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Sostituzione di persona: l'attribuzione di un falso nome e i requisiti per configurare il reato

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Tribunale Udine, 02/08/2024, n.916

Integra il delitto di sostituzione di persona ex art. 494 c.p. la condotta di colui che inganna inducendo in errore il soggetto passivo sull’attribuzione di un falso nome, stato o qualità personali cui la legge attribuisce specifici effetti giuridici. Tuttavia, qualora il falso nome non produca effetti giuridici rilevanti, la condotta è inquadrabile come truffa, essendo sufficiente la presenza di artifici e raggiri volti a conseguire un profitto illecito.

Sostituzione di persona e truffa aggravata: condotta fraudolenta e responsabilità penale (Giudice Federico Somma)

Truffa e sostituzione di persona: il disegno criminoso tra artifici, raggiri e lesione della pubblica fede (Giudice Giovanni Di Cataldo)

Condanna per violazione di domicilio e sostituzione di persona: reclusione per sette mesi

Assoluzione per tenuità del fatto in caso di sostituzione di persona per contratto di energia elettrica (Giudice Anna Tirone)

Sostituzione di persona e continuazione tra reati: condanne confermate con aumento di pena

Ricettazione e sostituzione di persona: reati in concorso e limiti probatori nella detenzione di stupefacenti (Collegio - Palumbo presidente)

Condanna per sostituzione di persona e diffamazione aggravata online: dieci mesi di reclusione

Condanna per sostituzione di persona con frode su finanziamento: reclusione e risarcimento (Giudice Arnaldo Merola)

Confermata in appello la condanna per sostituzione di persona e falsificazione di documenti

Condanna per possesso di documenti falsi e sostituzione di persona: pene cumulative per fatti legati da disegno criminoso unico

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto emesso dalla Procura della Repubblica di Udine, gli odierni imputati venivano citati a giudizio dinnanzi a questo Tribunale per rispondere dei reati a loro ascritti in rubrica.

All'udienza di data 3 febbraio 2023 veniva dichiarato aperto il dibattimento e le parti avanzavano le rispettive istanze di prova: il Pm chiedeva di essere ammesso a provare i fatti di causa mediante l'esame dei testi indicati in lista, esame dell'imputato e con produzione documentale, la difesa di parte civile e le difese degli imputati chiedevano, il controesame, l'esame degli imputati e si riservavano la produzione documentale.

Ammesse le prove richieste dalle parti con ordinanza resa ai sensi dell'art. 495 c.p.p., all'udienza del 26 maggio 2023 venivano sentiti i testi Tu.Ro. e Ba.Ro.; all'udienza del 20 ottobre 2023 venivano sentiti i testi Br.Fr., So.Io. e To.An.; ed infine all'udienza del 6 febbraio 2024 venivano sentiti i testi Sa.Gi., Go.Ni., Li.Ma. e Ci.Em.

All'udienza del 22 marzo 2024 il difensore di parte civile, munito di procura speciale, dichiarava di rimettere la querela sposta dal suo assistito, Tu.Ro., per i fatti di cui al capo A) di rubrica ed il difensore degli imputati Br.To. e Ka.Ca., munito di procura speciale, dichiarava di accettare la remissione di querela per conto dei suoi assistiti. Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili, ai fini della decisione, gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, le parti discutevano la causa concludendo come da verbale di udienza 7 giugno 2024 ed il Tribunale pronunciava sentenza come da dispositivo.

Motivi della decisione
Dovrà essere pronunciata sentenza di proscioglimento degli odierni imputati per il capo A) di rubrica per essere lo stesso estinto per remissione di querela, sentenza di assoluzione di Br.Cl. dal capo C) di rubrica per non aver commesso il fatto, assoluzione di Br.To. dai capi B) e D) perché il fatto non sussiste e sentenza di condanna degli imputati Br.To. e Ka.Ca. per il reato di cui al capo C) di rubrica.

