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Omessa tenuta delle scritture contabili e dolo specifico nella bancarotta fraudolenta

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Tribunale Taranto sez. I, 10/09/2024, n.1992

L’omessa tenuta delle scritture contabili, con dolo specifico di arrecare pregiudizio ai creditori, integra la fattispecie autonoma di bancarotta fraudolenta documentale ai sensi dell’art. 216, comma 1, n. 2, L.F., anche qualora non sia possibile accertare con certezza se vi sia stata mancata consegna, distruzione o sottrazione delle scritture. Tale condotta impedisce la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, arrecando nocumento ai creditori.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con Decreto che dispone il giudizio del 05.11.2021, il G.U.P. del Tribunale di Taranto rinviava a giudizio Ca.Vi. per rispondere dei reati indicati in epigrafe.

All'udienza del 03.10.2022, costituite regolarmente le parti, il Giudice dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva le prove così come articolate.

All'udienza del 20.03.2023, con il consenso delle parti, si acquisiva la relazione ex art. 33 LF con domande a chiarimento del curatore Dott. Pi.Ca.; il P.M. produceva la sentenza di fallimento e visura camerale della società; le sommarie informazioni rese da Pi.Ca. che erano acquisite con il consenso delle parti.

Alla odierna udienza il Tribunale dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale e le parti concludevano così come riportato in epigrafe.

All'esito della camera di consiglio veniva data lettura del dispositivo in calce.

Motivi della decisione
Alla luce dell'istruttoria dibattimentale svolta è emersa prova della responsabilità dell'imputata per i delitti a lei ascritti nei termini che seguono.

Il Tribunale di Taranto, con sentenza N. 28/2019 del 17/04/2019, depositata il 18/04/2019, ha dichiarato il fallimento della società (…) s.a.s., con sede in (…), cod. fisc. (…), in persona del legale rappresentante prò tempore e del socio accomandatario, Ca.Vi., nata a (…) ed ivi residente in via (…).

Tanto si è reso necessario in seguito al ricorso presentato, ai sensi dell'art. 6 L.Fall., da (…) S.p.A., teso ad ottenere la dichiarazione di fallimento della predetta società.

La società fallita veniva costituita, con atto pubblico redatto dal notaio Ma.Mo. in Laterza (TA) il 29/03/2001 (Repertorio n. 6735 - Raccolta n. 1844) (all. 1), sotto forma di Società in Accomandita Semplice denominata "(…) s.a.s". All'atto della sua costituzione, il capitale sociale era pari a Lire 40.000.00 (pari ad Euro 20.658,28) sottoscritto dal socio unico accomandatario Ca.Vi., nata a (…) codice fiscale (…), per Lire 24.000.000 (pari a Euro 12.394,97) e dal socio accomandante RI.An., nato a (…) codice fiscale (…), per Lire 16.000.000 (pari ad Euro 8.263,31).

In data 17/05/2019 il Nucleo Mobile della Tenenza di Castellaneta della Guardia di Finanza ha notificato la sentenza dichiarativa di fallimento alla sig.ra Ca.Vi., nella sua qualità di legale rappresentante della società fallita nonché quale socio illimitatamente responsabile dichiarato anch'egli fallito ex art. 147 L.Fall.

A tale proposito il Curatore ha dato atto che la sig.ra Ca.Vi., nella sua spiegata qualità, non ha adempiuto all'ordine impartito dal Tribunale di deposito, entro tre giorni dalla notifica della sentenza dichiarativa di fallimento, dei bilanci, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie.

Il Curatore fallimentare in data 23 Dicembre 2019 ha dato atto della permanenza della mancata consegna delle scritture contabili; Non essendo stati rinvenuti beni nel patrimonio della società, il curatore ha rappresentato l'inutilità di qualsivoglia attività di liquidazione a favore dei creditori per mancanza di attività liquidabili.

Al momento dell'insinuazione al passivo la società (…) S.p.a. risultava creditrice di euro 40.292,38; l'Agenzia delle Entrate di Euro 42.059.13.

L'ordinamento correla inscindibilmente all'attività dell'imprenditore commerciale l'obbligo della registrazione contabile delle operazioni compiute e la dimensione e modificazione del patrimonio dell'impresa. Si tratta della tutela nell'interesse dei creditori ai quali deve consentirsi la possibilità di una chiara ricostruzione delle vicende economiche dell'impresa e dei suoi movimenti. È questo l'oggetto giuridico della fattispecie della bancarotta documentale, nettamente autonomo e distinto da quello sotteso alla figura della bancarotta fraudolenta patrimoniale L'obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili, il cui mancato adempimento viene penalmente sanzionato, non si esaurisce con la cessazione dell'attività, ma solo quando si verifica la cancellazione dal registro delle imprese.

