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Reato di intralcio alla giustizia: qualificazione del teste e requisiti probatori per la condanna.

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Tribunale Ascoli Piceno, 04/07/2023, n.368

Per la configurabilità del reato di intralcio alla giustizia, è necessario che la condotta illecita sia diretta nei confronti di chi abbia già assunto la qualifica di testimone. Tale qualità permane fino al definitivo esaurimento del processo, e non si esaurisce al termine della deposizione, essendo possibile che il teste sia nuovamente escusso nella stessa o in successive fasi processuali. Tuttavia, in mancanza di riscontri ulteriori e certi, le dichiarazioni confuse e prive di elementi chiari non possono costituire unico fondamento di una condanna per intralcio alla giustizia (Cass. Pen. n. 45002/2018).

Reato di intralcio alla giustizia: qualificazione del teste e requisiti probatori per la condanna.

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto della Procura della Repubblica, Ha.E. veniva citato a comparire davanti al Tribunale di Ascoli Piceno per rispondere del reato di cui in epigrafe. Il processo non si svolgeva alla presenza dell'imputato; si procedeva, quindi, all'ammissione delle prove richieste ed all'esame dei testi. Esaurita l'assunzione delle prove, il P.M e il Difensore dell'imputato formulavano ed illustravano le rispettive conclusioni in epigrafe trascritte.

Motivi della decisione
Gli elementi acquisiti nel corso del dibattimento non offrono la dimostrazione piena, esauriente ed inequivocabile della responsabilità penale dell'imputato con riferimento alla condotta di intralcio alla giustizia allo stesso contestato. Tale convinzione nasce dall'analisi delle dichiarazioni assunte nel corso del dibattimento e dalla valutazione della documentazione in atti.

Il teste (…) riferisce di conoscere l'imputato poiché, essendo lo stesso il marito una sua collega, lo vedeva a volte presso il luogo di lavoro. Ricorda un episodio verificatosi nell'agosto nel 2018, nel corso del quale Ha. gli chiedeva se avesse una relazione sentimentale con la moglie, precisa: "Sì, esatto. E mi ha minacciato". Il teste specifica, pur ricordando in miniera confusa, che ebbe modo di testimoniare in merito a circostanze che descrive: "Eh, il fatto che lei veniva sempre coperta, era sempre triste, a volte aveva dei lividi addosso, questo". Il teste riconosce copia della dichiarazione resa nel processo di separazione tra l'imputato e la moglie nel corso dell'udienza tenutasi il cinque ottobre del 2018, riconosce come propria la sottoscrizione ivi apposta (doc. in atti). Ritornando all'episodio delle minacce ricorda: "No, ha fatto riferimento a queste cose e mi ha minacciato, a me e mia figlia ha minacciato. "Prima o poi ve la do una coltellata". Ed io l'ho anche denunciato per questo. Perché lei mi chiedeva di ritirare la mia denuncia. La mia deposizione, mi scusi. Aggiunge: "prima di lui mandava altre persone a chiamarmi, di dire che mi aspettava in un determinato posto, che mi doveva parlare. Sì, prima che lui si presentasse sul posto di lavoro, sì". A domanda il teste precisa che Ha. si recò presso il luogo di lavoro in una sola occasione. Gi., sebbene gli venga esibita copia delle dichiarazioni rilasciate ai Carabinieri di Monteprandone nel novembre del 2016 (doc. in atti), nega di essersi recato presso la Caserma, sostiene: "Però io non ho potuto, non sono andato dai Carabinieri, ai Carabinieri non ho raccontato mai niente. Io ho parlato con l'Avvocato ed ho raccontato quello che avevo visto e quello che era. E l'unica cosa che sono andato a fare dai Carabinieri è la denuncia quando lui venne da me a minacciarmi. E basta". La teste (…) riferisce di conoscere Gi.: "Certo che lo conosco, abbiamo lavorato insieme nel ristorante pizzeria (…), io svolgevo la mansione di cuoca e lui era pizzaiolo lì. Il periodo comunque, va beh lui è venuto più tardi, dal 2015 ha lavorato fino al 2018". Precisa che nell'agosto del 2018, a causa di problemi di salute, non lavorava presso la pizzeria ricorda però di esservisi recata ugualmente, dichiara: "Sì, sì sono andata perché siccome qualche volta è subentrata un 'altra signora che era la parente della titolare, perché sperava che io mi riprendevo, quindi magari per alcune indicazioni che magari potevo dargli per quello che sia il lavoro, quindi ci andavo però non svolgevo l'attività". Il merito all'episodio oggetto di contestazione riferisce: "Guardi da quello che le posso dire, il signore è il marito di (…). (…) lì svolgeva come lava piatti un periodo, un periodo faceva i piatti. Quindi in quanto questo signore è suo marito lo conosco perché veniva ad aspettarla e l'ho conosciuta pure chi è, insomma hanno pure tre figli, quindi né durante il lavoro, né dopo alla mia conoscenza che lui sia venuto a minacciare Gi."

La teste sostiene che tra la persona offesa e la moglie dell'imputato c'era una relazione sentimentale.

Ritiene questo giudicante che nel corso del giudizio non si sia accertata la sussistenza della condotta ascritta ad Ha.

La norma contestata vuole tutelare il corretto andamento della macchina giudiziaria garantendo l'autenticità delle acquisizioni probatorie. Le dichiarazioni rese da Gi. appaiono, quantomeno, estremamente confuse; infatti il teste esclude con certezza, pur riconoscendo la propria sottoscrizione in calce, di aver resa delle dichiarazioni ai Carabinieri e, inoltre, sostiene che gli venne chiesto di ritrattare quanto dichiarato nel corso del giudizio di separazione. Testimonianza resa due mesi dopo rispetto ai fatti contestati. Non vi è dubbio che la richiesta di ritrattare quanto già dichiarato integri la fattispecie contestata, sul punto: Il delitto di intralcio alla giustizia, per la cui configurabilità è richiesta la priorità dell'assunzione della qualifica di testimone rispetto alla messa in atto della condotta illecita, ricorre anche nell'ipotesi in cui tale condotta sia posta in essere nei confronti di colui che abbia già reso la propria deposizione in quanto la qualità di teste cessa nel momento in cui il processo esaurisce definitivamente il suo corso e non nel momento in cui ha termine la deposizione, ben potendo il teste già sentito essere ulteriormente escusso nella stessa fase ovvero in quella successiva del procedimento (Cass. Pen. n. 45002/2018)". Nel caso in esame, però, la persona offesa non riconosce come proprie, seppur più volte invitato a valutare il documento esibitogli, le sommarie informazioni rese ai Carabinieri (doc. in atti); indica come unica testimonianza quella resa ad ottobre, quindi successiva alla presunta richiesta di ritrattare, accompagnata da minacce, avanzatagli dall'imputato. Le dichiarazioni, si ribadisce, sintetiche e confuse offerte dal teste non sono, in mancanza di ulteriore riscontro, idonee e non possono rappresentare la prova unica posta a fondamento della dichiarazione di colpevolezza del prevenuto. Alla luce degli elementi emersi in dibattimento si ritiene che non sia certa la sussistenza della condotta contestata; pertanto l'imputato deve essere assolta, ex art. 530 comma II c.p.p., perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.
Visto l'art. 530, comma II c.p.p.,

assolve l'imputato dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.

Visto l'art. 544 c.p.,

fissa il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione

Così deciso in Ascoli Piceno il 6 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2023.

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