Br.Fr., sentito in sede dibattimentale, ha riferito che nel settembre 2020 aveva messo in vendita, sul sito "(…)" l'autovettura di famiglia, marca Ferrari modello 456GT, al prezzo di euro 75.000,00; nell'immediato era stato contattato, tramite l'utenza telefonica (…), da taluno che, presentatosi come Pa.Er., aveva dichiarato di essere interessato all'acquisto.

I due si erano accordati per vedere l'auto che si trovava in un parcheggio pubblico a Mestre; il giorno dell'incontro, Er. si era presentato in compagnia di un uomo, che sembrava essere il padre.

Dichiaratosi interessato all'acquisto e accordata la vendita per la somma di euro 70.000,00, il sedicente Er. aveva riferito al teste di non essere in possesso dell'intera somma, o meglio di essere in grado di fare un bonifico per la metà della cifra concordata e di avere la metà residua, circa 35.000 euro, in banconote da euro 500,00, provento di un'attività di compro oro sita in (…), che non era stata dichiarata all'ingresso in Italia; Er. pertanto aveva chiesto a Br. la cortesia di potergli cambiare l'indicata somma in banconote di piccolo taglio per permettergli di depositare i soldi in banca e procedere con il bonifico per il pagamento dell'auto.

L'indicata proposta era stata accettata dal Br., che aveva, tuttavia, richiesto di poter procedere con più operazioni di cambio, iniziando con la cifra di euro 5.000,00 che aveva a disposizione in casa; i due si erano, pertanto, accordati per un'ulteriore incontro, avvenuto il 2.11.2020, per organizzare la prima operazione.

Nella giornata del 5 novembre 2020, Br. si era recato, in compagnia del collaboratore domestico So.Io., presso l'abitazione del sedicente Er. in Pradamano via (…) n. 28, per procedere con lo scambio del denaro, ove era stato accolto da Er. e dalla di lui moglie. Dopo i primi convenevoli, Br. aveva consegnato ad Er. la busta contenente il denaro e questi gli aveva riferito di dover andare in camera per contare i soldi con la macchinetta. Poco dopo, tuttavia, Er. aveva avvisato telefonicamente il teste, per il tramite della moglie, che si era dovuto allontanare da casa per movimenti a suo dire sospetti e lo aveva invitato a recarsi presso il suo ufficio poco distante dal luogo di abitazione, in via (…), per concludere l'affare.

Bramate, nonostante le numerose perplessità, si era comunque deciso a recarsi presso il nuovo indirizzo indicato, ma durante il tragitto, Er. gli aveva comunicato di essersi nuovamente spostato, sempre per il timore di movimenti sospetti, e lo aveva invitato a raggiungerlo a San Donà di Piave. Il teste, resosi conto di essere stato raggirato aveva fatto rientro a casa; nei giorni successivi aveva più volte cercato di contattare il sedicente Er. per farsi restituire il denaro, ricevendo in risposta delle iniziali pretestuose ed infondate rassicurazioni, per poi non riuscire più a mettersi in contatto con Er. Br. prendendo visione delle immagini degli album fotografici depositati dal pubblico ministero, ha riconosciuto Pa.Er. nell'effige n. 1, corrispondente a Br.Th., la di lui moglie nell'immagine n. 3, corrispondente a Ka.Ca. e nell'immagine n. 4, corrispondente a Br.Cl., l'uomo che sembrava essere stato il padre del Er. conosciuto al primo incontro.

So.Io., sentito in sede dibattimentale, ha riferito che nella giornata del 5 novembre 2020, aveva accompagnato Br.Fr. a Pradamano, su richiesta di quest'ultimo; giunti presso un'abitazione, Br. era sceso dall'auto e lo aveva invitato ad aspettarlo in macchina. Dopo alcuni minuti dall'entrata nell'abitazione di Br., il teste aveva visto un furgoncino di colore scuro e di seguito una Mercedes bianca, allontanarsi dall'abitazione. Il teste ha inoltre riferito che quando Br. era tornato in macchina, lo aveva sentito parlare più volte al telefono con tale "Er.", il quale lo invitava continuamente a raggiungerlo in luoghi sempre diversi tra cui anche San Donà di Piave e Mestre.