Come per la fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale il legislatore è ricorso ad una reiterazione di indicazioni normative, tra loro eterogenee e, a differenza che per l'art. 216 L. fall., comma 1, n. 1, non fungibili o equipollenti anche a ragione della diversa struttura: l'ultima - la c.d. "ipotesi generale" - si presenta come reato ad evento, mentre le altre sono di pura condotta, ancorché mirate ad offuscare l'ostensibilità dei fatti di impresa.

Nel caso di specie risulta contestata la fattispecie di bancarotta fraudolenta di cui all'art. 216, comma primo, n. 2 prima parte: giova precisare che in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un'ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. La Corte di cassazione ha inoltre precisato che le condotte di mancata consegna, distruzione o omessa tenuta della documentazione contabile sono equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata se è comunque certa la sussistenza di una di esse ed è acquisita la prova del dolo dell'imprenditore.

La Suprema Corte ha precisato che è da escludersi che vi sia violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza quando il fatto non sia ontologicamente mutato. Hanno sottolineato le Sezioni unite di questa Corte che, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, sentenza n. 36551 del 15/07/2010-Rv. 248051).

Costituisce circostanza incontrovertibile nel caso in esame il mancato reperimento di qualsivoglia documento contabile dell'impresa fallita e il mancato deposito, da parte dell'imputata, dei libri contabili obbligatori, con la conseguenza che non è stato possibile in alcun modo agli organi fallimentari procedere alla ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Non giova distinguere tra mancata consegna, sottrazione, distruzione e omessa tenuta ab initio della documentazione contabile, giacché, ai fini del reato di bancarotta documentale di cui alla L. Fall., art. 216, una volta accertato in capo all'imprenditore lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di arrecare pregiudizio ai creditori (scopo regolarmente contestato all'imputata), la omessa tenuta (o la distruzione o l'occultamento ovvero la mancata consegna al curatore) della documentazione e delle scritture contabili devono ritenersi equivalenti, sicché può anche non rilevare che non si sia accertato quale delle ipotesi si sia verificata in concreto quando sia certa comunque la sussistenza di una di esse (Sez. 5, Sentenza n. 8369 del 27/09/2013 - Rv. 259038; -Sez. 5, 11/5/1981, n. 6967, in un caso in cui è stata equiparata la distruzione alla omessa tenuta delle scritture contabili).

Pienamente provato risulta anche l'elemento soggettivo del reato: l'intenzione di frodare i creditori è desumibile dal fatto che l'imputata ha gestito un'attività commerciale con un volume di affari rilevante - come dimostrato dall'ammontare dei debiti insinuati al fallimento, fra cui deve considerarsi il credito dell'Agenzia delle Entrate cui corrisponde logicamente un profitto della società.

A fronte di ciò non ha permesso il rinvenimento delle scritture contabili con ciò integrandosi l'elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie di reato (dolo specifico), rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio societario e creando un concreto nocumento ai creditori (la procedura fallimentare è stata chiusa in modo del tutto infruttuoso).

Nel caso di specie l'omissione della tenuta delle scritture contabili (ovvero il mancato rinvenimento di queste ultime da parte del Curatore Fallimentare) dall'inizio dell'attività della società fallita è incompatibile con un'ipotesi di trascuratezza colposa, attesa la dimensione economica dell'impresa gestita dalla suddetta società che svolgeva attività di gestione di alberghi, ristoranti e fast food, gestione di discoteche e, in generale attività relative al tempo libero quale organizzazione di spettacoli e concerti.

Da tanto discende indiscutibile la prova della consapevole finalità di recare pregiudizio ai creditori, al fine di occultare le proprie condotte gestorie antidoverose.

La Corte di cassazione ha già avuto modo di chiarire che l'omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta - e non quello di bancarotta semplice - qualora si accerti che scopo dell'omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, sentenza n. 25432 del 11/04/2012 - Rv. 252992; Sez. 5, sentenza n. 32173 del 11/06/2009 -Rv. 244494).

