Tribunale Nola, 09/09/2024, n.1273
Il possesso consapevole di un documento contraffatto valido per l’espatrio integra il reato previsto dagli artt. 477 e 482 c.p., se accompagnato dalla prova della coscienza della sua inautenticità. La consapevolezza può desumersi dalle circostanze di fatto, come l’identità di un soggetto inesistente o estraneo e l’assenza di giustificazioni plausibili per la disponibilità del documento. Per il reato di falsificazione materiale, è necessaria la prova diretta o indiretta della partecipazione attiva, anche morale, nella fase ideativa o esecutiva della contraffazione. La semplice detenzione, in assenza di utilizzo, non costituisce concorso nel reato.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto emesso dal g.u.p. sede il 23 settembre 2021 Fr.Or. venne rinviato a giudizio davanti a questo Tribunale per rispondere dei reati a lui ascritti nell'imputazione riportata in epigrafe.
All'udienza del 13 dicembre 2021, aperto il dibattimento ed ammesse le prove indicate dalle parti, il giudice, preso atto dell'assenza dei testi d'accusa, non citati dal p.m., rinviò, per l'esame degli stessi, al 9 maggio 2022, data in cui il processo venne nuovamente rinviato per l'assenza del giudice assegnatario, individuato in base al decreto del Presidente del Tribunale n. 54/2022.
Alla successiva udienza del 29 giugno 2022, dato atto del mutamento della persona fisica del magistrato assegnatario del procedimento, il giudice reiterò la dichiarazione di apertura del dibattimento e le parti si riportarono alle richieste istruttorie già formulate, accolte le quali la trattazione del processo venne ancora una volta differita per l'assenza dei testi d'accusa.
Dopo altri due rinvii disposti, alle successive udienze del 15 dicembre 2022 e del 2 marzo 2023, nel primo caso per la mancata comparizione dei testi del p.m., nel secondo per l'assenza del giudice titolare del procedimento, all'udienza del 25 maggio 2023 il giudice, letto il decreto presidenziale n. 31/2023 con il quale era stata disposta la sua assegnazione all'Ufficio Gip/Gup a decorrere dal 22 luglio 2023, e tenuto conto della necessità di definire entro quella data i procedimenti già pendenti in fase istruttoria sul proprio ruolo, nonché quelli ultratriennali o connotati, comunque, dal carattere dell'urgenza, rimise le parti davanti allo scrivente per l'udienza del 27 novembre 2023. In occasione di tale udienza, dato atto del mutamento della persona fisica del magistrato titolare del procedimento, aperto il dibattimento ed ammesse le prove indicate dalle parti, venne escusso il teste d'accusa Antonio Caruso, sovrintendente della Polizia di Stato in servizio, all'epoca dei fatti, presso il Commissariato di Ponticelli; concluso l'esame, il p.m. produsse il verbale di sequestro del 7 dicembre 2020 ed i relativi allegati e dichiarò di rinunciare all'esame del residuo teste di lista, chiedendo che venisse chiamato a deporre, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., l'ispettore Vi.Po.; nulla osservando la difesa, il giudice, ritenuto assolutamente necessario ai fini del decidere l'esame del teste anzidetto, accolse la richiesta di integrazione probatoria avanzata dal p.m., rinviando, per l'eventuale esame dell'imputato e per l'esame dell'ispettore Po., al 19 febbraio 2024, data in cui il processo venne nuovamente rinviato per la mancata comparizione del teste, della cui citazione il p.m. non aveva prova.
All'udienza del 20 maggio 2024 venne escusso l'ispettore Porcini, sentito il quale il processo venne rinviato, per la sola discussione, al 10 giugno 2024.
Nel corso dell'udienza odierna, infine, questo giudice ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale, invitando le parti a formulare ed illustrare le proprie conclusioni, ascoltate le quali, dopo essersi ritirato in camera di consiglio per deliberare, ha reso pubblica la sentenza dando lettura del dispositivo allegato al verbale.
Prima di esporre (e per meglio comprendere) le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione, è senz'altro opportuno dar conto degli esiti dell'istruttoria dibattimentale, ripercorrendola nei suoi tratti salienti.
