Tribunale Napoli sez. VII, 12/01/2018, (ud. 05/01/2018, dep. 12/01/2018), n.114
La detenzione di merce contraffatta destinata al commercio integra il reato di cui all’art. 474 c.p., mentre l’acquisto o la ricezione consapevole della stessa costituisce ricettazione ex art. 648 c.p. Le due fattispecie criminose, volte a tutelare beni giuridici differenti (la fede pubblica e il patrimonio), possono concorrere tra loro in ragione della diversità delle condotte e degli oggetti di tutela, e vanno riunite sotto il vincolo della continuazione quando realizzate nell’ambito di un medesimo disegno criminoso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
A seguito di decreto di citazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli in data 25.1.2013, gli imputati L.V. e C.S. erano tratti a giudizio per rispondere dei reati indicati nella rubrica del presente provvedimento.
Esaurito il controllo circa la regolare costituzione in giudizio delle parti, veniva dichiarato aperto il dibattimento ed ammesse le prove orali e documentali richieste dalle parti; veniva altresì sentito il m.llo della Guardia di Finanza di Napoli, il Brig. D.S. che confermava l'esito della perquisizione e del sequestro operato nei confronti dell'imputato.
All'esito si procedeva alla revoca dell'ammissione dei residui testi, stante anche il consenso di tutte le parti, alla piena acquisizione degli atti investigativi, ivi compreso le relazioni peritali disposte in sede di indagini sul materiale contraffatto visionato a campione da esperti delle casi produttrici (a titolo esemplificativo, la relazione tecnica a cura della T. s.p.a. e H. laddove i materiali e gli accessori, sia pure qualitativamente differenti rispetto agli originali, pur essendo simili per modello e colore, differiscono solo per taluni tratti distintivi da quelli autentici).
Alla stregua delle superiori risultanze, in punto di fatto (cfr. il verbale di sequestro quale atto irripetibile nonché la deposizione del verbalizzante), non è controversa la circostanza per la quale il personale di p.g. operante, in servizio presso la Guardia di Finanza di Napoli, in data 14 luglio 2011, operava un controllo presso la società s.r.l. I. L. sita in N. (alla via (omissis...). nr. 435).
In particolare, all'interno del piazzale (omissis...). s.r.l. i verbalizzanti constatavano la presenza di due persone, di lì a breve identificate negli odierni imputati L.V. e C.S., intente, proprio in quel frangente, a sistemare delle scatole di cartone all'interno di un contaneir adibito a deposito di merce.
in sede di contestuale attività di perquisizione delle scatole, i verbalizzanti constatavano la presenza di un ingente quantitativo di materiale risultato oggetto di una pregressa attività di contraffazione.
Si trattava e la cosa si badi è caduta sotto la diretta e stringente percezione visiva del finanziere che controllava il carico di ben 9.048 calzature, recanti il marchio abilmente riprodotto H., 240 maglie con il marchio del pari falso D., 221 maglie con il marchio J.C. e infine 164 maglie recanti sempre il marchio falsificato L.J. (cfr. il verbale di sequestro in atti e i prodotti industriali compiutamente indicati nello stesso recanti noti marchi di griffes abilmente contraffatti).
La mancanza di giustificazioni da parte di entrambi gli imputati che ne avevano l'incontrastata disponibilità in ordine alla provenienza dei prodotti, sforniti di confezione, fondava il provvedimento di sequestro, lasciando presumere la contraffazione della merce, priva di documentazione fiscale accompagnatoria e che, anche alla luce dell'assenza di idoneo confezionamento, appariva oggetto di contraffazione.
Non solo, ma il verbalizzante escusso varie volte sui punto, specie in sede di controesame, ha affermato che la merce non appariva prima facie falsa, in quanto il sospetto di contraffazione era soprattutto indotto dalle modalità del confezionamento della merce e dalla mancanza di adeguata documentazione fiscale.
Sulla scorta della deposizione investigativa di S.M. (cfr. il verbale agli atti del procedimento del 14.7.2011 acquisito a norma dell'art. 512 c.p.p. essendo lo stesso deceduto) risulta definitivamente cristallizzata la circostanza per cui al S., quale amministratore formale della I.L. s.r.l., fu chiesto espressamente da una persona - parete di un suo ex dipendente - ossia L.V., la disponibilità solo per alcuni giorni di un contaneir parcheggiato nello spiazzale antistante la società per caricarvi colli di materiale chiuso in scatole - attività che il L. fece all'uopo coadiuvato da S.C.).
La scrivente a disposizione del presente incartamento processuale dispone anche, quale ulteriore approfondimento investigativo volto a verificare l'originalità o meno dei prodotti in sequestro, anche le consulenze tecniche peritali all'uopo disposta in sede di indagini concernente il dato della contraffazione dei marchi riprodotti sulla merce in esame (cfr. le relazioni agli atti del procedimento della casa produttrice H., L.J., etc etc).
Ora, sulla base di tali risultanze processuali, appare pacifico che gli odierni imputati, nelle circostanze temporali indicate, detenevano per evidente finalità di commercio, il materiale falso di cui in imputazione.
La prova della contraffazione emerge con palmare evidenza dagli esiti delle analisi tecniche eseguite dai periti sulla merce in sequestro, conclusioni confermate dunque dagli esperti delle case produttrici interpellate.