Il reato contestato al capo B) di imputazione deve ritenersi assorbito nel reato di cui al capo A) di imputazione posto che "In tema di reati fallimentari, l'inosservanza dell'obbligo di deposito delle scritture contabili, ex artt. 16, n. 3, 220 legge fall., deve ritenersi assorbita dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, commessa mediante sottrazione del compendio contabile, posto che, a fronte dell'omogeneità della struttura e dell'interesse sotteso ad entrambe le figure di reato, la seconda è più specifica, in ragione dell'elemento soggettivo" (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 2809 del 12/11/2014 Ud. (dep. 21/01/2015) Rv. 262589 - 01).

Il Collegio ritiene di escludere la sussistenza della contestata recidiva. Con riguardo alla natura della recidiva la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che "non è conforme ai principi generali di un moderno diritto penale espressivo dei valori enunciati dalla Carta fondamentale una concezione della recidiva quale status soggettivo correlato al solo dato formale della ricaduta nel reato dopo una previa condanna passata in giudicato che formi oggetto di mero riconoscimelo da parte del giudice, chiamato soltanto a verificare la correttezza della sua contestazione. La recidiva è, piuttosto, una circostanza pertinente al reato che richiede un accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra lo status e il fatto che deve risultare sintomatico, in relazione alla tipologia dei reati pregressi e all'epoca della loro consumazione, sia sul piano della colpevolezza che su quello della pericolosità sociale" (cfr. in tal senso, Sez. U, Sentenza n. 20798 del 24/02/2011 Ud Rv. 249664 - 01 e in senso conforme Sez. 4, n. 15232 del 22/02/2008, dep. 11/04/2008, Fahir, Rv. 240209; Sez. 6, n. 18302 del 27/02/2007, dep. 11/05/2007, Ben Hadhria, Rv. 236426; e, con riferimento al previgente testo dell'art. 99, così come sostituito dall'art. 9 D.L. 11 aprile 1974, n. 99, conv. in legge 7 giugno 1974, n. 220, Sez. 1, n. 24023 del 06/05/2003, dep. 30/5/2003, Andreucci,Rv. 225233; Sez. 3, n. 6224 del 20/05/1993, dep. 25/06/1993, Minghetto, Rv. 195127).

Ancora la Corte Costituzionale, con sentenza del 23 luglio 2015 n. 185, dichiarando l'illegittimità costituzionale del comma 5 dell'art. 99 c.p. limitatamente alle parole "è obbligatorio e" espungendo dal codice penale le residuali ipotesi di recidiva obbligatoria previste dal legislatore ha statuito che "il rigido automatismo sanzionatolo cui dà luogo la norma censurata - collegando l'automatico e obbligatorio aumento di pena esclusivamente al dato formale del titolo di reato commesso - è del tutto privo di ragionevolezza, perché inadeguato a neutralizzare gli elementi eventualmente desumibili dalla natura e dal tempo di commissione dei precedenti reati e dagli altri parametri che dovrebbero formare oggetto della valutazione del giudice, prima di riconoscere che i precedenti penali sono indicativi di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo".

Ciò premesso, nel caso in esame occorre considerare che a carico dell'imputata sussiste un unico lieve precedente risalente nel tempo (2005) per cui i delitti oggetto del presente procedimento non possono essere considerati espressione di una sua più marcata pericolosità e, dunque, indice di una sua maggiore colpevolezza.

Il trattamento sanzionatorio.

Valutati, dunque, gli elementi del caso e rapportati ai criteri di cui all'art. 133 c.p., equa appare la pena di anni due di reclusione (pena base anni tre di reclusione, ridotta in applicazione delle circostanze attenuanti generiche).

Il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche si giustifica alla luce del contegno processuale idoneo a consentire una rapida conclusione del processo.

All'affermazione della penale responsabilità consegue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

Riserva il deposito della motivazione entro il termine di giorni novanta.

P.Q.M.
Visti gli articoli, 533 e 535 c.p.p., dichiara Ca.Vi. colpevole del reato a lei ascritto al capo A) di imputazione, assorbito il reato di cui al capo B) di imputazione, esclusa la contestata recidiva, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e per l'effetto la condanna alla pena di anni due di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Applica alla predetta le pene accessorie di all'art. 216, ultimo comma L.Fall.;

Visto l'art. 163 c.p. dichiara la pena sospesa per il termine di anni cinque.

Visto l'articolo 544, comma 3, c.p.p., fissa in 90 giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Taranto il 17 giugno 2024.

Depositata in Cancelleria il 10 settembre 2024.

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