sue repliche ed il Tribunale si ritirava in camera di consiglio, decidendo come da dispositivo e riservando in giorni trenta il termine per il deposito della sentenza.

Motivi della decisione
Va premessa l'esposizione del corposo compendio probatorio emerso all'esito del dibattimento.

Il teste De Cr. Do. Vi., curatore del fallimento della società Me. Es., ha riferito che la società Me. Es. srl venne costituita il (omissis) da Be. Vi., Be. Da., Be. El., Ru. El. e Za. Ma.; che la stessa aveva ad oggetto il noleggio di autoespurghi, attrezzature e macchinari per questa tipologia di attività; che fino al 22/5/2008 l'amministratore della società era Za. Ma. mentre successivamente, dal 22/5/2008, assunse la carica Bu. Vi.; quest'ultimo, a seguito di varie cessioni di quote sociali in suo favore, era divenuto socio unico a partire dall'8/11/2010; che la società è fallita il 30/01/2015.

Il teste ha poi dichiarato: che in qualità di curatore egli verificò che l'attivo sociale della fallita era pari a zero; che la società non aveva liquidità né beni immobili; che il passivo, determinato in buona sostanza da due domande di ammissione al passivo (una di Equitalia e l'altra di un fornitore, la società Na. Es.), era pari a circa sette milioni di Euro; che a suo giudizio (espresso dopo avere visionato gli estratti di ruolo delle cartelle esattoriali) il passivo si è accumulato a partire dal 2008; che, inoltre, al momento del fallimento, la Me. non disponeva di beni strumentali; che, sul punto, il Bu. dichiarò - nel corso del suo interrogatorio al curatore - che la società aveva avuto degli automezzi ma che questi erano stati ceduti ad un'altra società denominata Me. Ec. srl; che, inoltre, alla richiesta di consegnare i libri sociali e le scritture contabili, il Bu. rispose di non averne mai avuto la disponibilità in quanto della gestione della società si occupava Be. Da., che era in pratica l'amministratore di fatto della Me. Es.; che il Bu. gli disse anche che, per due o tre anni, egli si recava in azienda saltuariamente, soprattutto per firmare i documenti (e i passaggi di proprietà egli automezzi), e percepiva un compenso mensile di Euro mille, che gli veniva dato direttamente dalla Be.; che, successivamente, negli ultimi quattro anni, non ebbe a ricevere più niente. Il teste ha inoltre precisato che la Me. aveva un'autorizzazione al trasporto merci per conto terzi rilasciata in data 10/12/1998 dal Ministero dei Trasporti; che tale autorizzazione venne ceduta, unitamente ad un ramo d'azienda, in data 6/7/2011, ad un'altra società (avente quale oggetto sociale il trasporto, per conto terzi, di rifiuti urbani assimilabili) la Ne. Ec. sas di Mi. Sa. e C., per un corrispettivo complessivo di Euro 3.000,00 (di cui, come risultava dall'atto, mille Euro per avviamento e duemila Euro per il valore dell'azienda); che non vi erano connessioni interpersonali tra le due compagini sociali; che la Ne. Ec. era stata costituita il 3/6/2011; che gli organi fallimentari non ritennero fruttuosa un'eventuale azione revocatoria in relazione a tale cessione di ramo d'azienda; che, infine, egli non eseguì alcun accesso presso la sede operativa della società fallita ritenendo che, a seguito della cessione di ramo d'azienda, vi avrebbe rinvenuto la sede della cessionaria.

Il curatore, inoltre, ha riferito: che l'ultimo bilancio della società poi fallita era del 31/12/2010 depositato nel 2011; che non sono state depositate le scritture contabili; che dall'ultimo bilancio il patrimonio risultava essere di 77.347,00 Euro (mentre nell'anno 2009 era pari a 35.798,00 Euro) ed il volume d'affari (pari al fatturato) era di circa 402.000,00 Euro; che, alla luce di tali dati, il valore dell'azienda nel 2011 era pari, in base al "metodo patrimoniale", a circa 77.000,00 Euro, mentre in base al "metodo reddituale" ad Euro 30-35 mila.

Dai verbali delle sommarie informazioni rese alla P.G. in corso d'indagine da Ba. Vi., Gr. Al., Gu. Al., Ru. An. e De Vi. Sa., acquisiti in atti su accordo delle parti ex art. 493 comma 3 cpp emerge quanto segue.

