Tribunale Napoli sez. VI, 16/11/2021, (ud. 09/09/2021, dep. 16/11/2021), n.7357
La configurabilità del delitto di riciclaggio richiede un’attività di “mascheramento” che consenta di occultare l’origine delittuosa del bene per reimmetterlo nel circuito economico, in modo tale da renderlo irriconoscibile rispetto al reato presupposto. In assenza di tale elemento, la condotta rientra nel paradigma della ricettazione. Per i reati di falso, l’intervenuta prescrizione estingue l’azione penale, mentre il delitto di truffa rimane improcedibile in mancanza di querela. L’appropriazione indebita esige una condotta di “interversio possessionis” che deve essere provata con elementi univoci.
Dr. Antonio PALUMBO Presidente est.
Dr. Angela PAOLELLI Giudice
Dr. Barbara MENDIA Giudice
Svolgimento del processo
Gli imputati in epigrafe sono stati tratti nelle forme ordinarie, innanzi al giudizio del Tribunale di Napoli - in composizione collegiale- per rispondere dei reati rispettivamente ascrittigli giusta decreto del G.U.P. datato 30 settembre 2019.
Dopo un rinvio per astensione dei difensori dalle udienze, all'udienza del 16 gennaio 2020,una volta esaurite le questioni preliminari,il dibattimento era aperto e le parti avanzavano le rispettive richieste di mezzi di prova che il Tribunale, valutatene la pertinenza e rilevanza ai fini della decisione, ammetteva nei sensi e nei limiti di cui all'ordinanza resa a verbale rinviando,per l'assenza dei testi, al 5 marzo 2020 e da lì, per l'astensione dei difensori dalle udienze, al 14 maggio successivo.
Seguiva un ulteriore rinvio connesso all'emergenza sanitaria per pervenire all'udienza del 27 maggio 2020 dove,per l'assenza dei testi,il dibattimento era rinviato al 18 giugno 2020.
Stante l'assenza dei testi anche in quella sede vi era un ulteriore rinvio al 23 luglio 2020 e da lì, sempre per la stessa ragione,al al 29 ottobre successivo, dove, essendo medio tempore mutata la composizione collegiale, era preliminarmente disposta la rinnovazione degli atti e dichiarata l'utilizzabilità di quelli già compiuti.
Per l'assenza dei testi il dibattimento era poi rinviato al 28 gennaio 2021 dove, finalmente era esaminato il teste (...) con rinvio, all'esito, per il prosieguo all'1 aprile successivo. In quella sede era esaminato il teste (...) mentre alla successiva udienza del 10 giugno 2021 era la volta della teste (...). Era altresì acquisita documentazione ed, all'esito, chiusa l'istruttoria, il dibattimento era rinviato all'odierna udienza per la sola discussione.
Oggi, una volta raccolte le conclusioni delle parti nei sensi di cui in premessaci Tribunale si ritirava in Camera di Consiglio decidendo, poi, come da dispositivo allegato.
Motivi della decisione
Rileva il Collegio che alla stregua degli esiti istruttori che hanno consentito di ricostruire la vicenda per cui è processo nei suoi esatti contorni e sviluppi, possa essere affermata la penale responsabilità del solo imputato (...) con riferimento alla sola condotta contestata sub A) della rubrica, riqualificata nell'ipotesi incriminatrice di cui all'art. 648 c.p. essendo il reato così come individuato perfezionato in tutti i suoi elementi ontologici e strutturali.
Quanto alle contestazioni sub B) e C) si impone invece,come si vedrà,la declaratoria di improcedibilità quantunque per diverse motivazioni mentre non è apparsa riscontrata la prospettazione accusatoria per ciò che attiene alla contestazione del delitto p. e p. dall'art. 646 c.p..
Invero è noto che il delitto di riciclaggio ex art. 648 bis c.p. si connota ontologicamente rispetto alla ricettazione - di cui costituisce indubbiamente una "specificazione" - fermi restando i profili costitutivi della stessa che sono identici per quel quid pluris rappresentato dall'attività di "mascheramento" con la quale l'agente tenta di nascondere l'origine delittuosa della res per reimmetterla nel normale circuito commerciale sicché è da ritenere che laddove tale "condotta" ulteriore non sia riscontrabile, ovvero non sia provato che a porla in essere sia stato l'agente stesso l'ipotesi attagliabile al caso concreto debba, appunto, essere quella ricettazione.
Orbene nella fattispecie è assolutamente certo che l'assegno descritto sub A) dell'editto accusatorio e negoziato da (...) fosse di provenienza furtiva.
Al riguardo è invero sufficiente richiamare il contenuto della documentazione versata,sull'accordo delle parti all'incarto dibattimentale ed utilizzabile, come tale, ai fini della decisione - nonché le dichiarazioni rese in dibattimento dalla teste (...) della cui attendibilità non vi è ragione di dubitare, trattandosi di un teste "qualificato" ed in grado,come tale, di comprendere le conseguenze di un eventuale mendacio e/o reticenza ma, soprattutto, perché non sono emersi dati neppure per ipotizzare un suo interesse a mentire.
