Tribunale Nola sez. I, 29/05/2023, n.1011
Il furto con strappo si configura quando la violenza è diretta sulla cosa e solo indirettamente sulla persona, distinguendosi così dal reato di rapina, e il dolo deve abbracciare sia gli elementi del furto sia la coscienza e volontà di strappare la cosa dalla persona.
Svolgimento del processo
L'imputato Bu.Cu., ai sensi degli artt. 449 e segg. c.p.p., veniva presentato direttamente davanti al giudice del dibattimento di questo Tribunale, all' udienza del 13.04.2023, per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo, essendo stato arrestato il 12.04.2023 da operanti in servizio presso i C.C. di Acerra per i reati in rubrica ascritti. Si procedeva alla convalida dell'arresto dell'imputato; questo Giudice dava lettura della contestazione formulata dal P.M., invitava il personale che aveva effettuato l'arresto a relazionare sullo stesso e all'esito l'arrestato veniva invitato a dichiarare le proprie generalità e, previo avvertimento della facoltà di non rispondere, rendeva dichiarazioni.
Invitati dal Giudice, il P.M. chiedeva la convalida dell'arresto e l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari e il difensore chiedeva non applicarsi alcuna misura o, in subordine, applicarsi una misura meno afflittiva; questo Giudice, in considerazione della sussistenza dei presupposti di legge legittimanti l'arresto e del rispetto dei termini di presentazione dell'arrestato, convalidava l'arresto e dava lettura dell'ordinanza con la quale è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari ed al termine disponeva procedersi al giudizio direttissimo. L'imputato, ritualmente avvisato della facoltà di chiedere un termine a difesa, o la definizione del procedimento mediante patteggiamento o rito abbreviato, chiedeva il rito abbreviato per tutti i reati in contestazione, che questo Giudice ammetteva.
All'odierna udienza, il Giudice acquisiva il fascicolo del P.M. e invitava le parti a concludere. All'esito della camera di consiglio, dava lettura del dispositivo di sentenza, riservandosi il deposito delle motivazioni nei termini di legge.
Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice, all'esito della camera di consiglio, che dalla lettura degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, in particolare: verbale di arresto; verbale di perquisizione e sequestro; denunce sporte da Zi. ed altri (…) sia emersa, senza ombra di dubbio, la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati contestati in rubrica. I fatti emergono con chiarezza dal verbale di arresto in cui si dà atto che in data 12.04.2023, alle ore 7:30 circa, operanti in servizio presso la Stazione dei C.C. di Acerra ricevevano (…) che sporgeva regolare denuncia rappresentando quanto segue. Tra le ore 6:45 e le ore 6:48, mentre percorreva Via (…) all'altezza della chiesa, vide un ragazzo a bordo di un motorino di colore nero e grigio che le strappò dalle braccia una borsa di colore marrone che ella indossava (al cui interno vi era il portafogli, il documento di identità e la carta libretto postale con relativo codice di blocco).
Gli operanti acquisirono, quindi, le immagini del sistema di videosorveglianza comunale presente in loco, dalla cui visione ebbero riscontro del narrato fornito alla demandante e identificarono l'autore materiale del reato in un soggetto di sesso maschile di media statura, media corporatura, abbigliato con scarpe ginniche bianche, giubbotto nero lungo, cappellino scuro, maglietta bianca, barba e occhiali scuri.
Ebbero, altresì, modo di rilevare la targa del motociclo (…).
Il motoveicolo in questione risultava intestato a Te.An.
Ciò posto, gli operanti effettuarono ulteriori accertamenti e, in particolare, dal sistema di captazione targhe presente in centro storico ad Acerra, appurarono che il motociclo in questione non si era allontanato dal luogo dei fatti. In particolare, dalla visione delle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza comunale posto in Via (…), notarono che poco prima delle ore 8:00 il soggetto in questione, a bordo del medesimo motociclo, deteneva in mano una borsa di colore nero con fiori (diversa da quella denunciata dalla Zi.). Ebbero modo di appurare che proprio in data 12.04.2023 Ma. sporgeva denuncia rappresentando che, alle ore 7:40, mentre percorreva a piedi Via Trieste e Trento nel Comune di Acerra, un giovane dell'età apparente di circa 30 anni, corporatura robusta, carnagione chiara, indossante un cappello di lana di colore scuro, occhiali scuri, giubbotto scuro, a bordo di un motociclo di colore grigio scuro, si avvicinò a lei strappandole di dosso le borse che deteneva nella mano destra. All'interno di una borsa, di colore nero-marca (…), vi erano una carta di credito (…), un telefono cellulare, abbonamenti a (…) e vari effetti personali. All'interno dell'altra borsa, con stampe colorate, vi erano il contratto di lavoro con un istituto scolastico di Brescia ed una borraccia di colore giallo.