Ba. Vi., premettendo di essere stato il consulente fiscale della società Me. Es. srl per dieci anni, sino al 2010, ha riferito di avere ricevuto detto incarico o da Be. Ze. o da Za.Ma. (il quale, alla morte di Be. Ze., divenne amministratore della società) e di venire retribuito tramite assegni bancari che gli venivano consegnati da Za. Ma.

Ha aggiunto: che la società aveva sede legale nel quartiere (omissis) ed era di fatto gestita da Za. Ma. e da Be. Da. (figlia di Ze.); che all'epoca la società aveva alcuni camion per espurgo, piuttosto vecchi, e contava quattro o cinque dipendenti. Egli non era il tenutario delle scritture contabili (che erano custodite presso la sede operativa della società a Po.) ed ha redatto i bilanci sulla scorta dei dati forniti dalla Be. e dallo Za., fino all'anno 2008, aggiungendo che, fino a quel momento, gli affari della società andavano bene. Ha precisato, altresì, che in data 27/7/2010 egli ebbe a consegnare tutta la documentazione della società Me. Es. srl in suo possesso a Gr. Al., un dipendente della suddetta società ovvero della Me. Ec. srl che aveva la stessa sede operativa della Me. Es. in (omissis) (per la quale egli ebbe a svolgere analogo incarico di consulente fiscale, su incarico della Be., dal 2002 al 2008).

Ha aggiunto che, dopo la cessazione della sua attività di consulenza (terminata nel 2008), egli consegnò - il 4/3/2011 - tutta la documentazione relativa alla società Me. Ec. al Gr.. Non conosce la società Ne. Ec. sas.

Gu. Al., premettendo di essere stato designato quale consulente fiscale della società Me. Es. per le annualità 2009-2010 da Bu. Vi., ha dichiarato che gli venne detto - al momento del conferimento dell'incarico - che la società operava con un volume d'affari ridotto perché stava per essere liquidata. Ha aggiunto di non essere il tenutario delle scritture contabili e di avere redatto il bilancio della società, nonché le dichiarazioni dei redditi (annualità 2009-2010), sulla scorta di un prospetto riepilogativo dei saldi dei conti; inoltre, egli veniva retribuito o in contanti, o con assegni che gli venivano consegnati da un dipendente, tale Gr.. Non sa se la Me. Ec. sia ancora operativa ma la Be. agli inizi del 2016 gli disse che la società era in liquidazione. La Me. Es. aveva dei beni strumentali, uno o due camion cisterne "abbastanza vecchi" e contava dipendenti in numero che variava da uno a tre. Egli conosceva Bu. Vi., per averlo incontrato una o due volte al Ma., ed anche Za. Ma., che era un dipendente della società. Ha conosciuto Be. Da. solo in relazione ad altra società, la Me. Ec. srl, per la quale egli ha svolto la sua attività di consulenza contabile, fiscale e del lavoro dal 2009 al 2013. La Me. Ec., avente quale oggetto sociale l'attività di es. fognari, era gestita, in fatto, oltre che dall'amministratrice Be. Da. (che era socia ai 50% e che gli conferì l'incarico di consulente), anche da Za. Ma. (convivente della Be. e dipendente della società) e da Za. Fr. (socio al 50%): detta società aveva quattro o cinque camion costerna ed un robot per ispezionare i condotti fognari. Egli non ha saputo precisare né se tra questi camion ve ne fossero anche alcuni della Me. Es., né se tra i dipendenti della Me. Ec. vi fossero alcuni dei dipendenti della Me. Es. Non ha mai sentito parlare della Ne. Ec..

Gr. Al., premettendo di essere disoccupato e di avere lavorato dal 2007 al 2015 presso la società Me. Ec. srl, con mansioni di "tuttofare", ha riferito: che egli era stato assunto da Be. Da., amministratrice di fatto della società, la quale gli impartiva le direttive e gli pagava anche lo stipendio; che venne licenziato nel 2015 dalla Be. a seguito di un litigio avuto con quest'ultima e dovuto al fatto che non gli veniva corrisposto lo stipendio da quattro mesi. Ha confermato che, su incarico della Be., si recava spesso presso lo studio del dott. Ba. Vi. per consegnare, o ricevere, buste chiuse e plichi, dei quali non conosceva il contenuto; ha anche riconosciuto la firma apposta in calce alle lettere di consegna di documentazione datate 4/3/11 e 27/7/2010, esibite nel corso dell'attività di assunzione di informazioni dalla P.G., e provenienti da Ba. Vi., precisando che i plichi ricevuti dal consulente li consegnava direttamente alla Be.. Infine ha aggiunto di conoscere la società Me. Es. srl presso la quale lavorava suo padre Ge..

