Tribunale Nola, 27/01/2022, n.176
Nel reato di omessa dichiarazione ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 74/2000, il superamento della soglia di punibilità per imposte evase rappresenta un elemento costitutivo del reato, da accertare con valutazioni probatorie autonome rispetto a quelle tributarie. La sussistenza del dolo specifico di evasione può essere desunta dall'entità dell'evasione e dalla condotta complessiva dell'imputato, inclusi eventuali comportamenti ostruzionistici o di irreperibilità.
Svolgimento del processo
Il PM in sede citava a giudizio We.Zi., con decreto emesso il 29/10/2020, affinché lo stesso rispondesse all'udienza del 6/5/2021 del reato in rubrica contestato.
In quell'udienza il Giudice, rilevato che l'imputato aveva ricevuto a mani proprie la notifica del decreto, accertata la regolarità della notifica e sussistendone i presupposti di legge, dichiarava procedersi in assenza dell'imputato e rinviava in via preliminare all'udienza del 14/10/2021.
In quella udienza, in assenza di questioni o eccezioni preliminari, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento, ammettendo le prove così come richieste dalle parti in quanto legittime, non manifestamente superflue o irrilevanti. Si procedeva all'esame del teste Vi.Ca., in servizio presso la Guardia di Finanza, al termine del cui esame il PM produceva documentazione. Il processo veniva rinviato, per l'esame dell'imputato e la discussione, all'udienza odierna. In questa sede, non residuando ulteriori attività istruttorie da compiere, questo Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento ed invitava le parti a rassegnare le conclusioni di cui in epigrafe.
Al termine della discussione questo Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione, pubblicando il dispositivo allegato al verbale d'udienza con contestuale redazione dei motivi.
Diritto
Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che, alla luce dell'istruttoria dibattimentale, deve essere pronunciata sentenza di condanna nei confronti di We.Zi. in ordine al reato a lui ascritto.
Giova sul punto evidenziare che gli elementi posti a fondamento del giudizio sono costituiti dalle dichiarazioni rese dal teste escusso, nonché dalle prove documentali versate nel fascicolo del dibattimento e, segnatamente, le fatture relative alla ditta intestata all'imputato "Fa. s.r.l.", le verifiche tramite spesometro ed il processo verbale di constatazione redatto dagli operanti.
Sulla base di tali fonti di prova la vicenda per cui vi è processo può essere così ricostruita.
Dall'escussione del teste Vi.Ca., luogotenente in servizio presso la Guardia di Finanza - della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, stante il carattere preciso e chiaro del narrato, confortato dai dati documentali, nonché la veste di pubblico ufficiale del dichiarante, che lascia indurre disinteresse alla vicenda per cui vi è processo - nonché dalla restante istruttoria documentale è emerso che a seguito di verifiche fiscali effettuate la ditta "Fa. s.r.l.". legalmente rappresentata da We.Zi., odierno imputato, per l'anno di imposta 2014 non aveva presentato le prescritte dichiarazioni fiscali a fini IVA e IRES.
A fronte di tale omissione, tuttavia, la polizia giudiziaria ricostruiva il reddito della società "Fa. s.r.l.", avvalendosi in primo luogo dell'Anagrafe tributaria e dallo spesometro, dalle cui risultanze emergeva che per l'anno di imposta 2014 la "Fa. s.r.l." aveva ricevuto commesse da altra società "Mo. s.r.l.", nonché sopportato costi per spese vive di scarsa entità, non superiori a 5.000 Euro annui.
