Tribunale Napoli sez. I, 06/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 06/11/2018)
La mancata o inattendibile giustificazione del possesso di un bene proveniente da reato costituisce un elemento indiziario sufficiente a dimostrare il dolo del reato di ricettazione. Tale principio si basa sull'assunto che la reticenza o l'inverosimiglianza delle spiegazioni offerte dal soggetto in merito alla provenienza del bene rivelino una consapevolezza della natura illecita del possesso, configurando l'acquisto in mala fede (Cass. Sez. 2, n. 29198/2010). La sospensione della pena può essere concessa a soggetti incensurati se si ritiene che si asterranno da ulteriori reati.
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, P.A. veniva tratta a giudizio per rispondere dell'imputazione formulata dal PM e trascritta in epigrafe.
All'udienza del 29 ottobre 2018, dopo alcuni rinvii preliminari per regolarizzare la costituzione delle parti, dopo la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ex art. 525 c.p.p., nell'assenza dell'imputato, quindi, dichiarata chiusa l'istruttoria ed utilizzabili tutti gli atti presenti nel fascicolo del dibattimento, il P.M. e la Difesa concludevano come da verbale e questo Giudice pronunciava il dispositivo e la contestuale motivazione della sentenza mediante lettura in pubblica udienza.
L'istruttoria dibattimentale evidenzia la penale responsabilità di P.A. con riferimento al reato a lui contestato. L'odierna vicenda processuale deve essere ricostruita sulla base del verbale di sequestro redatto dagli agenti della Polizia di Stato in servizio presso l'Ufficio di prevenzione Generale della Questura di Napoli, del verbale di denuncia di furto presentata da T.V., negli accertamenti esperiti presso la casa costruttrice Honda, atti della cui attendibilità non possono nutrirsi dubbi considerato il tenore chiaro, preciso e logicamente coerente della stessa resa da un pubblico ufficiale con riferimento ad attività d'ufficio.
Orbene in base alle prove prima richiamate risulta che in data 18.5.2011 intorno alle 18:30 agenti della polizia di stato decidevano di fermare in Napoli a via G.G. un ciclomotore con a bordo il P.A.: il motociclo era sprovvisto di copertura assicurativa, risultava immatricolato nel 2004 con il telaio n. (omissis) e con l'organo propulsore (omissis), contrariamente alla carta di circolazione risultava che la presigli doveva essere JF07E.
I successivi accertamenti esperiti presso la casa costruttrice Honda consentivano di accertate che il motore in sequestro (omissis) risultava abbinato al telaio (omissis). Il motociclo così assemblato veniva inviato per la commercializzazione in data 29.7.2005 concessionaria Tamburino Motors e C s.a.s. con sede in Giugliano e risulta da ricerche a seguito di denuncia di furto presentata da T.V.
Il telaio in sequestro n. (omissis) risultava invece abbinato al motore (omissis), ultimo acquirente risultava proprio il P.A..
Quanto sino ad ora illustrato evidenzia la penale responsabilità di P.A., questi, infatti, aveva la disponibilità di un motore di ciclomotore provento di furto assemblato sul motorino di sua proprietà tal cui guida veniva sorpreso sulla pubblica via.
Le complessive modalità dei fatti evidenziano poi la sussistenza del dolo in capo al prevenuto ed invero l'imputato non ha fornito alcuna ragionevole e circostanziata spiegazione in ordine alle modalità con le quali aveva ricevuto il bene provento di furto ed all'identità del soggetto che gli aveva consegnato il motore.
In particolare, durante l'interrogatorio reso il P.A. ha dichiarato di avere avuto necessità di sostituire il motore per un'avaria e così si rivolse ad suo collega il quale - a sua volta si rivolse ad un meccanico non conosciuto dal P.A. - si occupò di tutto per la somma di euro cinquecento-seicento. Il P.A. non è stato in grado di riferire né il nome del suo collega né del meccanico e neppure è stata prodotta documentazione in grado di dimostrare l'acquisto del motore presso un rivenditore autorizzato od un privato (invero, che la mancata - o la inattendibile - giustificazione del possesso, di una cosa proveniente da delitto possa essere considerata prova della consapevolezza della sua provenienza delittuosa è pacificamente affermato dalla giurisprudenza - vedi Cass., sez. 2, n. 2436/97, Savie; Cass., sez. 2, 5.7.91, Quadrelli; Cass., sez. 2, 12.6.1990, Lucchesi; nonché, più di recente, Cass., sez. 2 n. 9861/2000, Di Fatta, secondo cui la prova dell'elemento soggettivo del reato può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale e sicuramente rilevatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. Ancora v. Cass., Sez. 2, 25/05/2010, n. 29198; Cass., Sez. 2 Sent. 11/06/2008, n. 25756, secondo cui la prova del dolo del reato di ricettazione è spesso indiziaria ed è in particolare desumibile dal fatto che l'imputato sia in possesso di una cosa proveniente da delitto e non fornisca alcuna giustificazione al riguardo del possesso medesimo, di talché deve ritenersi assolto l'onere della accusa di dimostrare la sussistenza del reato e legittimamente il giudice può trarre il suo convincimento sulla esistenza del dolo allorquando dall'imputato non viene fornita alcuna giustificazione del possesso della res o se tale giustificazione è inverosimile sulla base dei canoni di comune esperienza).
Risulta, poi, evidente il fine di trarre profitto perseguito dal P.A. considerata la tipologia del bene di provenienza delittuosa ricevuto e che il prevenuto è stato sorpreso mentre utilizzava il veicolo ricettato.
Al prevenuto non possono concedersi le attenuanti generiche considerata la gravità della condotta da lui posta in essere.
Quanto alla pena, tenuto conto dei criteri espressi dall'art. 133 c.p. il Tribunale stima congruo determinarla in anni due di reclusione ed euro quattrocento di multa, alla pronuncia segue la condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali.
Sussistono i presupposti per concedere a P.A., incensurato, la pena sospesa potendosi presumere che si asterrà dal commettere ulteriori reati.
Ai sensi dell'art. 240 c.p. vanno dissequestrati il motore (omissis) (da restituzione a T.V.) ed il ciclomotore Honda SH 125 tg (omissis) (privo del predetto motore) (da restituzione a P.A.).
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.
Dichiara P.A. colpevole del reato a lui ascritto e per l'effetto lo condanna alla pena di anni due di reclusione ed euro quattrocento di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Ordina il dissequestro del motore (omissis) e la restituzione a T.V..
Ordina il dissequestro del ciclomotore Honda SH 125 tg (omissis) (privo del predetto motore) e la restituzione a P.A..
Pena sospesa.
Napoli, 29.10.2018