Ru. An., premettendo di essere disoccupato, ha dichiarato di avere lavorato dal 2004 al 2006 presso la società Me. Es. srl con mansioni di autista di camion. Ha aggiunto: che la sede operativa (il deposito dei camion) era a (omissis); che egli riceveva le direttive da Be. Da.; che venne licenziato da Za. Ma.; che all'epoca la società aveva circa dieci automezzi; che egli aveva conosciuto Bu. Vi. il quale spesso veniva spesso in ufficio e parlava con Be. Da.. Ha riferito altresì: che successivamente, negli anni 2008-2009, egli venne assunto dalla Be. come dipendente della società Me. Ec., che aveva la stessa sede operativa e gli stessi automezzi della Me. Es., e svolgeva la medesima attività; che venne licenziato dalla Be. (e, non avendo percepito per intero il TFR, ha in corso una causa di lavoro con la Be.). Ricorda di avere continuato a lavorare nel successivo periodo 2009-2010 presso la stessa sede operativa e con gli stessi mezzi, di talché non ha saputo precisare se alle dipendenze della Me. Es. o Me. Ec. ("perché poi non so la Be. come gestiva la situazione di noi lavoratori perché in effetti abbiamo lavorato sempre nello stesso capannone, con gli stessi camion ed alle sue dipendenze").

De Vi. Sa., premettendo di essere disoccupato, ha dichiarato di avere costituito la società Ne. Ec. sas di De Vi. Ca. nell'interesse dei figli Ca. e Pa. e di averli aiutati nella gestione pur non rivestendo alcuna carica formale; ha aggiunto che la società aveva sede legale in (omissis) via (omissis) e si occupava dell'attività di trasporto di rifiuti.

In relazione alla cessione di ramo d'azienda con la Me. Es., avvenuta il 6/7/2011, ha riferito che egli accompagnò la figlia Ca., amministratrice della società, dal notaio per apporre le firme e vi incontrò, per la cedente, Za. Ma. e un'altra persona (di cui non ha saputo ricordare il nome); che la cessione venne fatta perché alla società Ne. Ec. serviva la licenza di trasporto per conto terzi e Za. Ma. aveva la disponibilità di questa licenza; che il corrispettivo, fissato in 4.000,00 o forse 5.000,00 Euro non venne mai pagato perché lo Za. era suo debitore della stessa somma; che lo Za. pagò anche le spese notarili. Ha precisato che il debito dello Za. nasceva dal fatto che lo stesso, amministratore di fatto della Me. Es., scaricava rifiuti speciali nell'impianto della società Ec. Pa. di altri suoi figli, De Vi. Pa. e Ma..

De Vi. Ca., premettendo di essere stata per circa tre anni amministratrice della società Ne. Ec. sas, ha riferito, in relazione all'atto di cessione di ramo d'azienda tra la Me. Es. e la società da lei amministrata, che il 6/7/2011 ella si recò insieme al padre Sa. ed al fratello presso lo studio notarile per apporre le firme e che incontrò, per la cedente, tale " Ma." accompagnato da un'altra persona (di cui non ha ricordato il nome).

Mi. Sa., cognato di De Vi. Pa., premettendo di essere l'amministratore della Ne. Ec. sas all'incirca dal 2014, ha riferito di non essere a conoscenza della cessione di ramo d'azienda tra la predetta società e la Me. Es. giacché avvenuta molto prima del suo ingresso.

Dalla documentazione acquisita in atti e, segnatamente, dalla relazione del curatore fallimentare, emerge quanto segue.

La società Me. es. srl è stata costituita il 12/10/1995 per il noleggio di auto-espurghi attrezzature e materiali non tossici e nocivi, munita di apposita autorizzazione datata 10/12/1998. All'atto della costituzione i soci erano: Be. Vi., Be. El., Be. Da., Za. Ma. e Ru. El.; dal 10/11/2010 sino alla data del fallimento unico socio è Bu. Vi..