Gli agenti, inoltre, procedevano ad inoltrare alla società "Mo. s.r.l." apposita richiesta di dati e notizie circa le operazioni commerciali intercorse con la "Fa. s.r.l." e la suddetta società inviava agli operanti un cospicuo numero di fatture, emesse dalla "Fa. s.r.l." per le lavorazioni effettuate per conto della "Mo. s.r.l.", peraltro versate agli atti di questo dibattimento. Incrociando i dati provenienti dallo spesometro con quelli forniti dalla società "Mo. s.r.l." gli agenti della Guardia di Finanza notavano una pressocché perfetta congruenza - con un'oscillazione di poche decine di euro - e ricostruivano il reddito della società del We.Zi. per un ammontare pari ad Euro 359.105,60. Di conseguenza, le imposte evase ammontavano ad Euro 98.754,04 per quanto concerneva l'IRES e 79.003,23 per quanto concerneva l'IVA.
Nessun contributo utile aveva fornito l'accertamento presso il commercialista della società, il dott. Domenico Ranieri, che non conservava più alcuna scrittura relativa alla "Fa. s.r.l.".
A domanda del difensore, il teste riferiva che per l'anno 2013 la "Fa. s.r.l." aveva regolarmente presentato le dichiarazioni fiscali, ancorché precisando che si trattava del primo anno di operatività della società. Le anomalie fiscali, invece, perduravano altresì successivamente all'anno di imposta oggetto del presente procedimento, fino ad arrivare all'anno di imposta 2018.
Gli agenti infine effettuavano una verifica nella sede legale della società, ove però non rinvenivano nulla di riconducibile alla "Fa. s.r.l." bensì una diversa azienda intestata ad altro soggetto. L'imputato We.Zi., inoltre, si rendeva irreperibile.
A fronte di tale ricostruzione accusatoria, l'imputato non ha reso dichiarazioni utilizzabili in questa sede né dagli atti a disposizione di questo Giudice emerge una diversa e plausibile ricostruzione della vicenda.
Così ricostruita l'istruttoria dibattimentale, deve pronunciarsi sentenza di condanna nei confronti di We.Zi. per il reato a lui ascritto.
Risulta, infatti, in primo luogo pacifico - come dichiarato dal teste Vi.Ca. e confermato dalla restante istruttoria - che per l'anno 2014 la società "Fa. s.r.l.", impresa legalmente rappresentata da We.Zi., non presentava le dichiarazioni dei redditi IVA e IRES.
Risulta, altresì, provato il superamento della soglia di punibilità delle imposte evase da parte della società dell'imputato, quantificate dalla Guardia di Finanza in Euro 98.754,04 per quanto concerneva l'IRES ed Euro 79.003,23 per quanto concerneva l'IVA (entrambi i quantitativi risultano superiori alla soglia di legge applicabile ratione temporis, ovvero quella di 50.000 Euro per imposta peraltro più elevata della previgente, essendosi consumato il reato il 30/12/2015); cfr. "In materia di reati tributari, ai fini dell'individuazione della soglia di punibilità del delitto di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 vigente "ratione temporis", deve farsi riferimento al momento della consumazione del reato, che va fissato nel termine di novanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all'imposta sui redditi o all'I.v.a. (In motivazione, la Corte ha precisato che la soglia di punibilità era originariamente fissata in una evasione di Euro 77.000 con riferimento a taluna delle singole imposte; poi, è stata rideterminata in Euro 30.000 dall'art. 2, comma vicies semel, lett. f), del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. in legge 14 settembre 2011 e, da ultimo, è stata stabilita in Euro 50.000 dall'art. 5, comma 1, leti: a) del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158)". (Sez. 3, Sentenza n. 19647 del 20/02/2019 Ud. (dep. 08/05/2019) Rv. 275747 - 01).
Ed infatti le risultanze investigative non si sono limitate, nel caso di specie, al ricorso a mere presunzioni, come quelle derivanti dall'accertamento induttivo puro mediante c.d. "spesometro", ma si sono fondate su veri e propri elementi indiziari che, valutati nel complesso da questo Giudice, permettono fondatamente di ritenere esistenti i debiti fiscali nell'ammontare quantificato dalla Guardia di Finanza, come tale esorbitanti la soglia di punibilità prevista dalla legge.