La teste-funzionaria della (...), ha infatti dichiarato che il (...) aveva versato sul suo conto corrente personale acceso presso l'agenzia (...) di Via (...) in Napoli, alcuni assegni per un importo complessivo di Euro 3.302,800 prelevando, poi, dopo pochi giorni in contanti la somma di Euro 3100,00.
Uno di questi titoli di credito era risultato rubato come - cfr. il verbale delle dichiarazioni rese dalla (...) nella fase delle indagini acquisito all'incarto dibattimentale - denunziato dal traente del titolo di credito sig. (...) che aveva precisato che l'assegno era stato emesso in favore della ditta "(...)" con sede in Noci (BA).
Dalla documentazione acquisita - ed in particolare dalla richiesta avanzata da (...) alla (...), dai documenti bancari e dagli estratti conto, siffatta circostanza emerge in modo palmare sicché è provato - al di là di ogni ragionevole dubbio - che il (...) abbia negoziato un titolo di credito di provenienza furtiva.
Altrettanto certa è la "manipolazione" da parte sua del predetto assegno dal momento che esso risultava, all'atto del versamento presso la (...), come intestato a (...)
Francesco per cui nessun dubbio può sussistere circa l'alterazione da parte dell'imputato - che era l'unico ad avere un preciso interesse al riguardo - del titolo di credito più volte richiamato.
Si tratta ora di stabilire se tale condotta possa o no integrare gli estremi del delitto di riciclaggio e, benché in linea astratta non può negarsi che la manipolazione dell'assegno nei sensi indicati possa costituire un tentativo di mascherarne l'origine, la risposta al quesito deve essere negativa.
Invero è agevole obiettare che gli assegni, come tutti i titoli di credito,hanno un numero seriale che mira ad identificarli sicché se la manipolazione non inerisce a tale profilo l'assegno sarà sempre individuabile e sarà sempre possibile ricostruirne le vicende giuridiche.
Non è quindi sufficiente né l'alterazione dell'importo, né quella del nominativo del destinatario - come avvenuto invece nella vicenda che ci occupa - perché anche in quel caso il titolo di credito è SEMPRE individuabile e come tale NON può essere reimmesso nel normale circuito commerciale ed economico per cui non può parlarsi, nei sensi richiesti dall'ontologia e dalla ratio della previsione incriminatrice, di riciclaggio (cfr. in proposito, per tutte, Cass. Pen. Sez. VI del 22 marzo 2018 n.24941).
Di contro - a fronte della comprovata "illecita provenienza" del titolo di credito, dell'accertato possesso e negoziazione da parte del (...) e dell'assenza di qualsivoglia riscontro in ordine alla partecipazione da parte di quest'ultimo al delitto di furto - reato c.d. presupposto - la fattispecie concreta è certamente riconducibile e sussumibile nel paradigma della ricettazione di cui all'art. 648 c.p..
(...), che peraltro non ha addotto alcun dato, neppure ipotetico o indiretto, in grado di inficiare o anche solo contraddire la prospettazione accusatoria che, quindi, anche per questo verso deve ritenersi fondata va pertanto condannato in relazione al delitto così come qualificato. Applicati i parametri previsti dall'art. 133 c.p. risulta allora equa la pena di anni due e mesi uno di reclusione ed Euro seicento,00 di multa. Non si tiene conto, per la "vetustà" e risalenza nel tempo dei fatti contestati,della recidiva contestata né nei confronti del (...) né nei confronti del (...) come poi si vedrà.
Ex lege segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
Quanto invece al delitto di truffa, fattualmente collegato alla negoziazione dell'assegno di cui sopra, si impone per (...) che è il solo che ne risponde, invece la declaratoria di improcedibilità.
E' noto invero che il delitto ex art. 640 c.p. è - di regola - perseguibile a querela della persona che, nella fattispecie, stante il tenore letterale dell'editto accusatorio dovrebbe essere - correttamente - individuata proprio in (...) vale a dire il funzionario della banca che ha negoziato l'assegno e che,effettivamente,era il soggetto-in quanto danneggiato e persona offesa - legittimato a sporgere querela.
Orbene non vi è traccia in atti di tale querela, né la teste in sede di esame vi ha fatto cenno alcuni, sicché non essendosi perfezionata la condizione di procedibilità l'imputato va prosciolto dal delitto ascrittogli con la relativa formula.
Relativamente poi ai delitti di falso contestati - ad entrambi gli imputati-sub C) dell'editto accusatorio va, in primis, rimarcato che in punto di fatto non possono sussistere dubbi di sorta sulla loro configurabilità.
Invero come ha dichiarato il teste (...) - sovrintendente della Polizia di Stato che partecipò all'operazione di P.G. all'origine del presente procedimento-presso l'abitazione di (...) dove, nell'occasione, si trovava anche (...) vennero rinvenute fotocopie di documenti di identità, copie di conti correnti, buste paghe intestate a terze persone etc.