Il sovrintendente della Polizia di Stato An.Ca., in servizio, all'epoca dei fatti, presso il Commissariato di Ponticelli, ha riferito che il 7 dicembre 2020, avendo appreso, nell'ambito di un'attività info-investigativa, che Fr.Or. aveva imbastito "una piazza di cocaina volante" per le strade di Sant'Anastasia, muovendosi per le vie di quel centro a bordo della sua auto, un'Audi A4, per cedere le dosi di stupefacente ai suoi clienti, si recò, insieme ad alcuni colleghi, presso l'abitazione dell'imputato, in via Antonio Gramsci, per eseguire una perquisizione domiciliare.
Nel corso delle operazioni svolte in presenza dell'Or. e della sua anziana madre, con lui convivente, gli operanti rinvennero, nella camera da letto dell'imputato, all'interno di un borsello, un certo quantitativo di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e hashish (fatti per i quali si è proceduto separatamente nei confronti dell'imputato). Estesa, quindi, la perquisizione al garage pertinenziale all'abitazione, le cui chiavi di accesso erano state fornite loro dallo stesso Or., i poliziotti rinvennero al suo interno un fucile calibro 12, marca Benelli, una carta di identità elettronica, la n. (...), intestata a tale Davide Brambilla, apparentemente rilasciata l'8 marzo 2018 dal comune di Sora, ed una tessera sanitaria, anch'essa intestata al Br.
Avendo motivo di ritenere che si trattasse di documenti contraffatti, gli operanti sottoposero a sequestro sia la carta di identità che la tessera sanitaria.
Dalle verifiche successivamente eseguite dal Commissariato di P.S. di Sora, e segnatamente dal sostituto commissario Vi.Po., sarebbe risultata la falsità del documento di identità, che non era stato mai rilasciato dall'Ufficio Anagrafe di quel comune, che non annoverava tra i propri residenti nessun Da.Br.
Il teste ha riferito, inoltre, sul punto, che l'uomo ritratto nella falsa carta di identità intestata al fantomatico Davide Brambilla era tale An.Ch., soggetto a lui ben noto per ragioni di ufficio, m quanto "dedito alle truffe tramite Postepay", secondo quanto emerso in alcune attività di indagine, precisando, infine, di non aver eseguito alcun accertamento volto a verificare l'autenticità della tessera sanitaria, anch'essa intestata, peraltro, al Br., ad un soggetto, cioè, inesistente (o non residente, se non altro, nel comune di Sora) e, quindi, sicuramente contraffatta.
Vi.Po., già sostituto commissario della Polizia di Stato, all'epoca dei fatti responsabile della squadra investigativa del Commissariato di Ponticelli, escusso, ex art. 507 c.p.p., all'udienza del 20 maggio 2024, ha riferito, innanzitutto, di aver preso parte alla perquisizione eseguita il 7 dicembre 2020 presso l'abitazione dell'imputato, confermando che quest'ultimo era in possesso delle chiavi di apertura della porta d'ingresso del garage al cui interno erano state rinvenute, sotto un posacenere, la carta di identità e la tessera sanitaria intestate al Br.
Il teste ha precisato, più in particolare, sul punto, che era stato proprio l'O., nel momento in cui gli era stato chiesto, nel corso delle operazioni, se vi fossero delle pertinenze dell'abitazione alle quali aveva accesso, a condurli nel garage, che aveva aperto lui stesso, "tranquillamente", con le proprie chiavi.
Il Po. ha confermato, inoltre, di aver accertato, successivamente, attraverso il Commissariato di P.S. di Sora, al quale erano state delegate le indagini, sul punto, che la carta di identità n. (...), intestata a Da.Br., nato a (...) e residente a Sora, in via (...), non era mai stata rilasciata da quel comune, che non annoverava tra i propri residenti il Br., dimorante, invece, a Monza.
Quanto, invece, alla tessera sanitaria, il teste ha dichiarato di non aver svolto alcuna verifica per accertare la falsità della stessa, chiaramente desumibile dal fatto che i dati identificativi dell'apparente titolare, Da.Br., appunto, erano gli stessi riportati sulla carta di identità contraffatta intestata a quest'ultimo.
Rispondendo alle richieste di precisazioni rivoltegli, sul punto, dal difensore dell'imputato, il Porcini ha precisato, infine, di non aver accertato chi fosse il proprietario del garage, limitandosi a constatare che l'Or. era in possesso delle chiavi di apertura del locale, nel quale li aveva condotti lui stesso.