Come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, "In materia di reati tributari, il giudice penale, mentre non è vincolato dalle valutazioni compiute in sede di accertamento tributario, può tuttavia con adeguata motivazione apprezzare gli elementi induttivi in delta sede valorizzati per trarne elementi probatori, che ritenga idonei a sorreggere il suo convincimento obiettivo" (Sez. 3, n. 28710 del 19/04/2017 - dep. 09/06/2017, P.G. in proc. Ma. e altri, Rv. 27047601); "Ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione ai fini di evasione dell'imposta sui redditi (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata per mancanza di una autonoma valutazione critica degli elementi contenuti nell'accertamento tributario induttivo e di qualsiasi comparazione con le altre risultanze processuali)". (Sez. 3, n. 37335 del 15/07/2014 - dep. 09/09/2014, Bu., Rv. 26018801).
Nel caso in esame, l'accertamento condotto dalla Guardia di Finanza non si è limitato ad una mera deduzione dalle risultanze del c.d. "spesometro" ma tali conclusioni intermedie e presuntive sono state sottoposte a molteplici verifiche di confutabilità, attraverso la comparazione con le numerose fatture emesse dalla "Fa. s.r.l." in favore dell'impresa monocommittente, con la verifica presso la sede legale della società, deserta, e presso l'indirizzo di residenza dell'imputato, irreperibile, nonché con la decurtazione dai risultati ottenuti degli elementi reddituali passivi in capo alla società.
Né la difesa ha provato o allegato alcun elemento contrario alla ricostruzione accusatoria, pienamente provata.
Come riconosciuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, non è sufficiente, nemmeno per fondare un ragionevole dubbio sulla ricostruzione accusatoria, la mera allegazione di elementi dai quali desumere le cattive condizioni economiche dell'impresa al momento della commissione del fatto, dovendosi ritenere che il contributo probatorio da offrire debba essere più puntuale, a maggior ragione a fronte di un accertamento condotto dall'Amministrazione secondo modalità incrociate di riscontro. "In tema di reati tributari, il giudice, per determinare l'ammontare dell'imposta evasa, deve effettuare una verifica che, pur non potendo prescindere dalle specifiche regole stabilite dalla legislazione fiscale per quantificare l'imponibile, risente delle limitazioni derivanti dalla diversa finalità dell'accertamento penale, con la conseguenza che occorre tenere conto dei costi non contabilizzati solo in presenza, quanto meno, di allegazioni fattuali, da cui desumere la certezza o, comunque, il ragionevole dubbio della loro esistenza" (Cass. Sez. 3, n. 8700 del 16/01/2019 - dep. 28/02/2019, Rv. 27585601). Nel caso in esame, inoltre, sussiste l'elemento soggettivo del reato contestato di cui all'art. 5 citato, comprensivo altresì della coscienza e volontà di omettere una dichiarazione annuale relativa ad un'imposta superiore alla soglia di punibilità. Come riconosciuto, infatti, dalla giurisprudenza di legittimità "Nel delitto di omessa dichiarazione, previsto dall'art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il superamento della soglia rappresentata dall'ammontare dell'imposta evasa ha natura di elemento costitutivo del reato e, come tale, deve formare oggetto di rappresentazione e volizione, anche a titolo di dolo eventuale, da parte dell'agente" (Sez. 3, n. 7000 del 23/11/2017 - dep. 14/02/2018, Ve., Rv. 27257801) "In tema di reati tributari, la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (art: 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), può essere desunta dall'entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell'esatto ammontare dell'imposta dovuta (Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016 - dep. 06/05/2016, V, Rv. 26702201).
Nel caso di specie molteplici indici probatori confermano la sussistenza del dolo da parte dell'imputato, nonché della sua finalità di evasione. In primo luogo, appare saliente sottolineare come la "Fa. s.r.l." sia un contribuente evasore totale, non solo limitatamente all'anno di imposta oggetto di contestazione, ma in modo perdurante fino all'anno 2018. Inoltre, la documentazione contabile, esistente e prodotta, rendeva perfettamente nota al We.Zi. l'esistenza di una imposizione indiretta da dichiarare, e dunque la coscienza e volontà di omettere tale adempimento tributario, in modo peraltro totalitario.
