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La consapevolezza del possesso di un bene di provenienza illecita: principio di diritto in tema di ricettazione (Giudice Eliana Franco)

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Tribunale Napoli, 28/11/2018, (ud. 19/11/2018, dep. 28/11/2018), n.13413

La mancata o inattendibile giustificazione del possesso di un bene proveniente da delitto può essere considerata elemento indiziario rilevante per dimostrare la consapevolezza della sua provenienza delittuosa e, quindi, per configurare il dolo nel reato di ricettazione. Tale principio, consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, si fonda sull’assunto che il comportamento reticente o non plausibile del soggetto imputato, combinato con elementi oggettivi come l'evidente manomissione del bene, è logicamente spiegabile con l’acquisto del bene in mala fede.

Ricettazione di componente meccanica: dolo presunto e giustificazione inattendibile (Giudice Eliana Franco)

Assoluzione per intestazione fittizia di veicoli: mancata prova dell'elemento psicologico del reato

Ricettazione e attenuanti: applicazione del rito alternativo con sospensione e non menzione (Giudice Cristiana Sirabella)

Ricettazione di assegno: responsabilità aggravata dall’impossibilità di fornire giustificazioni sull’origine (Giudice Napolitano Tafuri)

Contraffazione e ricettazione: distinzione, concorso e responsabilità penale (Giudice Paola Scandone)

La consapevolezza del possesso di un bene di provenienza illecita: principio di diritto in tema di ricettazione (Giudice Eliana Franco)

Ricettazione e truffa: l’assenza di dolo e il difetto di querela come cause di assoluzione e improcedibilità

Utilizzo di assegno smarrito e responsabilità penale: la configurazione del reato di ricettazione (Giudice Cristiana Sirabella)

Ricettazione: configurabilità del reato dalla condotta e dal legame con il bene illecito (Giudice Napolitano Tafuri)

Contraffazione e ricettazione: il dolo specifico nell'illecita detenzione e messa in commercio di prodotti falsificati (Giudice Elena di Tommaso)

La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto di citazione diretta emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, M.G. e C.F. venivano tratti a giudizio per rispondere dell'imputazione formulata dal PM e trascritta in epigrafe.

Dopo il rinvio disposto all'udienza del giorno 11.9.17 per consentire la rituale citazione degli imputati, all'udienza del 29.10.18 si dichiarava l'assenza di degli imputati ritualmente citati e non comparsi senza addurre alcun legittimo impedimento, quindi, dopo le formalità di apertura del dibattimento, si ammettevano le prove richieste dalle parti mediante acquisizione degli atti di indagine del p.m., (infine, dichiarata chiusa l'istruttoria ed utilizzabili tutti gli atti presenti nel fascicolo del dibattimento, le parti concludevano come da verbale e questo Giudice pronunciava il dispositivo mediante lettura in pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
L'istruttoria dibattimentale evidenzia la penale responsabilità di M.G. con riferimento al reato a lui contestato mentre C.F. deve essere assolto con la formula per non aver commesso il fatto dal capo A) e con la formula perché il fatto non costituisce reato dal capo B).

L'odierna vicenda processuale deve essere ricostruita sulla base del verbale di fermo redatto dagli agenti della Polizia di Stato in servizio presso l'Ufficio di prevenzione Generale della Questura di Napoli, in ordine alla cui attendibilità non possono nutrirsi dubbi considerato il tenore chiaro, preciso e logicamente coerente dello stesso reso da un pubblico ufficiale con riferimento ad attività d'ufficio e del verbale di denuncia di furto presentata da R.R.

Orbene in base alle prove prima richiamate risulta che in data 13.1.14 alle ore 21:50 in via D.B. di Napoli, una volante della P.S. intimava l'alt al conducente del veicolo motociclo KYMCO PEOPLE tg (omissis), il conducente del motoveicolo, però, alla vista dei militari si dava alla fuga, i poliziotti si ponevano, allora, all'inseguimento del mezzo e riuscivano a raggiungerlo soltanto quando il guidatore arrestava la marcia e, unitamente al passeggero, cercavano di fuggire a piedi, ma venivano entrambi bloccati.

A seguito di accertamenti espletati sul numero di telaio e sulla targa, gli agenti di polizia verificavano che il ciclomotore utilizzato dai due soggetti fermati corrispondeva a quello denunciato come oggetto di furto da R.R. (il 27.11.13 presso la stazione dei carabinieri V.A.) a cui veniva restituito in data 13.1.14.

Il motoveicolo al momento del fermo dei prevenuti presentava il blocco di accensione danneggiato, la serratura della sella rotta, il bloccasterzo rotto, i due soggetti che si erano dati alla fuga venivano, infine, identificati negli odierni imputati tramite rilievi foto dattiloscopici, i militari riconoscevano nel M.G. la persona che era alla guida del ciclomotore mentre il C.F. era il passeggero.