Go.Ni., sentito in sede dibattimentale, all'epoca dei fatti in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Como, ha riferito di essere stato contattato da Br.Fr. in qualità di suo amico d'infanzia, ritenendo di essere stato truffato.

Ricevuta la notizia di reato il teste si era attivato per verificare le utenze telefoniche - (…) e (…) - utilizzate dall'amico per contattare Pa.Er., ed in particolare era emerso che l'utenza che termina con 853 era associata alla pagina Facebook del "soccorso FVG", una ditta di recupero e vendita delle autovetture usate; all'interno della pagina Facebook Br. aveva peraltro riconosciuto, in un annuncio di vendita, il Fiat Doblò di colore blu utilizzato da Er. in uno dei loro incontri.

In riferimento all'abitazione di Pradamano via (…) n. 28, il teste ha riferito di aver appreso, dai colleghi della della Stazione Carabinieri di Pavia di Udine, che era la residenza di Br.Th. e Ka.Ca., mentre Br.Cl., padre di To., viveva poco lontano in via (…).

I tre soggetti avevano caratteristiche fisiche molto simili a quelle descritte dal Br., peraltro Br.To. era stato controllato nella giornata del 1.11.2020 alla guida di una Mercedes C220 station wagon di colore bianco del tutto compatibile con l'auto utilizzata dal sedicente Er. per recarsi ai primi incontri con il Br., oltre a ciò i tre soggetti erano noti per aver fatto varie truffe simili a quella in oggetto.

A fronte di tali considerazioni erano stati redatti tre album fotografici per il riconoscimento degli autori della truffa.

Li.Ma., in servizio presso il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Udine, sentito in sede dibattimentale, ha riferito di aver effettuato la perquisizione presso l'abitazione di Br.Cl. al fine di rinvenire le Sim relative alle utenze telefoniche - (…) e (…) - utilizzate per la truffa ai danni del Br., apprendendo tuttavia, che la Sim avente n. (…) era già stata posta sotto sequestro.

Sa.Gi., in servizio presso il Nucleo Investigativo Carabinieri di Udine, sentito in sede dibattimentale, ha riferito di aver analizzato i tabulati relativi alle utenze telefoniche - (…) e (…) - utilizzate per contattare le persone offese - Tu. e Br. - precisando che entrambe le sim erano state sequestrate - in tempi diversi - a Br.To. ed erano a lui in uso, anche se formalmente risultavano intestate a soggetti stranieri. Dall'analisi dei tabulati era stato possibile trovare un riscontro della ricostruzione dei fatti resa dal Br., sia in riferimento ai contatti telefonici che ai luoghi d'incontro, posto che le utenze dei due avevano agganciato le stesse celle.

Tu.Ro., sentito in sede dibattimentale, ha riferito che nell'agosto 2020 aveva messo in vendita, sul sito "(…)" il suo camper al prezzo di euro 75.000,00; nell'immediato era stato contattato, tramite l'utenza telefonica (…), da taluno che, presentatosi come Er., aveva dichiarato di essere interessato all'acquisto.

I due si erano accordati per vedere il camper che si trovava in nell'officina As. di Saonara.

Il sedicente Er., dichiaratosi interessato all'acquisto, aveva riferito di aver difficoltà ad effettuare il bonifico dell'intera somma, avendo a disposizione l'importo di euro 50.000,00 in contanti ed in banconote da euro 500,00 che non poteva depositare in banca per il timore di essere attenzionato; lo stesso pertanto, aveva chiesto a Tu. la disponibilità di cambiare l'indicata somma con banconote di piccolo taglio, così facendo avrebbe potuto procedere con il bonifico dell'intera somma concordata per la vendita, e Tu. vi aveva acconsentito.