Trattasi, con tutta evidenza, di marchi registrati in ambito nazionale, comunitario e internazionale.
I periti, in atti, hanno anche evidenziato che la contraffazione del prodotto, emersa all'occhio esperto, è certamente idonea a trarre in inganno il consumatore finale, trattandosi di un prodotto in apparenza del tutto simile a quello originale, dal quale si differenzia per piccoli dettagli, rilevabili solo da un occhio esperto.
Quanto alla condotta tenuta da entrambi gli imputati, assenti per tutta la durata del processo, è stato dimostrato che none esisteva alcuna documentazione giustificativa della provenienza della merce detenuta.
Sia il L. che il C. non hanno fornito, nella fase delle indagini preliminari o in dibattimento, una spiegazione della spedizione a suo favore della predetta merce, né ha ipotizzato un rifornitore e/o consumatore diverso e alternativo all'impostazione accusatoria.
Ne consegue che risultano certamente ravvisabili nella condotta dell'imputato tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 474 c.p. ed egli va pertanto dichiarato responsabile dello stesso.
Allo stesso modo, la circostanza della detenzione da parte del prevenuto della merce contraffatta e l'assoluta mancanza di elementi idonei a dimostrare una partecipazione da parte dell'imputato all'attività di contraffazione dei marchi apposti sui prodotti, comprovano la sua precedente realizzazione di una condotta di acquisto o di ricezione di tali beni, la cui provenienza delittuosa derivava chiaramente dalla contraffazione dei marchi apposti sugli stessi.
Egualmente certa appare la consapevolezza dell'imputato in ordine alla provenienza delittuosa della merce anche al momento dell'acquisto o della ricezione della stessa, che si evince dalla mancata esibizione di una fattura o di una bolla di accompagnamento, che sarebbe stata astrattamente idonea a dimostrare un regolare acquisto degli articoli ritenuti originali al loro prezzo di mercato.
Del tutto evidente appare infine, stante il rilevante e diversificato carico (anche sotto il profilo dei marchi riprodotti sulla stessa) e quantitativo l'acclarata destinazione alla vendita della merce impressa dagli imputati, e la finalità da parte degli stessi di trarre un profitto dalla ricezione della stessa.
Risulta quindi provata la realizzazione da parte del prevenuto anche di una condotta, integrante tutti gli elementi costitutivi del reato di ricettazione,.
Va inoltre considerato che tale reato può concorrere con quello di cui all'art. 474 c.p., in considerazione della diversa oggettività giuridica delle due fattispecie criminose, volte rispettivamente a tutelare i beni del patrimonio e della fede pubblica, nonché della diversità delle condotte contemplate dalle due norme - le quali puniscono rispettivamente l'attività di ricezione dei beni di provenienza delittuosa e quella successiva di detenzione per la vendita degli stessi - che rende certamente inapplicabile nel caso concreto il principio di specialità o la disciplina del reato complesso, (cfr., in proposito, ex plurimis, Cass. pen., sez. II, 27.7.96 n. 3154 e Cass. pen., sez. V, 6.3.97 n. 2098).
Tali reati vanno poi riuniti sotto il vincolo della continuazione, data l'unicità del disegno criminoso perseguito dall'imputato con la loro realizzazione, evidenziato dal necessario collegamento esistente tra le predette condotte.
Tenuto conto del valore e della natura del materiale di pelletteria contraffatto e oggetto di ricettazione e delle modalità di condotta, trattandosi di prodotti non esposti in un esercizio commerciale ma verosimilmente destinati in corso di spedizione dagli imputati, con la finalità evidente di ingannare il consumatore finale sull'originalità del prodotto, così da trarne un rilevante profitto, stante anche il quantitativo notevole sotto il profilo ponderale, il fatto contestato non può certamente considerarsi di lieve entità e comportare di conseguenza la concessione dell'attenuante speciale di cui all'art. 648 comma 2 c.p.
Pertanto, tenuto conto di tutti i criteri valutativi di cui all'art. 133 c.p., negate le circostanze attenuanti generiche in ragione del curriculum costellato da plurimi e specifici precedenti a loro carico, stimasi equo irrogare la pena di anni due mesi due di reclusione ed € 8.00 di multa (pena così determinata pena base più grave di cui all'art. 648 c.p. anni due di recl. e 700 € di multa aumentata per la continuazione a quella inflitta con il capo sub b).
Non sussistono i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Visto l'art. 538 c.p.p. condanna gli imputati al risarcimento, in favore della costituita parte civile, del danno complessivo da liquidarsi in separata sede nonché alla rifusione delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi 3.000,00, oltre Iva e c.p.a. come per legge.
Va inoltre ordinata, ai sensi dell'art. 240 comma 2 c.p., la confisca e la distruzione di tutta la merce sequestrata.
P.Q.M.
visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.
dichiara
gli imputati L.V. e C.S. colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti, uniti i fatti sotto il vincolo della continuazione, condanna ciascuno alla pena di anni due mesi 2 di reclusione ed € 800 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art. 538 c.p.p. condanna gli imputati al risarcimento, in favore della costituita parte civile, del danno complessivo da liquidarsi in separata sede nonché alla rifusione delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi 3.000,00, oltre Iva e c.p.a. come per legge.
Confisca e distruzione di quanto in sequestro.
Così deciso in Napoli, il 5 gennaio 2018.
Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2018.