Ulteriori elementi indizianti il dolo di evasione da parte dell'imputato, inoltre, sono rappresentati dal suo stato di irreperibilità nel corso della verifica fiscale, nonché dall'abbandono della sede legale da parte dell'impresa, soppiantata rapidamente da altra società.
Né l'istruttoria dibattimentale ha fornito elementi sufficienti per ritenere inesigibile il comportamento doveroso dell'imputato.
Questo Giudice concorda convintamente con l'orientamento esposto dalle Sezioni unite Cass. pen., sez. I, 6 aprile 2011, n. 16513, che, seppur in relazione a diversa fattispecie di reato, hanno affermato che 'inesigibilità è categoria generale del diritto penale, che direttamente discende dai precetti dell'art. 27 Cost.. Non può difatti predicarsi colpevolezza senza rimproverabilità, e la impossibilità ad adempiere al precetto, che dipenda da errore incolpevole o da fatto impeditivo o da assenza di mezzi, renderebbe la punizione dell'inosservanza in concreto non compatibile con il principio di personalità della responsabilità penale e con la funzione rieducativa della pena. L'impossibilità va quindi parametrata all'obbligo imposto e alla situazione concreta rispetto alla quale occorre valutare la improverabilità dell'omissione…".
Tuttavia nel caso di specie l'istruttoria dibattimentale non ha fornito prova della assoluta impossibilità del We.Zi. di presentare le dichiarazioni fiscali, né con riferimento al suo comportamento antecedente né a quello successivo.
Al contrario, la giurisprudenza di legittimità richiede una prova solida dell'inesigibilità della condotta (cfr., sebbene con riguardo al diverso reato di cui all'art. 10 ter "In tema di reato di omesso versamento dell'IVA, la colpevolezza del contribuente non è esclusa dalla crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo e, nel caso in cui l'omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell'IVA per altrui inadempimento, non siano provati i motivi che hanno determinato l'emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo" - Sez. 3, n. 23796 del 21/03/2019 - dep. 29/05/2019, Mi.Sa., Rv. 27596701; "Nel reato di omesso versamento di Iva (art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000) ai fini dell'esclusione della colpevolezza è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo" (Sez. 3, n. 2614 del 06/11/2013 - dep. 21/01/2014, Sa., Rv. 25859501), dovendosi provare la non attribuibilità del dissesto all'imprenditore (cfr. sul punto anche Cass. sez. 3, n. 37528 del 12.6.2013, Co., rv. 257683), l'impossibilità di sopperire aliunde, anche con mezzi a sé sfavorevoli e, più in generale, l'assenza stessa di alternative anziché la concreta, quand'anche meritevole, scelta di priorità dell'imprenditore, che scientemente decida di postergare gli interessi erariali a quelli dei fornitori o dei dipendenti (cfr. Cass. Sez. 3, sentenza n. 23532 del 14/5/2014).
Pur non essendo, dunque, escluso che, in astratto, siano possibili casi nei quali possa invocarsi l'assenza del dolo o l'assoluta impossibilità di adempiere l'obbligazione tributaria (cosi Cass. sez. 3, n. 5467 del 5.12.2013 dep. il 4.2.2014, Me.), è tuttavia necessario, perché in concreto ciò si verifichi, che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene alla lamentata crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l'azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario). In altri termini, il ricorrente che voglia giovarsi in concreto di tale esimente dovrà dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Nel caso di specie nessuna allegazione è stata fornita sul punto. Non sussistono i requisiti per il riconoscimento dell'art. 131 bis c.p., in ragione del quantitativo non esiguo delle imposte evase (peraltro in numero di due) e del carattere totalitario dell'inadempimento, che impedisce di considerare l'offesa al bene giuridico di particolare tenuità. Inoltre la presenza di un precedente penale per un reato commesso dal We.Zi. sempre nell'esercizio di un'impresa impedisce di ritenere occasionale il suo adempimento (che, a dire del teste di p.g., inoltre, è perdurato per gli anni a seguire).