All'udienza di convalida il M.G. si assumeva la responsabilità di quanto accaduto.

Quanto sino ad ora illustrato evidenzia la penale responsabilità di M.G., questi, infatti, aveva la disponibilità di un ciclomotore provento di furto ed infatti è stato sorpreso mentre guidava sulla pubblica via il predetto veicolo. Le Complessive modalità dei fatti evidenziano poi la sussistenza del dolo in capo al prevenuto ed invero l'imputato non ha fornito alcuna ragionevole e circostanziata spiegazione in ordine alle modalità con le quali aveva ricevuto il bene provento di furto ed all'identità del soggetto che gli aveva consegnato il veicolo, neppure è stata prodotta documentazione in grado di dimostrare l'acquisto del ciclomotore presso un rivenditore autorizzato od un privato (invero, che la mancata - o la inattendibile giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto possa essere considerata prova della consapevolezza della sua provenienza delittuosa è pacificamente affermato dalla giurisprudenza - vedi Cass., sez. 2, n. 2436/97, Savie; Cass., sez. 2, 5.7.911, Quadrelli; Cass., sez. 2, 12.6.1990, Lucchesi; nonché, più di recente, Cass., sez. 2, n. 9861/2000, Di Fatta, secondo cui la prova dell'elemento oggettivo del reato può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. Ancora v. Cass., Sez. 2, 25/05/2010, n. 29198; Cass., Sez. 2 Sent., 11/06/2008, n. 25756, Cass. n. 13599 del 2012 secondo cui la prova del dolo del reato di ricettazione è spesso indiziaria ed è in particolare desumibile dal fatto che l'imputato sia in possesso di una cosa proveniente da delitto e non fornisca alcuna giustificazione al riguardo del possesso medesimo, di talché deve ritenersi assolto l'onere della accusa di dimostrare la sussistenza del reato e legittimamente il giudice può trarre il suo convincimento sulla esistenza del dolo allorquando dall'imputato non viene fornita alcuna giustificazione del possesso della res o se tale giustificazione inverosimile sulla base dei canoni di comune esperienza).

Il veicolo condotto dal prevenuto, poi, presentava il blocco di accensione forzato segnali inequivocabili della provenienza illecita del ciclomotore, nonché l'esistenza di un pulsante creato appositamente per accendere il motore, la consapevolezza di tale circostanza può anche desumersi dal comportamento tenuto dall'imputato in occasione del controllo della Polizia di Stato allorquando il prevenuto si è subito dato alla fuga, tentando di fuggire anche a piedi, per evitare di essere fermato dagli agenti.

Risulta, poi, evidente il fine di trarre profitto perseguito dal M.G. considerata la tipologia del bene di provenienza delittuosa ricevuto e che il prevenuto è stato sorpreso mentre utilizzava il veicolo ricettato.

Al prevenuto, che non poteva che ammettere i fatti, non possono concedersi le attenuanti generiche considerata la gravità della condotta da lui posta in essere.

Quanto alla pena, tenuto conto dei criteri espressi dall'art. 133 c.p. il Tribunale stima congruo determinarla in anni due di reclusione ed euro quattrocento di multa, alla pronuncia segue la condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare se dovute.

Sussistono i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena.

Per quanto concerne il C.F. questi deve essere assolto dal reato a lui contestato al capo A) con la formula per non aver commesso il fatto ed invero non può ritenersi dimostrato che il prevenuto avesse la materiale disponibilità del ciclomotore e ciò in quanto gli agenti di polizia hanno semplicemente constatato che questi veniva trasportato dal M.G. a bordo di un veicolo provento di furto.

Non vi è, dunque, la prova del concorso dell'imputato nella ricettazione del bene e cioè che il;prevenuto abbia ricevuto, assieme al M.G., il ciclomotore provento di furto nella consapevolezza della provenienza delittuosa dello stesso, piuttosto le emergenze processuali inducono a ritenere che il M.G. sia stato soltanto un utilizzatore occasionale del veicolo che ricadeva nella disponibilità esclusiva del conducente (il M.G.) il quale in precedenza lo aveva ricevuto da] soggetto ricettatore così integrando il reato previsto dall'art. 648 c.p..

La condotta successiva alla ricezione del bene - con riferimento alla circostanza che il C.F. mentre era trasportato si voltava indietro per monitorare i militari all'inseguimento - non può poi costituire concorso nella ricettazione vista la natura istantanea di tale delitto.

Il C.F. deve essere assolto anche dal capo B) in quanto il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.

Dichiara M.G. colpevole del reato a lui ascritto e per l'effetto, lo condanna alla pena di anni due di reclusione ed euro quattrocento di multa oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.

Pena sospesa.

Letto l'art. 530 c.p.p.

Assolve C.F. dal reato a lui contestato al capo a) per non aver commesso il fatto e dal reato a lui contestato al capo b) perché il fatto non costituisce reato.

Napoli, 19.11.18

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