Corte appello Napoli sez. III, 09/08/2024, (ud. 24/05/2024, dep. 09/08/2024), n.6389
In tema di falso nummario, la legittimazione a costituirsi parte civile spetta anche al soggetto presso il quale la moneta contraffatta sia stata spesa, qualora abbia subito un pregiudizio di natura patrimoniale. Tale danno è risarcibile in sede penale ai sensi dell’art. 185, comma 2, c.p., a prescindere dal fatto che il reato sia contro la fede pubblica e che il danno patrimoniale non costituisca elemento della fattispecie incriminatrice.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza emessa in data 14/07/17 il GM del Tribunale di Benevento ha dichiarato Fa.Do. responsabile del reato indicato in rubrica e lo ha condannato, con l'aumento per la contestata recidiva, alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 900,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ha inoltre condannato l'imputato a risarcire i danni cagionati alla costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione, in favore della stessa, delle spese sostenute per il procedimento, liquidate in Euro 1.500,00, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15 per cento, IVA e CPA come per legge.
Ha ordinato la confisca delle banconote in sequestro con trasmissione alla filiale della Banca d'Italia di Napoli.
2. Avverso detta sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato ed ha chiesto:
dichiararsi la nullità della sentenza per violazione dell'art. 157 c.p.p.;
l'assoluzione dell'imputato;
la revoca delle disposte statuizioni civili;
la riduzione della pena irrogata con il riconoscimento dell'attenuante prevista dall'art. 62, comma 1, n. 4 c.p.;
la derubricazione del reato in quello previsto dall'art. 457 c.p.;
l'assoluzione dell'imputato ex art. 131 bis c.p.
3. All'odierna udienza camerale, svoltasi con trattazione scritta ai sensi dell'art. 23 bis del D.L. n. 137/2020, il Presidente ha dato atto delle conclusioni scritte del P.G., che ha chiesto la conferma della sentenza appellata, del difensore della parte civile, che ha chiesto la conferma della sentenza ed ha depositato nota spese, e del difensore dell'imputato che si è riportato ai motivi di gravame e ne ha chiesto l'accoglimento.
4. All'esito della camera di consiglio, la Corte rileva che il reato in ordine al quale Fa.Do. ha riportato condanna è estinto per intervenuta prescrizione.
Ed invero, dalla data dell'accertamento (17/06/13), pur computando i periodi di sospensione del corso della prescrizione del giudizio di primo grado pari a giorni 140, risulta ad oggi decorso, alla data del 04/11/23, il termine massimo di legge, per interruzione, pari ad anni 10 (artt. 157,160,161, c.p.).
La contestazione, come nella specie, della recidiva, senza ulteriori specificazioni, esclude che il giudice possa ritenere la sussistenza di una tipologia di recidiva diversa e più grave di quella semplice, cosicché la stessa non incide sul termine di prescrizione (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 43795 del 01/12/2016 Ud., dep. 22/09/2017, Rv. 270843). Tuttavia, essendo intervenuta condanna risarcitoria in primo grado si impone una disamina dei motivi che attengono al merito del processo in quanto "il giudice di appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale in primo grado sia intervenuta condanna anche al risarcimento del danno, è tenuto a decidere su tale ultima questione effettuando una "piena cognitio" sulla responsabilità dell'imputato, anche se la parte civile non abbia manifestato espressamente il proprio interesse alla trattazione del procedimento in appello e non vi abbia partecipato" (v. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24469 del 09/04/2019 Ce., dep. 31/05/2019, Rv. 276513 - 01).
5. Deve essere, in primo luogo, esaminato il motivo con cui l'appellante lamenta violazione dell'art. 157 c.p.p. per essere stato il decreto introduttivo del giudizio notificato al fratello dell'imputato, Fa.Re., che si assume essere incapace di intendere e di volere in quanto affetto da schizofrenia, patologia che, in un secondo momento, ne avrebbe comportato la sottoposizione ad amministrazione di sostegno. Il motivo non ha pregio.