L'amministratore della società era, dalla costituzione e sino al 22/5/2008 Za. Ma.; successivamente diviene Bu. Vi..

Il volume d'affari, in base all'ultimo bilancio, era: Euro 603.919,00 per anno 2009; Euro 402.351,00 per anno 2010.

Il reddito era pari: ad Euro 8733,00 per l'anno 2009; ad Euro 6972,00 per l'anno 2010.

Il patrimonio netto era pari: ad Euro 77.347,00 per l'anno 2009; ad Euro 35.798,00 per l'anno 2010.

Il regime della contabilità era quello ordinario, dunque con obbligo di istituire i libri obbligatori di cui agli artt. 2214 e 2421 cc, artt. 14 e 16 DPR 600/73. Nel caso di specie né i libri né le scritture contabili sono state depositate. Non risulta depositato il bilancio fallimentare. Lo stato passivo, reso esecutivo in data 23/6/2015, e i creditori ammessi sono Equitalia per Euro 7.028.271,74 ed Euro 64416,49 in chirografo, nonché il Fallimento Na. Es. per Euro 42.739,00 (che ha esibito una sentenza passata in giudicato di un'azione revocatoria per cessione di ramo d'azienda tra il Fallimento Na. es. srl e la società, all'epoca in bonis, Me. es. srl.

Nell'allegato verbale dell'interrogatorio di Bu. Vi. al curatore, datato 24/4/2015, emerge quanto segue. Il Bu. dichiarava di avere accettato l'incarico di amministratore della società Me. Es. su richiesta di Be. Da., per la quale lavorava occasionalmente e che gli promise un'occupazione garantendo anche le mansioni di amministratore; egli all'inizio, e per circa 2-3 anni, si recava presso l'azienda (in (omissis) via (omissis)) per firmare documenti, e riceveva un compenso mensile dalla Be. di circa mille Euro al mese in contanti. Negli ultimi quattro anni non ha percepito nulla. Di fatto era la Be. che si occupava della gestione della società; dunque non sa chi tenesse i libri e le scritture contabili, chi fossero i creditori della società, se fossero state notificate cartelle esattoriali, e quali fossero i debiti della società. Egli si recò più volte in azienda per firmare passaggi di proprietà di automezzi che erano della Me. Es. e che venivano ceduti alla Me. Ec. srl ma non conosceva neppure i corrispettivi di tali cessioni.

Infine, dall'atto di cessione di ramo d'azienda a rogito notaio Ca. di (omissis) del 6/7/2011 emerge che Bu. Vi. in qualità di a.u. della Me. Es. srl cedeva alla Ne. Ec. sas di Ca. De Vi., che accettava, il ramo d'azienda corrente in (omissis) alla via (omissis), avente ad oggetto l'attività di autotrasporto cose per conto terzi, e costituito da "suppellettili varie"; il corrispettivo dichiarato è di tremila Euro, di cui Euro duemila per avviamento ed Euro mille per attrezzature.

Nel rendere interrogatorio alla P.G. delegata dal PM in data 27/6/2019 Be. Da. dichiarava di avere gestito la società Me. Es. su indicazione e secondo le direttive del convivente Za. Ma., dalle quali non era possibile dissentire per il carattere violento ed autoritario di quest'ultimo (la cui relazione, terminata nel 2014, è oggetto di un procedimento penale dalla stessa instaurato conto lo Za. per maltrattamenti); solo quando divenne operativa la Me. Ec. ha cercato di occuparsene in prima persona anche se ciò non era facile per la presenza, anche in quella società, di Za. Ma.. Infine, ha dichiarato di non avere mai avuto alcun ruolo in inerito alla esposizione debitoria della Me. Es. e di non avere partecipato alla cessione di ramo d'azienda in favore della Ne. Ec.; infine, ha precisato di non conoscere Bu. Vi. se non per averlo incontrato qualche volta presso l'azienda.

Infine, emerge dalla ulteriore documentazione versata in atti dal PM che i coimputati del Bu., Za. Ma. e Be. Da., patteggiavano la pena per i reati loro ascritti (il primo con sentenza n. 88/20 del 20/1/2020 emessa dal GIP sede in corso d'indagine, e la seconda in udienza preliminare con sentenza GUP sede n. 1020/20 del 14/10/2020).