Analogamente, Ma.Fl. sporgeva denuncia rappresentando che, tra le ore 7:35 e le ore 7:45 del 12.04.2023, mentre si trovava in Piazza (…), fu avvicinata da un ragazzo che indossava un giubbotto di colore scuro a bordo di un motorino di colore scuro che tentò di strapparle la borsa di colore nero con gesto repentino, non riuscendovi in quanto la demandante riuscì a portarsi nella direzione opposta.
Ciò posto, all'esito di ulteriori accertamenti, i militari notarono la presenza del (…) in sosta presso Via (…); si portarono, quindi, presso un'abitazione sita al piano terra del suddetto civico al cui interno vi era un soggetto di sesso maschile, le cui fattezze somatiche corrispondevano a quelle descritte in sede di denuncia dalla Zi.
Si portarono, quindi, all'interno dell'abitazione e identificarono il soggetto in questione nell'odierno imputato Bu.; quest'ultimo veniva sottoposto a perquisizione al cui esito si rinvenne il giubbotto, gli occhiali e il cappellino utilizzati per la commissione dei furti, nonché le chiavi del ciclomotore utilizzato per perpetrare i furti denunciati (detenute dall'imputato all'interno delle tasche dei pantaloni) parcheggiato nelle pertinenze dell'abitazione (cfr. verbale di perquisizione e sequestro). L'imputato veniva, quindi, tratto in arresto.
In sede di interrogatorio l'imputato ammetteva gli addebiti mossi a suo carico riferendo di aver assunto poco prima sostanze stupefacenti e di essersi poi pentito delle condotte poste in essere. Così ricostruita la vicenda, ritiene questo giudice che non vi siano dubbi in ordine alla penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati ascrittigli in rubrica.
I fatti risultano sufficientemente esplicati sulla base delle dichiarazioni rese dalle persone offese in sede di denuncia, non smentite da alcun elemento di segno contrario e peraltro riscontrate dagli accertamenti effettuati dai testi qualificati di P.G. (della cui attendibilità non v'è motivo di dubitare avendo i predetti relazionato su attività doverosa del proprio ufficio).
E' pacificamente emerso, quindi, che l'odierno imputato abbia volontariamente sottratto le borse legittimamente detenute da Zi. e Ma., strappandogliele di dosso, al fine di impossessarsi di quanto contenuto al loro interno nonché abbia tentato di sottrarre con strappo la borsa detenuta da Ma.Fl., non riuscendovi a causa della pronta reazione tenuta dalla predetta.
In relazione al grado di attendibilità che deve essere attribuito alle dichiarazioni rese dalle persone offese, costituisce consolidato principio giurisprudenziale che le stesse possano essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto (cfr. in merito tra le più recenti, Cass pen., Sez. 2, Sentenza n. 43278 del 24.09.2015).
Insegna, infatti, la Suprema Corte (Cass. 27.4.2006 n. 34110) che "in tema di valutazione della testimonianza della persona offesa dal reato, le dichiarazioni della stessa vanno vagliate con opportuna cautela, compiendone un esame penetrante e rigoroso, atteso che tale testimonianza può essere assunta da sola quale fonte di prova unicamente se sottoposta ad un riscontro di credibilità oggettiva e soggettiva, senza peraltro che ciò implichi la necessità di riscontri esterni". Il controllo dell'attendibilità dovrà essere ancora più penetrante quando la persona offesa risulti essere portatrice di un potenziale interesse a distorcere la rappresentazione dei fatti, quale può essere prodotto dalle sue aspettative risarcitone, o più in generale da qualsiasi altra riconoscibile motivazione personale emergente dagli atti. Ha statuito ad esempio Cass. 18.7.2012 n. 40849: "In tema di valutazione della prova, le dichiarazioni della persona offesa non sono assistite da alcuna presunzione di credibilità, con la conseguenza che il giudice deve procedere anche d'ufficio ad una rigorosa e penetrante verifica di attendibilità intrinseca ed estrinseca del racconto accusatorio, che deve essere confrontato con tutti gli altri elementi processuali, non potendo gravare sull'imputato l'onere di provare la falsità della deposizione".