Non vi sono elementi positivamente valutabili in favore del We.Zi. per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
L'imputato, non incensurato, non ha tenuto alcun comportamento collaborativo, né in sede procedimentale né in sede processuale, dandosi alla macchia, ed è per giunta autore di un comportamento grave, di gestione imprenditoriale nella piena illegalità, in qualità di evasore totale.
Considerati tutti i criteri indicati dall'art. 133 c.p., in particolar modo le modalità della condotta, la gravità del danno maturato dall'erario, l'entità e la duplicità delle imposte evase, il carattere totalitario dell'inadempimento, nonché la capacità criminale del We.Zi., non incensurato, e l'intensità del dolo manifestata, stimasi pena congrua quella di anni tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Alla condanna conseguono, ai sensi dell'art. 12 del D. Lgs. n. 74/2000 le sanzioni accessorie ivi previste.
Pertanto si dichiara l'imputato interdetto per anni uno dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, incapace di contrattare con la P.A. ed interdetto dalle funzioni di rappresentanza ed assistenza in materia tributaria per la durata di un anno, nonché interdetto in perpetuo dall'ufficio di componente di commissione tributaria.
Inoltre, ai sensi degli artt. 12 co. 2 del D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, 36 c.p., si dispone la pubblicazione della presente sentenza per estratto sul sito internet del Ministero della Giustizia.
Non sussistono le condizioni per concedere la sospensione condizionale della pena nei confronti del We.Zi., condannato a pena ultrabiennale e non incensurato (non può dirsi maturato l'effetto estintivo del reato oggetto del decreto penale di condanna nel casellario giudiziale dell'imputato, ai sensi dell'art. 460 co. 5 c.p.p., dal momento che il reato per cui si procede in questa sede è stato commesso in data 30/12/2015, ovvero nel termine di legge indicato dalla nonna). Inoltre, ai sensi dell'art. 12 bis del d. lgs. 74/2000 si dispone la confisca di denaro, titoli di credito, beni immobili e mobili nella disponibilità di We.Zi. fino a concorrenza del profitto del reato che corrisponde alla somma delle imposte indebitamente evase dall'imputato, pari ad Euro 177.757,27 ("In tema di reati tributari, il profitto di delitti consistenti nell'evasione dell'imposta per mezzo di omessa, infedele o fraudolenta dichiarazione o di omesso versamento, che può essere oggetto di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale e non comprende anche le sanzioni dovute a seguito dell'accertamento del debito, che rappresentano, invece, il costo del reato stesso, derivante dalla sua commissione (Fattispecie in tema di reato di omesso versamento dell'IVA di cui all'art. 10-ter del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74)" (Cass. Sez. 3, n. 17535 del 06/02/2019 - dep. 24/04/2019, Rv. 27544501).
Con la legge finanziaria del 2008 (L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143) era stata estesa l'applicazione dell'art. 322 ter c.p., anche ai reati tributari, ed in specie a quelli previsti dal D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2,3,4,5,8,10 bis, 10 ter, 10 quater ed 11.
Tale disposizione prevedeva - nel caso di condanna o di sentenza di applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p. - la confisca obbligatoria (".. si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'art. 322 ter c.p.") dei beni che costituivano il profitto o il prezzo dell'attività illecita, salvo che appartenessero a persona estranea al reato, ovvero, quando ciò non fosse possibile, la confisca di beni, di cui il reo avesse la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo. Si trattava, dunque, di un'ipotesi di confisca obbligatoria discendendo tale conclusione sia dal dato testuale della norma, ove si prevedeva che la confisca fosse "sempre ordinata", sia dalla natura sanzionatoria della stessa, con la conseguenza che la sua applicazione, in forma diretta o per equivalente, non era rimessa alla discrezionalità del giudice, ma conseguiva obbligatoriamente all'accertamento del reato tributario.