Ebbene, tanto premesso in ordine alla esposizione del materiale probatorio acquisito, osserva il Collegio che, in sintesi, è possibile ricostruire la vicenda nei seguenti termini, sulla scorta di quanto riferito dal curatore escusso (e della sua relazione ex art. 33 LF, utilizzabile in dibattimento, per costante giurisprudenza, ex art. 234 cpp): la società Me. Es. srl è stata costituita il 12/10/1995 per il noleggio di auto-espurghi attrezzature e materiali non tossici e nocivi, munita di apposita autorizzazione datata 10712/1998; all'atto della costituzione, i soci erano Be. Vi., Be. El., Be. Da., Za. Ma. e Ru. El.; successivamente, dal 10/11/2010 sino alla data del fallimento, unico socio è stato Bu. Vi. il quale, dal 22/5/2008, è divenuto anche amministratore unico (in sostituzione di Za. Ma.).

Secondo quanto è emerso dalle dichiarazioni rese alla P.G. dal consulente fiscale della società (sino al 2010) Ba. Vi., detta società era di fatto gestita da Za. Ma. e da Be. Da. (figlia di Ze.) tant'è che egli ebbe a ricevere l'incarico o da Be. Ze. o da Za. Ma. (il quale, alla morte di Be. Ze., divenne amministratore della società) ed era retribuito tramite assegni bancari che gli venivano consegnati da Za. Ma..

Anche il dipendente Ru. An., che ha dichiarato di avere lavorato dal 2004 al 2006 presso la società Me. Es. srl con mansioni di autista di camion, ha riferito che egli riceveva le direttive da Be. Da. e che venne licenziato da Za. Ma., aggiungendo di avere conosciuto Bu. Vi. il quale spesso si recava in azienda e parlava con Be. Da..

II Ru. ha riferito altresì: che successivamente, negli anni 2008-2009, egli venne assunto dalla Be. come dipendente della società Me. Ec., che aveva la stessa sede operativa e gli stessi automezzi della Me. Es.; che, successivamente, continuò a lavorare negli anni 2009-2010 presso la stessa sede operativa e con gli stessi mezzi, di talché non ha saputo precisare se, in quel periodo, abbia lavorato alle dipendenze della Me. Es. o della Me. Ec. ("perché poi non so la Be. come gestiva la situazione di noi lavoratori perché in effetti abbiamo lavorato sempre nello stesso capannone, con gli stessi camion ed alle sue dipendenze").

Può, dunque, ritenersi sufficientemente accertato che, non soltanto prima, ma anche dopo l'ingresso di Bu. Vi. nella società Me. Es. quale amministratore, la gestione della società fosse nelle mani di Za. Ma. e Be. Da. (i quali, come si è visto, sono stati giudicati separatamente per i medesimi reati avendo patteggiato la pena).

È emerso altresì, secondo quanto riferito da Gu. Al. (consulente contabile e fiscale della stessa dal 2009 al 2013) che, contestualmente al sopraggiungere del Bu. quale amministratore della Me. es., è stata costituita da Za. Fr. e Be. Da. una società "speculare", la Me. Ec. srl, avente oggetto affine (es. fognari) della Me. Es. e la stessa sede, e che tale società era gestita in fatto anche da Za. Ma. (come confermato anche da Ba. Vi.).

La circostanza relativa alla cessione degli automezzi dall'una all'altra società è stata riferita d'altra parte anche dal curatore che l'ha appresa dallo stesso Bu. nel corso dell'interrogatorio.

È dunque nei fatti provata una sovrapposizione tra Me. Es. e Me. Ec., in ordine il complesso aziendale (beni strumentali) ed alla sede operativa, ma anche in ordine ai soggetti che di fatto si occupavano della gestione dell'una e dell'altra società.