I due, pertanto, si erano dati appuntamento presso l'abitazione di Er., sita in Pradamano - via Udine per il giorno 6.09.2020, all'incontro erano presenti anche le rispettive compagne; Bo.Ro., compagna di Tu., aveva riposta sul tavolo la busta contenete il denaro del comprano ed il sedicente Er., con abile manovra, aveva presa la busta ed era uscito di casa. Subito dopo Er. aveva contattato Tu., avvisandolo di essere dovuto uscire di casa a causa di un asserito litigio avuto con il padre e lo aveva invitato a raggiungerlo in via (…) per concludere l'affare, di lì a poco, tuttavia, lo aveva varie volte contattato dandogli sempre nuove indicazioni sui luoghi dove incontrarsi, fino a farlo arrivare a arrivare a Mestre.

Il teste, dopo aver descritto Er. e la di lui moglie, ha riconosciuto gli odierni imputati, Br.To. e Ka.Ca., quali autori della truffa perpetrata ai suoi danni.

L'indicata ricostruzione dei fatti è stata confermata in sede dibattimentale, anche dalla teste Bo.Ro., compagna di Tu.Ro..

Ricostruita nei termini che precedono la vicenda oggetto del presente procedimento si deve osservare quanto segue.

In riferimento al capo A) di rubrica, ritiene questo giudice che debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento in favore di entrambi gli imputati per estinzione del reato a loro ascritto in rubrica.

Invero risulta inequivoca la volontà della persona offesa, Tu.Ro., di rimettere la querela presentata nei confronti degli imputati per i fatti per cui si procede.

Questi hanno d'altra parte accettato, per il tramite del procuratore speciale, gli effetti della remissione della querela.

Come imposto dall'art. 129, comma 2, c.p.p., in presenza di una causa di estinzione del reato va verificata la possibilità di emettere una sentenza di assoluzione nel merito a favore degli imputati, soluzione che deve peraltro essere esclusa poiché non sussistono agli atti del fascicolo processuale prove evidenti dell'innocenza degli imputati.

Ne consegue che, ex art. 129 c.p.p., dovrà pronunciarsi sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati - Br.To. e Ka.Ca. - in ordine al reato a loro ascritto al capo A) di rubrica per essere il medesimo estinto per remissione di querela.

Entrambi gli imputati andranno infine, condannati al pagamento delle spese processuali come per legge, non avendo le parti disposto diversamente.

In riferimento ai capi B) e D) di rubrica, va rilevato che dall'istruttoria dibattimentale è chiaramente emerso in giudizio che l'imputato Br.To. si era presentato ad entrambe le persone offese, Tu.Ro. e Br.Fr., con il nominativo fasullo di Er., indicando, peraltro, al Br. anche il falso cognome di Pa.

Ciò posto va, tuttavia, rilevato che il nominativo falso utilizzato dall'imputato non può ritenersi idoneo a produrre alcun tipo di effetto giuridico, come richiesto dalla norma affinché si possa delineare la fattispecie di cui all'art. 494 c.p.

Come noto, infatti, "integra il delitto di sostituzione di persona la condotta ingannevole che induce il soggetto passivo in errore sull'attribuzione all'agente di un falso nome o di un falso stato o di false qualità personali cui la legge attribuisce specifici effetti giuridici, non essendo invece necessario il raggiungimento del vantaggio perseguito, che attiene al dolo specifico del reato" (Cass. Pen. Sez. 5, Sentenza n. 11087 del 15/12/2014 Ud. - dep. 16/03/2015); in applicazione di tale principio, si deve ritenere che, nel caso di specie, l'essersi attribuito un falso nome da parte dell'imputato Br., debba essere considerata una condotta pertinente al reato di truffa di cui ai capi A) e C) e non la condotta tipica del reato di cui all'art. 494 c.p..

L'imputato Br.To. dovrà pertanto, essere mandato assolto dai reati B) e D) di rubrica perché il fatto non sussiste.