Dall'esame del verbale di perquisizione e sequestro-acquisito al fascicolo per il dibattimento sull'accordo delle parti ed utilizzabile è possibile desumere l'esistenza di detta documentazione sicché non vi è dubbio alcuno sulla configurabilità del profilo materiale dei delitti contestati.
In particolare risulta essere stata rinvenuta una busta paga intestata a (...) nonché una carta di identità recante i dati anagrafici di quest'ultimo ma l'indirizzo di (...) e la fotografia di (...).
Orbene il (...), esaminato in dibattimento all'udienza del 28 gennaio 2021, ha escluso di aver fornito la propria carta di identità a chicchessia, ovvero di aver mai avuto finanziamenti o aperto conti correnti ed il suo assunto è credibile dal momento che non vi sono dati, neppure di ordine logico, per porlo in dubbio ed è di conseguenza palese la responsabilità del (...) e del (...) - la cui effigie era riportata sul documento anagrafico predetto-per i delitti di falso-ex artt. 477-482 c.p. loro contestati nel cui paradigma va sussunta la condotta concreta riqualificando l'originaria imputazione.
Tuttavia in considerazione dei limiti sanzionatori edittali dei delitti per quali si procede e dell'epoca della loro consumazione risulta ad oggi essere decorso il termine massimo di prescrizione, computato con le sospensioni rilevanti ai nostri fini che ammontano a complessivi mesi quattro e giorni sei-per cui va dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati per l'estinzione dei delitti a seguito di prescrizione tenuto conto della circostanza-già sopra illustrata-che per i due imputati non si tiene conto della recidiva contestata.
Ex lege va ordinata,data la "natura" delle cose sequestratela confisca e la distruzione di tutto quanto in sequestro.
Ad analoghe conclusioni, previa scissione dell'imputazione originaria,deve pervenirsi anche con riferimento ai reati ex art. 494 e 640 c.p. contestati al capo D) della rubrica.
Appare, in primo luogo, difficilmente contestabile alla stregua dei rilievi e delle considerazioni illustrate in precedenza che il (...) ed il (...), utilizzando la falsa documentazione già esaminata, siano riusciti - cfr. al riguardo anche la documentazione versata in atti (cfr. i documenti di cui ai punti 7 ed 8 del fascicoletto prodotto dal P.M. all'udienza del 16 gennaio 2021-ad acquistare il veicolo (...) indicato nel capo di imputazione per cui è fuori discussione la loro responsabilità per i delitti indicati ma, anche in questo caso, risulta essere perento il termine massimo di prescrizione considerato il tempus commissi delicti che è il 18 febbraio 2011.
Gli imputati vanno invece mandati assolti con riferimento al delitto di appropriazione indebita sempre loro contestato sub D).
Invero è noto che la previsione incriminatrice di cui all'art. 646 c.p. si connota, ontologicamente, per la c.d. interversio possessionis vale a dire con l'atteggiamento dell'agente che,in praticaci comporta come da proprietario della cosa altrui in suo possesso per cui ai fini della configurabilità del delitto occorre provare appunto: A) il possesso della res; B) la condotta uti dominus dell'agente; C) la consapevolezza,integrante il dolo, da parte di quest'ultimo.
Orbene nella circostanza non può correttamente parlarsi di altruità della res perché in virtù del finanziamento erogato l'autovettura era stata acquistata sicché - tralasciando ovviamente, per le ragioni esposte la considerazione che l'intera documentazione risulta intestata a (...) - gli imputati ne erano gli effettivi proprietari non essendo il contratto sottoscritto con la finanziaria un contratto di leasing.
Difetta allora la prova univoca e tranquillante in ordine ad uno dei profili costitutivi del delitto in esame e gli imputati non possono che essere mandati assolti con la relativa formula.
Il notevole carico di lavoro dell'udienza e complessivo ha poi determinato il ricorso ad un più ampio termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto al capo a) della rubrica, ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 648 c.p. e, per l'effetto, lo condanna alla pena di anni due e mesi uno di reclusione ed euro seicento di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art. 529 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) in ordine al reato di cui al capo b) perché l'azione penale non poteva essere iniziata per mancanza di querela.
Letto l'art. 529 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di (...) e (...) in ordine ai reati di cui al capo c) - ritenuta l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 477 e 482 c.p. così qualificata l'originaria imputazione - ed al capo d)-ad eccezione del reato di cui all'art. 646 c.p. - perché i reati loro ascritti sono estinti per intervenuta prescrizione.
Confisca e distruzione di tutto quanto in sequestro.
Letto l'art. 530 c.p.p. assolve (...) e (...) dal reato di cui all'art. 646 c.p. perché il fatto non sussiste.
Ai sensi dell'art. 544 comma III c.p.p. indica il termine di giorni novanta per il deposito delle motivazioni.
Così deciso in Napoli il 9 settembre 2021.
Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2021.