Sulla scorta delle esposte, univoche emergenze probatorie, l'imputato va riconosciuto senz'altro colpevole del reato a lui ascritto al capo 1) della rubrica, potendo dirsi accertato in modo difficilmente confutabile che lo stesso sia entrato in possesso, in circostanze di tempo e di luogo imprecisate, di un falso documento di identità valido per l'espatrio, la carta di identità elettronica n. (...) intestata a Da.Br., apparentemente rilasciata il 18 marzo 2018 dal comune di Sora, rinvenuta nel garage della sua abitazione il 7 dicembre 2020.
La consapevolezza, da parte dell'imputato, dell'inautenticità della carta di identità si evince, invero, dalla circostanza che la stessa recava le generalità di un soggetto residente in tutt'altra zona del territorio nazionale, a centinaia di chilometri di distanza da Sant'Anastasia, con il quale l'Or. non risulta aver intrattenuto alcun rapporto che potesse giustificare la disponibilità del documento (nessuna indicazione, in tal senso, è stata fornita dall'imputato, disinteressatosi completamente del processo a suo carico), e la foto di un altro individuo, tale An.Ch., implicato in diverse indagini per truffe consumate "tramite Postepay", secondo quanto riferito in dibattimento dal sovrintendente Ca.
Possono riconoscersi all'imputato, tenuto conto della non particolare gravità dei fatti e del comportamento collaborativo tenuto dallo stesso, nel corso della perquisizione, con le forze dell'ordine, le circostanze attenuanti generiche.
Tanto premesso, considerati i criteri di commisurazione del trattamento sanzionatorio enunciati nell'art. 133 c.p., si ritiene equo condannare l'Or. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, così determinata: pena base, tenuto conto del precedente specifico risultante a carico dell'imputato dal certificato del casellario giudiziale in atti, un anno e tre mesi di reclusione, ridotta alla misura finale sopra indicata in virtù del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
All'affermazione della penale responsabilità dell'imputato segue la condanna dello stesso, secondo legge, al pagamento delle spese processuali.
Non possono riconoscersi all'imputato, già gravato da una condanna irrevocabile alla pena di due anni, sei mesi di reclusione e 1.000 euro di multa (inflittagli dalla Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 12 ottobre 2021, passata in giudicato il 28 ottobre 2021, per i reati di ricettazione, detenzione di armi clandestine e detenzione illegale di stupefacenti, accertati a suo carico nel corso della medesima perquisizione dalla quale ha tratto origine il presente procedimento), gli invocati benefici di legge.
L'Or. va, viceversa assolto dal reato a lui ascritto al capo 2) del decreto di rinvio a giudizio, ex art. 530, co. 2, c.p.p., apparendo, se non del tutto mancante, quanto meno incerta e contraddittoria la prova che lo stesso abbia materialmente realizzato la falsa tessera sanitaria intestata a Da.Br. o concorso in qualunque modo, nella fase ideativa, preparatoria o esecutiva, alla consumazione del reato.
Non può escludersi, invero, sulla base degli elementi di prova in atti, che l'imputato - al quale non è stato contestato (né ve ne sarebbe stato motivo) di aver fatto uso della tessera sanitaria - si sia limitato, per così dire, ad entrare in possesso della stessa, custodendola nel garage della propria abitazione, senza aver preso parte, direttamente o quale istigatore dell'esecutore materiale della condotta, alla contraffazione. Va disposta, infine, ex art. 240 c.p., la confisca e la distruzione della carta d'identità e della tessera sanitaria in giudiziale sequestro.
Tenuto conto della (relativa) complessità delle questioni di fatto e di diritto sottese alla stesura della presente sentenza e del carico di lavoro che grava sul ruolo di questo giudice, si ritiene opportuno fissare in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,
dichiara Fr.Or. colpevole del reato a lui ascritto al capo 1) del decreto che dispone il giudizio e, riconosciute allo stesso le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena un anno e sei mesi di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art. 530, co. 2, c.p.p., assolve l'imputato dal reato a lui ascritto al capo 2) del decreto che dispone il giudizio per non aver commesso il fatto.
Ordina la confisca e la distruzione della carta d'identità e della tessera sanitaria in giudiziale sequestro.
Letto l'art. 544, co. 3, c.p.p., fissa in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola il 10 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2024.