In riferimento al capo C) di rubrica va preliminarmente osservato che non vi sono dubbi sull'identificazione degli odierni imputati, Br.To. e Ka.Ca. quali autori in concorso, del reato di cui al capo C), rilevato che gli stessi sono stati descritti e riconosciuti con certezza dalla persona offesa, Br.Fr., sia in sede d'indagine che in sede dibattimentale. Come noto, infatti, secondo costante giurisprudenza di legittimità a cui questo giudice si richiama. "L'individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari, confermata dal testimone che nel corso dell'esame dibattimentale abbia dichiarato di avere compiuto la ricognizione informale e reiterato il riconoscimento positivo, seppure in assenza delle cautele e delle garanzie delle ricognizioni, costituisce, in base al principio di non tassatività dei mezzi di prova, un accertamento di fatto liberamente apprezzabile dal giudice, la cui affidabilità dipende dall'attendibilità del teste e della deposizione da questi resa" (Cass. Pen. Sez. 4, Sentenza n. 47262 del 13/09/2017 Ud. - dep. 13/10/2017).

Va sul punto, infatti, osservato che la ricostruzione dei fatti resa da Br. è risultata essere pienamente compatibile con l'intera attività d'indagine, circostanza che rende il teste assolutamente attendibile anche in riferimento al riconoscimento.

Ciò posto, dall'istruttoria dibattimentale è chiaramente emerso in giudizio che l'odierno imputato, Br.To., dimostrandosi interessato all'acquisto dell'autovettura Ferrari 456GT, messa in vendita da Br., e fingendo di volerla acquistare al solo fine di conquistare la fiducia dello stesso, aveva indotto il venditore ad accettare la richiesta di cambiare la somma di euro 35.000,00, in banconote di piccolo taglio, sostenendo di non essere in grado di versare in banca il denaro, avendo solo banconote da euro 500,00. Al momento del primo scambio del denaro - dell'importo di euro 5.000,00 - avvenuto presso l'abitazione degli imputati in Pradamano via (…) n. 28, Br. aveva ritirato la busta consegnata dalla persona offesa e con la scusa di dover andare in camera a contare il denaro, si era allontanato, lasciando Br. ad attenderlo inutilmente, per poi non farsi più rintracciare; nel frattempo l'imputata Ka.Ca., era rimasta nell'abitazione con l'intento di rassicurare la persona offesa sulle buone intenzioni del compagno. Condotta questa che ben può rappresentare quei raggiri ed artifici richiesti dalla norma di cui all'art. 640 c.p., ciò anche in considerazione del fatto che nel reato di truffa è irrilevante l'eventuale negligenza o superficialità del soggetto passivo nell'accertare circostanze che, se conosciute impiegando la dovuta diligenza, avrebbero svelato l'artificio o il raggiro. (Cass. Pen. Sez. 2, sent. n. 42941 del 25.09.2014 - dep. 14.10.2014).

Quanto all'elemento soggettivo, evidente la volontà di entrambi gli imputati - Br.To. e Ka.Ca. - di raggirare la persona offesa al solo fine di indurla a consegnargli il denaro, senza avere alcuna intenzione di effettuare il cambio delle banconote.

Come noto, nel reato di truffa "l'elemento che imprime al fatto dell'inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti - determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo - rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria (Sez. 2, n. 5801 del 08/11/2013, Rv. 258203; sez. 6, n. 10136 del 17/02/2015).

Va sul punto precisato che, sebbene la condotta di Ka.Ca. possa ritenersi marginale, di fatto, ha comunque contribuito al buon esito della truffa, rilevato che il ruolo della stessa era stato quello di rassicurare Br. della buona fede del marito, sia durante le trattative, dove l'imputata si era presentata anche con la figlia, facendo apparire Br.To. come un buon padre di famiglia (come riferito dal Br.), che al momento dello scambio del denaro; la sua presenza, deve, pertanto, ritenersi pienamente consapevole e strategica per il buon esito della truffa in oggetto.

Deve pertanto ritenersi configurata la condotta oggettiva e soggettiva tipica del delitto di cui all'art. 640 c.p. così come contestata in atti, dovendosi ritenere correttamente contestata anche l'aggravante di cui all'art. 61 n. 7 c.p. rilevato che la stessa persona offesa aveva riferito di aver messo in vendita l'auto per le momentanee difficoltà economiche che la famigli stava vivendo e tenuto conto del fatto che la somma di euro 5.000,00 era la prima di una serie di operazioni di cambio che dovevano essere effettuate, come accordato tra le parti.