È in questo periodo che si colloca l'ingresso di Bu. Vi. quale amministratore della Me. Es. srl: egli, per sua stessa ammissione al curatore, ha dichiarato di non avere mai partecipato alla gestione della società, essendosi limitato a recarsi presso la sede della stessa per apporre firme (per lo più in occasione del trasferimento di automezzi alla M. Ec.), e per stipulare la cessione di ramo d'azienda in favore della Ne. Ec.. Il Bu. ha, invero, dichiarato di avere accettato l'incarico su richiesta di Be. Da., che già conosceva e per la quale lavorava saltuariamente, dietro un corrispettivo mensile di mille Euro, in contanti, che gli è stato in effetti versato fino a quattro anni prima perché, invece, negli ultimi quattro anni non ha percepito più nulla(1).

La presenza (sine titulo) dello Za. insieme al legale rappresentante della società cedente alla stipula dell'atto di cessione del ramo d'azienda del 6/7/2011, come precisato da De Vi. Sa. e Pa., conferma che all'epoca lo Za. fosse ancora gestore di fatto della Me. Es.. Ma vi è di più: ed invero, ad ulteriore conferma della predetta circostanza, giova ricordare quanto riferito da De Vi. Sa. in ordine al corrispettivo della cessione, di fatto non versato alla Me. dalla Ne. Ec. in quanto estinto per compensazione di un credito vantato dal debitore nei confronti dello Za. (a dimostrazione, in altri termini, che quest'ultimo, pur non comparendo neppure nella compagnia sociale, gestiva la società come "cosa propria").

Ebbene, tutte le vicende societarie sin qui descritte consentono di ricondurre in maniera inequivocabile, come si è detto, la gestione di fatto della società in capo a Be. e Za. (i quali, legati da una relazione anche sentimentale, hanno troncato la stessa nel 2014, dopo la nascita di un figlio, con instaurazione di un procedimento penale a carico dello Za. per maltrattamenti in danno della Be.); le stesse tuttavia, pur non essendo oggetto di specifica contestazione da parte della Pubblica Accusa, rilevano ai fini che occupano in quanto, a giudizio del Collegio, consentono di escludere, in capo al Bu., l'elemento soggettivo della fattispecie di reato sub A).

Ed invero, nel caso in esame, ed alla luce delle acquisite risultanze processuali, può ragionevolmente e fondatamente escludersi che l'imputato abbia realmente partecipato alla gestione della società fallita, contribuendo in maniera consapevole alle scelte decisionali ed operative, rivelatesi fallimentari, e contribuendo in tal modo a cagionarne il dissesto: al contrario, è emerso come lo stesso fosse del tutto estraneo alla gestione della società, poi fallita, venendo chiamato all'occorrenza solo per "mettere le firme".

Ebbene, non si ignora l'orientamento giurisprudenziale consolidato in base al quale in tema di bancarotta fraudolenta l'amministratore della società ancorché sia un mero prestanome di altri soggetti che hanno agito come amministratori di fatto risponde dei reati contestati quanto meno a titolo di omissione poiché la semplice accettazione della carica attribuisce dei doveri di vigilanza e di controllo la cui violazione comporta responsabilità, ritenendosi in altri termini la sola consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, ovvero l'accettazione del rischio che questi si verifichino, sono infatti sufficienti per l'affermazione di responsabilità.

Ritiene, non di meno, il Collegio che la "fraudolenza", intesa come connotato interno alla distrazione, implica, dal punto di vista soggettivo, che la condotta di tutti coloro vi partecipano sia supportata dalla consapevolezza che si stanno compiendo operazioni sul patrimonio sociale, o su talune attività, idonee a cagionare danno ai creditori.

Secondo diverso orientamento giurisprudenziale ritenuto maggiormente condivisibile, invero, "in tema di reali fallimentari, se all'amministratore di diritto (c.d. "testa di legno") sotto il profilo oggettivo devono essere ascritte le conseguenze della condotta dell'amministratore di fatto che egli, in virtù della carica, aveva l'obbligo giuridico di impedire, sotto il profilo soggettivo possono a lui ricollegarsi quegli eventi di cui ha avuto anche semplicemente generica consapevolezza, sicché non è necessario per integrare l'elemento psicologico della bancarotta che tale consapevolezza investa i singoli episodi di distrazione ed occultamento, fermo restando che essa non può presumersi in base al semplice dato di avere il soggetto acconsentito a ricoprire formalmente la carica predetta" (in tal senso Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 3328 del 05/02/1998 Rv. 209949 - 01 ric. Ri.). D'altra parte, la nomina di un soggetto quale prestanome o cd "testa di legno" non rappresenta di per sé una operazione fraudolenta da parte dei soci, potendo invero alla stessa ricorrersi per svariate ragioni, non necessariamente illecite, laddove un soggetto non voglia, o non possa, comparire formalmente quale amministratore di una società. In tali casi, però, per estendere a tale soggetto la responsabilità penale per i fatti illeciti di bancarotta fraudolenta commessi dall'amministratore di fatto occorre evidentemente un quid pluris, vale a dire la prova che, al di là del mero dato formale (nel caso di specie la sottoscrizione dell'atto di cessione di ramo d'azienda di cui alla contestazione), egli abbia agito con la consapevolezza del carattere fraudolento delle operazioni che stava compiendo e dunque con la consapevolezza di contribuire a creare il dissesto della società.