Attraverso di essa, infatti, si era inteso privare l'autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento che assumeva così i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata né alla colpevolezza dell'autore del reato, né alla gravità della condotta; si trattava, quindi, di "una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti" (così Cass. SS.UU., sent. n. 41936 del 25 ottobre 2005, rv. 232164).
Successivamente, detta disposizione è stata abrogata dall'art. 14 del D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ma è stata riproposta nel comma 1 dell'art. 12 bis, del D. Lgs. n. 74 del 2000 - introdotto proprio dal Decreto n. 158 citato - che infatti, recependo, questa volta direttamente e non a mo' di richiamo, il contenuto dell'art. 322 ter cod. pen., ha stabilito che: "Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a nonna dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto". Ne consegue che "in materia di reati tributari, la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena, stante l'identità della lettera e la piena continuità normativa tra la disposizione di cui all'art. 12 bis, comma secondo, del predetto D. Lgs. (introdotta dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158), e la previgente fattispecie prevista dall'art. 322-ter cod. pen., richiamato dall'art. 1, comma 143, L. 24 dicembre 2007, n. 244, abrogata dall'art. 14 del citato D.Lgs. n. 158 del 2015" (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 50338 del 22/09/2016 Ce., dep. 28/11/2016, Rv. 268386).
Va poi evidenziato che, per l'assenza di norme che dispongano in senso contrario, non è necessario che la confisca per equivalente sia preceduta dal sequestro preventivo dei beni oggetto della stessa (v. Cass. Sez. 3, n. 17066 del 04.02.2013, rv. 255113). Ed invero, "in tema di confisca per equivalente, il giudice della cognizione, nei limiti del valore corrispondente al profitto del reato, può emettere il provvedimento ablatorio anche in mancanza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro e senza necessità della individuazione specifica dei beni da apprendere, potendo il destinatario ricorrere al giudice dell'esecuzione qualora dovesse ritenersi pregiudicato dai criteri adottati dal P.M. nella selezione dei cespiti da confiscare (fattispecie relativa a reati tributari)" (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20776 del 06/03/2014 Ud. dep. 22/05/2014, Rv. 259661). Deve pertanto disporsi altresì la confisca per equivalente dei beni nella disponibilità, diretta o indiretta, di We.Zi., in caso di impossibilità di esecuzione della confisca diretta.
Non vi è necessità di disporre la traduzione della presente sentenza nei confronti dell'imputato, emergendo pienamente dagli atti la sua capacità di intendere e parlare la lingua italiana.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p. dichiara We.Zi. colpevole del reato a lui ascritto e per l'effetto lo condanna alla pena di anni tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art. 12 co. 1 del D. Lgs. 74/2000, dichiara l'imputato interdetto dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per la durata di anni uno, incapace di contrattare con la P.A. e interdetto dalle funzioni di rappresentanza ed assistenza in materia tributaria per la durata di un anno, nonché interdetto in perpetuo dall'ufficio di componente di commissione tributaria.
Letti l'art. 12 comma 2, del D. Lgs. 74/2000, dichiara l'imputato interdetto dai pubblici uffici per la durata di un anno.
Letti gli artt. 12 comma 1 lett. e) del D. Lgs. 74/2000, dispone la pubblicazione della presente sentenza per estratto nel sito internet del Ministero della Giustizia. Letto l'art. 12 bis del D. Lgs. n. 74/2000 ordina la confisca del profitto del reato ascritto pari ad Euro 177.757,27 ovvero, laddove ciò non sia possibile, la confisca di beni di cui We.Zi., direttamente o indirettamente, abbia la disponibilità per un valore equivalente.
Motivi contestuali.
Così deciso in Nola il 27 gennaio 2022.
Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2022.