Da ultimo, tenuto conto della condotta tenuta dagli imputati, con particolare riferimento all'intensità del dolo dimostrata, tale da spingere con insistenza affinché l'operazione di cambio dell'intera somma pattuita, circa 35.000,00 euro, potesse avvenire in un'unica soluzione, e tenuto conto della somma importante di denaro sottratta, non è possibile riconoscere la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p.

Quanto al trattamento sanzionatorio, valutati i criteri di cui all'art. 133 c.p., concesse le attenuanti generiche, anche in considerazione della volontà dimostrata a risarcire il danno anche nei confronti della p.o. Br.Fr., da porsi in regime di equivalenza con le contestate aggravanti, è da ritenersi pena congrua quella di mesi 10 di reclusione ed euro 400,00 di multa, per ciascuno degli imputati (Br.To. e Ka.Ca.), pena determinata in considerazione dell'intensità del dolo dimostrata.

Alla condanna consegue il pagamento delle spese processuali in capo ad entrambi gli imputati.

Non sussistono i presupposti per concedere la sospensione condizionale della pena, tenuto conto dei precedenti in capo ad entrambi gli imputati e rilevato che gli stessi hanno già potuto usufruire del beneficio in precedenza.

A seguito della riforma n. 150/2022 entrata in vigore dal 30.12.2022, entrambi gli imputati avrebbe potuto accedere, ai sensi dell'art. 545 bis c.p.p., ad una delle pene sostitutive di cui agli artt. 53 e ss L. 689/1981, tuttavia, gli stessi non hanno dichiarato, né personalmente né a mezzo di procuratore speciale, di acconsentire alla sostituzione della pena, rendendo con ciò inammissibile la sostituzione.

Peraltro, dalla lettura dei casellari di entrambi gli imputati e tenuto conto della reiterazione della condotta e dell'entità della pena, non appare idonea né concedibile la pena sostitutiva della corrispondente pena pecuniaria, come espressamente richiesto da Br.To. per il tramite del procuratore speciale.

In riferimento alla posizione di Br.Cl. per il capo C) di rubrica, va diversamente rilevato che questi era stato presente unicamente al primo incontro tra il sedicente Er. e Br. e che durante tale incontro nulla aveva fatto per contribuire all'azione criminosa.

Dall'istruttoria dibattimentale, peraltro, non sono emersi elementi utili per poter ritenere Br.Cl. un partecipe consapevole e volontario della truffa in oggetto.

Br.Cl. dovrà pertanto, essere mandato assolto dal reato di cui al capo C) di rubrica per non aver commesso il fatto.

Appare congrua l'assegnazione del termine di 90 giorni per il deposito della motivazione ex art.544, comma 3 c.p.p., avuto riguardo alle questioni trattate.

P.Q.M.
il Tribunale di Udine in composizione monocratica

Visto l'art. 129 c.p.p.

DICHIARA

Di non doversi procedere nei confronti di Br.To. e Ka.Ka. in ordine al reato a loro ascritto al capo A) di rubrica per essere lo stesso estinto per remissione di querela.

Condanna gli indicati imputati al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 530 c.p.p.

Assolve

Br.Cl. dal reato a lui ascritto al capo C) di rubrica per non aver commesso il fatto.

Visto l'art. 530 c.p.p.

assolve

Br.To. dai reati a lui ascritti ai capi B) e D) di rubrica perché il fatto non sussiste.

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.

dichiara

Br.To. e Ka.Ca. colpevole del reato a loro ascritto al capo C) di rubrica e concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, li

condanna

alla pena di mesi 10 di reclusione ed Euro 400,00 di multa per ciascuno degli imputati, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto gli artt. 545 bis c.p.p. e 53 e ss L. 689/1981

Rigetta

L'applicazione della pesa sostitutiva della pena pecuniaria corrispondente richiesta da Br.To.

Motivazione in giorni 90

Così deciso in Udine il 7 giugno 2024.

Depositata in Cancelleria il 2 agosto 2024.

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