Ancora più rigoroso dovrà, infine, essere il metro di giudizio quando risulti che il teste ha mentito su taluni fatti o circostanze della vicenda processuale oppure si è contraddetto su alcuni aspetti salienti, dato che è lecito inferire da ciò un fondato motivo di sospetto in ordine alla veridicità delle ulteriori propalazioni della stessa fonte.
E' bensì consentito, in questi casi, procedere ad una valutazione frazionata del racconto accusatorio che valga a salvare le porzioni dichiarative non inficiate da sicura falsità. Occorrerà tuttavia vagliare ancor più attentamente la coerenza intrinseca del dichiarato e la sua rispondenza alle altre emergenze istruttorie, fin quasi ad esigere la presenza di riscontri esterni alla deposizione dell'offeso.
Ebbene, valutando alla luce dei succitati principi di diritto le dichiarazioni rese dalle odierne denuncianti, queste hanno superato senza dubbi quel vaglio di credibilità e verosimiglianza richiesti per poter arrivare ad una pronuncia di condanna in termini di certezza.
Le predette, infatti, hanno fornito una versione lineare, dettagliata e circostanziata degli scippi subiti, ampiamente corroborate dagli accertamenti operati dai testi di P.G. che in primo luogo riscontrarono l'aderenza al narrato mediante acquisizione delle videocamere di sorveglianza comunale (dalla cui visione si notava la presenza dell'autore materiale del furto subito dalla Zi. nei tempi e con le modalità descritte dalla denunciante, nonché la presenza del soggetto in questione nei luoghi e negli orari compatibili con le dinamiche narrate dalla Ma. e dalla Ma.).
Inoltre, all'esito di ulteriori accertamenti, si portarono presso l'abitazione dell'odierno imputato dove ebbero modo di identificarlo (così riscontrando in maniera definitiva le fattezze somatiche del reo) e perquisirlo: proprio all'esito dell'attività di perquisizione, trovarono indosso all'imputato le chiavi del motorino utilizzato per commettere i furti denunciati (peraltro parcheggiato nelle adiacenze dell'abitazione) e i capi di abbigliamento (giubbotto, occhiali e cappellino) utilizzati per la commissione dei reati.
Infine, l'imputato in sede di interrogatorio ammetteva pienamente gli addebiti posti a suo carico. In punto di diritto, mette conto rilevare che il comma 2 dell'art. 624 bis c.p. disciplina oggi il furto con strappo, più noto come scippo, la cui condotta incriminata consiste nello strappare la cosa di mano o di dosso alla persona, piegando la resistenza attiva e passiva del soggetto passivo con un colpo improvviso più o meno violento.
La formulazione adottata dal legislatore del 2001 è rimasta immutata rispetto alla precedente (art. 625 n.4 c.p.), ma viene accresciuto il rigore sanzionatorio in considerazione del fatto che il ed. scippo denota un maggiore disvalore penale, perché incide non solo sul patrimonio, ma anche, e soprattutto, sul bene personale della sicurezza, da intendersi nell'accezione di inviolabilità fisica e psichica della sfera personale del soggetto passivo. Proprio queste considerazioni hanno indotto il legislatore del 2001 ad estrapolare l'ipotesi aggravata per farne un titolo autonomo di reato. La fattispecie di cui all'art. 624 bis, co. c.p. è strutturata sulla falsariga del delitto di furto, del quale è riprodotta integralmente la descrizione della condotta. Viene, quindi, punita la condotta di chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Peraltro, la differenza fra il furto con strappo e l'ipotesi di flirto semplice prevista dall' art. 624 c.p. è rappresentata dalla circostanza che, per la configurabilità della prima ipotesi, la violenza dovesse cadere direttamente sulla cosa e solo indirettamente sulla persona; diversamente si ritiene sussistente il reato di rapina.