Applicando tali considerazioni al caso di specie, non è emersa in capo al Bu., al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova di tale consapevolezza e dunque la prova certa della sussistenza sotto il profilo soggettivo degli elementi della fattispecie soggettiva del delitto sub A): si impone, per queste ragioni, l'assoluzione dell'imputato dal reato a lui ascritto al capo A) perché il fatto non costituisce reato. A diverse conclusioni deve invece pervenirsi per il reato di bancarotta fraudolenta documentale sub B) per sottrazione delle scritture contabili.

In punto di diritto giova precisare che, con riguardo ai libri d'impresa, agli effetti penali fallimentari rileva la violazione non di un qualsiasi obbligo di tenuta di libri, ma solo dell'obbligo di tenuta dei libri che consentono di ricostruire il patrimonio ed il movimento degli affari dell'impresa fallita.

Sono a tal fine necessari i libri previsti obbligatoriamente per tutte le imprese dall'art. 2214 comma 1 c.c., ossia il libro giornale (in cui sono annotate giorno per giorno le operazioni economiche, secondo quanto previsto dall'art. 2216 c.c.) e il libro degli inventari (che, ai sensi dell'art. 2217 c.c., deve essere redatto all'inizio dell'esercizio dell'impresa e successivamente ogni anno; deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa, nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore estranee alla medesima e si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite; particolarmente rilevante, in quanto contiene l'analisi dell'inventario aziendale ed informazioni più specifiche di quelle esposte nel bilancio). Sono inoltre necessarie, ai sensi dell'art. 2214 comma 2 c.c. le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa. Con riguardo alle altre scritture contabili, sono obbligatorie e rilevano ai fini della ricostruzione del patrimonio e degli affari quelle che documentano le operazioni commerciali (come gli originali delle fatture ricevute e le copie di quelle spedite). Riguardo all'ipotesi contestata, infatti, pare opportuno precisare che la bancarotta documentale per sottrazione presuppone l'istituzione dei libri d'impresa e l'esistenza delle scritture contabili ed è integrata, sul piano oggettivo, da una condotta attiva consistente nell'aver sottratto o distrutto la documentazione esistente e, sul piano soggettivo, dallo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Non è invece configurarle rispetto ad una condotta omissiva consistente nell'omessa tenuta di libri o scritture contabili o nell'aver tenuto la contabilità in maniera irregolare.

Nella fattispecie in esame, non è emerso alcun elemento contabile che consenta di affermare con sufficiente certezza che all'interno della società fossero mai stati realmente istituiti ed aggiornati i libri contabili: il curatore ha precisato di non avere rinvenuto alcun documento che consentisse di affermare con certezza l'intervenuta istituzione delle scritture contabili. Del resto, gli unici creditori insinuati nel fallimento sono Equitalia spa e Fallimento Na. Es. (sulla scorta di un corrispettivo non versato per una cessione) e, dunque, alcuna ditta o società fornitrice che avrebbe potuto fornire le fatture relative ai rapporti commerciali con la fallita. Non è quindi possibile affermare con certezza che i libri e le scritture contabili siano mai stati tenuti dall'odierno imputato e che questi li abbia dolosamente sottratti alla procedura fallimentare.