Difatti, "in tema di validità della notificazione, lo stato di capacità d'intendere e di volere della persona che riceve l'atto si presume fino a prova del contrario, atteso che l'indicazione di capacità contenuta nella relazione dell'ufficiale giudiziario prescinde da un accertamento specifico e deve solo conformarsi al dettato dell'art. 157, comma 4, cod. proc. pen., il quale fa divieto al suddetto di consegnare copia a persona che si trovi nello stato di "manifesta" incapacità" (v. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22651 del 02/05/2001 Ud., dep. 01/06/2001, Rv. 219008).
Tale essendo il principio giuridico da applicare, rileva la Corte che non vi è prova che al momento della notificazione, eseguita il 28/05/15, Fa.Re., fratello dell'imputato, si trovasse in stato di manifesta incapacità di intendere e di volere. Il difensore dell'imputato ha infatti prodotto, a sostegno dell'eccezione proposta nel giudizio di primo grado, decreto del giudice tutelare presso il Tribunale di Benevento di apertura dell'amministrazione di sostegno in favore di Fa.Re., verbale di nomina dell'amministratore di sostegno e verbale di comparizione delle parti con audizione del Fa.Re.
Nella documentazione indicata si fa riferimento ad un certificato medico della ASL datato 25/09/15 contenente una diagnosi di "schizofrenia simplex". Giova premettere che l'amministrazione di sostegno, introdotta dall'art. 3 della L. n. 6/04, ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione.
Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.
Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie (così Cass. civ. Sez. 1, Sentenza n. 22332 del 26/10/2011, Rv. 619848).
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 440/2005, ha avuto, in particolare, modo di chiarire che "la complessiva disciplina inserita dalla legge n. 6 del 2004 sulle preesistenti norme del codice civile affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, da un lato, garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacità; e consente, ove la scelta cada sull'amministrazione di sostegno, che l'ambito dei poteri dell'amministratore sia puntualmente correlato alle caratteristiche del caso concreto. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l'inabilitato agli atti di straordinaria amministrazione e per l'interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria.
La persona beneficiaria non è, quindi, considerata dal legislatore incapace di intendere e di volere, essendo estranee in linea di principio all'istituto dell'amministrazione di sostegno specifiche situazioni di infermità mentale che rendano la persona totalmente incapace.
L'art. 409 cod. civ. ha, infatti, cura di precisare che il beneficiario "conserva" la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno.
Questo significa che la capacità di agire residua della persona con disabilità consta di una semplice "limitazione", escludendosi dalla stessa solamente gli atti che, a tenore di decreto, possono essere compiuti unicamente dall'amministratore di sostegno. In ogni caso, la nomina dell'amministratore di sostegno non richiude il beneficiario nello status di amministrato di sostegno.
Sulla base di quanto esposto, non può ritenersi che Fa.Re., nel momento in cui ebbe a ricevere la notificazione per conto del germano Domenico, fosse in uno stato manifesto di incapacità di intendere e di volere.
La certificazione sanitaria citata nel decreto del giudice tutelare è successiva alla notificazione e, soprattutto, non attesta una manifesta incapacità del Fa.Re. al momento della ricezione dell'atto.
La lettura dello stesso verbale di comparizione delle parti non evidenzia una palese incapacità del Fa.Re. il quale, al contrario, fornì risposte pertinenti alle domande che, nella circostanza, gli furono rivolte dal giudice tutelare.
6. Passando ad esaminare il merito del gravame, con il secondo motivo di impugnazione il difensore dell'imputato chiede l'assoluzione del proprio assistito rappresentando che non risulterebbe accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, se le banconote contraffatte fossero state spese dal Fa.Do. ovvero dal minore che a quest'ultimo si accompagnava, o, ancora, se le medesime banconote fossero già nella disponibilità, ancorché inconsapevole, del denunciante. Neppure risulterebbe provato che l'agente avesse consapevolezza della falsità delle banconote detenute e spese. Il motivo, così articolato, non ha pregio.
In merito alla ricostruzione dei fatti la Corte ritiene in tutto condivisibile il completo percorso motivazionale della sentenza impugnata alla quale può quindi farsi correttamente rinvio.