La Cassazione (Sez. 2, Sentenza n. 2553 del 19/12/2014) ha, infatti, affermato che "integra il reato di furto con strappo la condotta di violenza immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, mentre ricorre il delitto di rapina quando la violenza sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, giacché in tal caso è la violenza stessa - e non lo strappo - a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione". Tale criterio va tuttavia integrato da un criterio finalistico: se la violenza è diretta sulla cosa al fine di separarla dalla persona si configura il furto; si configura, invece, la rapina se la violenza è diretta contro la persona, che rappresenta un ostacolo all'impossessamento materiale. Quanto all'elemento soggettivo, il dolo deve abbracciare, oltre agli elementi del furto semplice, anche l'ulteriore elemento del reato: per il furto con strappo occorre, quindi, la coscienza e volontà di strappare la cosa di mano o di dosso alla persona. Non basta più, come in passato, la mera conoscibilità di questi elementi, che era invece sufficiente (in base all' art. 59 co. 2 c.p.) ai fini dell'attribuibilità delle aggravanti di cui al precedente art. 625 n. 1 e 4 c.p.
Tanto illustrato in fatto ed in diritto, osserva il Giudice che le risultanze processuali depongono per la sicura riferibilità al prevenuto dei reati in contestazione. Risulta infatti senza dubbio integrata, in tutti i suoi elementi costitutivi, la fattispecie ex art. 624 bis co. 2 c.p., avuto riguardo alle circostanze fattuali ed alle modalità della condotta. Segnatamente, dalle acquisizioni processuali è emerso che Bu.Cu. si è impossessato, strappando di mano alle denuncianti Zi. e Ma., delle borse che le stesse legittimamente detenevano (al cui interno vi erano svariati effetti personali), nonché ha posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi della borsa che la Ma. deteneva legittimamente, per poi fuggire a bordo del motoveicolo in suo uso, poi ritrovato parcheggiato nei pressi della propria abitazione e di cui l'imputato deteneva le chiavi di accensione.
All'imputato possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche, stante il comportamento collaborativo tenuto al momento dell'arresto (come riferito dal verbalizzante in sede di udienza di convalida) e l'intervenuta ammissione degli addebiti. Tali attenuanti devono ritenersi in misura equivalente alla contestata e sussistente recidiva reiterata e specifica (come emerge da una chiara lettura del certificato penale in atti).
I reati possono ritenersi avvinti dal vincolo della continuazione ai sensi dell'art. 81 cpv c.p. trattandosi, con ogni evidenza, di espressione del medesimo disegno criminoso. Valutati i criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p., stimasi equo irrogare la pena di anni 2, mesi 10 di reclusione ed euro 800,00 di multa ciascuno, pena così determinata:
pena base, ritenuto più grave il reato di cui al capo A) della rubrica:
anni quattro di reclusione ed euro 1.000 di multa (pena che si attesta nei minimi edittali applicati all'esito del giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la contestata recidiva);
- aumentata per la continuazione con i reati di cui ai capi B) e C) di reclusione alla pena di anni quattro, mesi tre di reclusione ed euro 1.200 di multa (nella misura di mesi due di reclusione ed euro 100,00 di multa per il reato di cui al capo B) e mese uno di reclusione ed euro 100,00 di multa per il reato di cui al capo C);
- ridotta alla pena inflitta in forza del rito prescelto.
Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
Non sussistono i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena all'imputato, ostandovi precedenti penali a suo carico.
Va disposta, trattandosi di beni utilizzati per la commissione del reato, la confisca e la distruzione di quanto in giudiziale sequestro ai sensi dell'art. 240 c.p.
P.Q.M.
Letti gli artt. 438 e ss. c.p.p. dichiara Bu.Cu. colpevole dei reati ascrittigli in contestazione e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata recidiva, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, operata la diminuente per il rito prescelto, lo condanna alla pena di anni 2, mesi 10 di reclusione ed euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art. 240 c.p. ordina la confisca e distruzione di quanto in giudiziale sequestro.
Così deciso in Nola il 29 maggio 2023.
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2023.