Esclusa, sulla scorta delle precedenti argomentazioni, la configurabilità della bancarotta fraudolenta documentale, occorre verificare se la condotta tenuta dall'imputato integri gli estremi della bancarotta documentale semplice. Tale reato concerne, sul piano oggettivo, soltanto le scritture obbligatorie ed è un reato di pericolo presunto, per cui è irrilevante che la ricostruzione del patrimonio e degli affari possa avvenire anche aliunde (Cass., sez. V, 14.4.1999 n. 10364, Ra. e altri). Inoltre, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, è punibile indifferentemente a titolo di dolo o di colpa, poiché l'omessa o

irregolare tenuta è punita per sé stessa, indipendentemente dalle conseguenze.

Questa differenza comporta, sul piano processuale, che la bancarotta semplice è realizzata dall'omissione, dovuta anche ad imprudenza, negligenza e violazione di leggi, ed è provata dalla mancata produzione dei libri e scritture. La prova può essere vinta soltanto da una contraria, rigorosa duplice dimostrazione, gravante sull'imputato, della tenuta dei libri e dell'incolpevole impossibilità a produrli per caso fortuito o forza maggiore. Per la natura prevalentemente colposa del reato, inoltre, la responsabilità non può essere esclusa né per l'amministratore che si sia tenuto volontariamente estraneo all'amministrazione della società, né per il prestanome che abbia assunto rispetto ai terzi la veste formale di legale rappresentante della società, disinteressandosi degli obblighi di legge. Deve infine trattarsi d'omessa o irregolare tenuta circoscritta ai tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, con la precisazione che il reato di bancarotta semplice documentale sussiste anche se l'omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili previsti alla legge si sia verificata per un arco temporale inferiore ai "tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento", onde la condotta omissiva non deve necessariamente riguardare, per intero, tale periodo.

In sintesi, la bancarotta documentale semplice, sotto il profilo della condotta, può riguardare solo l'omissione o irregolare tenuta dei libri obbligatori ai sensi del codice civile e delle scritture contabili e non anche dei libri non obbligatori; non richiede l'evento di danno, perciò sussiste anche se il patrimonio ed il movimento degli affari possono essere ricostruiti aliunde; sotto il profilo soggettivo, non è necessario il dolo essendo sufficiente la colpa, insita nell'inosservanza della legge che prescrive l'obbligo di regolare tenuta della contabilità, salvo la prova del caso fortuito o della forza maggiore.

Dalla relazione ex art. 33 l.fall. emerge che il curatore ha invitato l'odierno imputato, quale legale rappresentante, a depositare i libri e le scritture contabili senza che tuttavia questi vi ottemperasse.

Alla luce delle espresse argomentazioni, supportate dall'orientamento granitico della giurisprudenza di legittimità sul punto (cfr., tra tutte, Cassazione sez. V, sentenze nn. 54490/18, 43977/17, 642/13), deve essere affermata la responsabilità di Bu. Vi. per il delitto di cui all'art. 217 l. fall. così riqualificata l'originaria contestazione di cui al capo B) dell'imputazione, potendo ravvisarsi una responsabilità dello stesso, per la carica rivestita, a titolo di colpa.

Procedendo al trattamento sanzionatorio, va premesso che non si ravvisano elementi ai quali ancorare il benevolo giudizio di concessione della concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. anche in ragione dei precedenti penali a carico dell'imputato: quindi, valutati tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., e tenuto conto del grado della colpa (con ciò discostandosi dal minimo edittale), si stima congrua la pena finale di mesi otto di reclusione.

Non sussistono i presupposti normativi per la concessione dei benefici di legge, peraltro neppure richiesti dalla difesa, avendone l'imputato già fruito in passato.

Segue come per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

Ai sensi dell'art. 217 u.c. L.F. va dichiarata la inabilitazione dell'imputato all'esercizio di un'impresa commerciale, e l'incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa, per la durata di mesi otto.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 cpp,

assolve l'imputato dal reato a lui ascritto al capo A) perché il fatto non costituisce reato.

Letti gli artt. 533-535 cpp,

dichiara l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 217 comma 2 L.F. così riqualificato il reato contestato al capo B) della rubrica e lo condanna alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Letto l'art. 217 u.c. L.F. dichiara l'imputato inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale e incapace di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di mesi otto.

Così deciso in Napoli, il 21 aprile 2021

Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2021

(1) Tenuto conto che il verbale dell'interrogatorio è del 24 aprile 2015, il Bu. non ha percepito nulla - a suo dire - all'indica dal 2011.

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