Ia.A., titolare e gestore di una pizzeria sita in Montecalvo Irpino, ha riferito che la sera del 17/06/13, mentre si trovava all'interno dell'esercizio commerciale con la sua collaboratrice Or., si presentò Fa.Do. con il minore Di.Ma. che ordinò una pizza da asporto del costo di 3 euro. Fa.Do. pagò con una banconota di 50 Euro e la cassiera diede il resto. Dopo circa dieci minuti i due ritornarono, ordinarono altre quattro pizze e Fa.Do. pagò questa volta con una banconota di 100 euro. Insospettitosi, Ia. si avvicinò alla cassa e constatò che le due banconote, uniche di quel taglio, erano false, sicché chiamò i Carabinieri.
Conformi le dichiarazioni di Or. la quale ha precisato che fu il Fa. a consegnare le due banconote al minore.
L'app. La. ha infine riferito di essere intervenuto presso la pizzeria su richiesta di Ia.Al., di aver identificato l'imputato ed il minore Di.Ma. e di aver sequestrato le due banconote la cui contraffazione era stata poi confermata dalla Banca d'Italia, come da nota scritta versata agli atti.
Sulla base di queste evidenze probatorie, il primo giudice, con motivazione logicamente ineccepibile, ha affermato la responsabilità di Fa.Do. per il reato a lui contestato evidenziando, sotto il profilo dell'elemento materiale della condotta, la spendita delle due banconote contraffatte da parte del Fa.Do., il quale, come detto, le consegnò al minore Di.Ma. e, quanto al profilo psicologico, la circostanza della duplice consegna di banconote di importo consistente a fronte di acquisiti modesti.
Sulla base di queste evidenze probatorie non è possibile addivenire ad una sentenza assolutoria dell'imputato e si deve pronunciare sentenza di non doversi procedere in ordine al reato a lui ascritto per essersi lo stesso estinto per intervenuta prescrizione.
7. Ai sensi dell'art. 578 c.p.p., devono essere confermate le statuizioni civili della sentenza di primo grado in favore della costituita parte civile.
Infondato è, invero, il motivo con cui l'appellante chiede l'esclusione della parte civile sul presupposto che quello previsto dall'art. 455 c.p. è un delitto contro la fede pubblica in cui persona offesa è l'Amministrazione dello Stato laddove il privato, al
più, potrebbe assumere la posizione di persona danneggiata.
Nella specie, l'ammissione della costituzione di Ia.Al. quale parte civile sarebbe erronea e comunque costui non avrebbe ricevuto alcun danno.
In realtà, "in tema di falso nummario (art. 455 cod. pen.), sussiste la legittimazione a costituirsi parte civile del soggetto presso il quale la moneta contraffatta sia stata spesa e che abbia subito un pregiudizio di natura patrimoniale, il quale è risarcibile
anche in sede penale, secondo la previsione generale dell'art. 185, comma secondo, cod. pen. - che fa riferimento "ad ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale", mentre nessun rilievo assume il fatto che, trattandosi di reato contro la fede pubblica, esuli dalla tutela penale il danno patrimoniale eventualmente sofferto dal privato, in quanto ciò significa semplicemente che tale danno non rientra negli elementi costitutivi della fattispecie di reato, ma non certo che il danno eventualmente subito non sia risarcibile" (v. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 49039 del 02/12/2004 Ud., dep. 22/12/2004, Rv. 231288). Fa.Do. deve essere, infine, condannato al pagamento delle spese processuali in favore della costituita parte civile che si liquidano in complessivi Euro 1.000, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.
8. Il gravoso carico del ruolo giustifica la fissazione di un termine di giorni 90 per la redazione della motivazione della presente sentenza.
PQM
P.Q.M.
Letto l'art. 605 c.p.p., in riforma della sentenza emessa dal GM del Tribunale di Benevento in data 14/07/17 appellata da FA.DO. dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputato perché il reato a lui ascritto è estinto per intervenuta prescrizione.
Conferma nel resto.
Condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della costituita parte civile che liquida in Euro 1.000, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.
Letto l'art. 544, comma 3, c.p.p., fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Napoli il 24 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 9 agosto 2024.